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Il professor Petrosino in dialogo con la città sull’era digitale

La tematica al terzo incontro nel centenario dell’Oratorio S. Luigi

di Matteo Fratti

Si evidenzia, dal folto pubblico presente nella sala teatro dell’Oratorio S. Luigi di venerdì 11 aprile, l’esigenza di un confronto sulla tematica programmata al terzo degli incontri “In dialogo con la città”, che a cent’anni dalla nascita dell’oratorio, ritrova nel contesto adibito all’evento un cospicuo numero di presenze, delle nostre comunità parrocchiali e non solo.
Ed è sul potenziale positivo e il rischio dei telefoni cellulari, ad esempio, che il parroco don Enzo Raimondi, anche moderatore dell’incontro, riconduce uno dei punti cruciali della serata, al cui invito risponde il prof. Silvano Petrosino, docente di Comunicazione e antropologia religiosa e media all’Università Cattolica di Milano, nell’ottica di guidare la riflessione ad una maggior consapevolezza dell’epoca che stiamo vivendo: per “educare i più giovani a rimanere connessi anche con la vita”, si dice, ma è evidente quanto la situazione vada compresa anche dagli adulti, per prendere coscienza del cambiamento in atto. È col piglio arguto e a tratti anche un po’ provocatorio allora, che l’ospite in questione coglie la palla al balzo, e ringraziando per l’occasione, veicola un’accurata disamina sul tema a partire da alcuni dati di fatto, quasi scontati: che “viviamo in un mondo globalizzato” e che “tutti parlano di tutto”, anche coloro che non hanno un vero sapere rispetto a quanto detto.
Il discorso del prof. Petrosino procede così a partire da due snodi fondamentali, che inquadrano anzitutto il punto a cui siamo arrivati, cioè il “dove siamo” e da lì, operativamente, il “cosa fare”. E il punto a cui siamo arrivati non è altro che un tempo in cui tutto circola, in maniera impressionante, scardinando la logica più classica dell’autorevolezza del pensiero a favore di una miriade di pareri, sullo stesso piano la “chiacchiera” da bar e l’opinione di un esperto, “..Sant’Agostino e Fedez”. Sono una serie di esempi, inanellati dal filosofo, che illustrano perciò quanto detto, del come i salotti televisivi ribaltino il pensiero di secoli, arrivando ad una “globalizzazione della chiacchiera” in una diffusa incapacità di discernimento, tra pareri e pensieri. Temi enormi, affrontati talora con estrema superficialità dalla portata mediatica di oggi, da cui (citando la propria esperienza di docente) ad affermazioni come “il Verbo si è fatto Carne..”, la domanda possa essere, tra gli studenti: “chi è l’autore?”.
Nell’argomentazione, anche il rimando al tempo digitale come a quello del “tutto subito”, simboleggiato da un momento in cui per la prima volta nella storia dell’umanità si arriva persino a generare senza sessualità, “..si può generare senza rapporto sessuale”. Neppure manca poi, da parte del relatore, l’allusione alla responsabilità dello sport, dove però gli sportivi mica parlano più di sport, ma arrivano pure a parlare di vittoria a tutti costi, in un ribaltamento di valori non più educanti.
È a questo punto, dato lo scenario, che giunge prepotente la domanda all’uditorio, per la seconda parte di cui sopra: “cosa fare”? Le stesse potenzialità del nostro tempo in realtà si pongono anche come risorsa, talora frammentate in mille rivoli di possibilità organizzative, che invece di unire le forze spesso, sembrano disperderle. Come gli incontri dello stesso tipo organizzati nello stesso luogo da soggetti diversi (cita un’altra volta il professore di un proprio vissuto) che lo ritrovavano coinvolto a poca distanza l’uno dall’altro. Così tra altri esempi si evince nel nostro tempo, di come “più è potente un mezzo, più viene percepito come fine”, sicché occorra stabilire ai nostri giorni “qual è il fine”. Operativamente, pare suggerire il filosofo, occorre accettare la sfida, rendere ragione, cercare di spiegare e contrapporre a tempi come questi una grande forza di volontà nell’intento della parola, senza mai dare nulla per scontato.
È quanto si colloca nel dovere della testimonianza, come chi sta insieme ad una donna od un uomo per trent’anni, e attesta l’amore coniugale, così citando gli Atti degli Apostoli, 4, all’arresto di Pietro e Giovanni, si dice: “noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”.
Un monito, che è pure un richiamo a vivere il mondo così com’è oggi, per rispondere alle sfide del tempo e riprenderci la capacità di pensare al di fuori di ciò che dicono tutti. E al centro dei nostri giorni, ancora una volta, l’umano e la vita reale.



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