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IL PONTE
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malpensata cascina malpensata
VECCHIA SANT'ANGELO

Dopo l'articolo su "La Costa", apparso sullo scorso numero del "Ponte", continuiamo con questo quarto pezzo la pubblicazione di una serie di cinque articoli ognuno dei quali descrive "dal vivo" come si presentavano i quartieri di Sant'Angelo nei primi anni Cinquanta. Si tratta di articoli apparsi, con cadenza mensile sul foglio parrocchiale "L'Angelo in Famiglia". Non abbiamo potuto accertare esattamente chi fosse l'autore di questi scritti, firmati con lo pseudonimo "Il Vagabondo". Secondo molti indizi però e tenendo conto dello stile, della perfetta conoscenza di luoghi, personaggi ed espressioni dialettali, siamo convinti che debba trattarsi di articoli scritti da don Ferruccio Ferrari

Angelo Montenegro

A zonzo pei nostri borghi
Oggi a S. Maria e domani..........


Uno scorcio di Borgo S.Maria in un dipinto
di Giuliano Bonaventura

"Monsignore" chiesero un giorno al Prevosto di S. Angelo alcuni contadini, "che nome dobbiamo dare alla nostra cascina?"
E il prevosto d'allora Mons. Dedè con fare pensoso: "Ma una cascina così vicina al Lambro non era da farsi, anzi è malpensata!". "Basta", risposero quelli, "l'è malpèensata? E malpensata che la sia!". E Malpensada l'è restada.
Venendo da Pavia per chi entra nel paese da questa parte non c'è di che consolarsi, più piatto e rustico di così l'ingresso non può essere. In compenso interessa il paesaggio a sinistra dove il lambro forma uno dei più begli esempi di meandri, e la storia. Oh la storia!
A sentir mons. De Nicola c'è da riempire dei volumi.
"Lì ghe el Cogus, la parte pusè antica de S. Angel, che ghè vegnude fina un Papa a predicà la cruciada; lì ghera una Cesa de Agostiniani, al so poste la buna anima de la siura Virginen la fai su la cesa della madonna della Salette"
E basta Monsignore con la storia: oggi alle storie non ci si bada più. Altri tempi.
C'è qui una roggia. A quanto mi dice Ginon Cambiel, tra poche la stuparan. Tuta cla tera lì la töi Truncon; par che el vör fa una quantita de vilete e de ca per tuti, cun viai, e butighe. Insomma un altro quartiere S. Francesca Cabrini come a Lodi. L'idea se è vera è ottima, coraggio Siur Rudulfu quande incuminceme?
Sostiamo sulla piazzetta. Di fronte c'è una bella immagine della madonna del Rosario, a sinistra ghe sta el lavandè che quande canta el so fiöl ven föra mes S. Angel a sentì la so vus; da chi e da là tuti ortolan, sempre rabiusi o perché el sul lè trope o perché l'acqua lè poca; in mezzo s'apre la cuntrada o el Burgo driciu.
Per tutta questa via una volta vi passava sbuffando e fischiando el Gamba de legne , e come erano delicati i nostri vecchi! Davanti alla macchina vi trotterellava un addetto con tanto di bandierina rossa e suonando la trombetta, per avvertire le mamme del pericolo, per ammonire i monelli che stessero in guardia, per dissuadere i ritardatari dal prendere il tram in moto.
Ma oggi con tanti codici della strada, passano, ripassano e scorazzano auto, camion e corriere con ogni velocità, e se vi è cara la pelle o signori, (par che dicano), si salvi chi può!
Talvolta mi punse vaghezza di sapere dal Comune quante multe vengono appioppate in capo ad un anno per eccesso di velocità. Forse bisognerà tornare indietro parecchio per trovarne una. Troppo buoni i nostri vigili urbani!
Così pensando si giunge all'incrocio del Pelegren, la malparlera de busantamaria. Qui vicino la butiga delle latère,altrimenti chiamata Radio latère, centro di informazione mattutina, ma anche luogo di raccolta di tutte le buone opere del borgo.
Voltando a destra una delle poche vie asfaltate del paese: via Armando Diaz. Entriamo nel quartiere dei Pularö.
"Questi chi ien ben siuri; ien tuti sfuladi a milan, perché chinsechì l'era grama, e ades tra lur e i negusianti de fruta i fan i presi sul mercà. Però i se ricordun a mò del so Santangel e a Nadal e Pasqua scorbe de pui che i mandun ai Vegion e alle Urfanele".
Il lato destro di questa via offre uno spettacolo miserando di cortili aperti, cun rùderefumanti, con gente che fa i suoi comodi credendo d'essere in cortile e invece è in istrada ecc. Ecc. Ma signori proprietari li chiudiamo una buona volta con un bel muro questi cortili?
Voltiamo a sinistra, via Raimondo Pandini e meglio conosciuta per via dei Tirenti, perché di qui passavano fino a pochi anni fa lunghi e stecchiti i nostri compaesani nell'andare all'ultima dimora; via dei Tirenti, che scultorietà dantesca di linguaggio popolare!

Se fosse d'autunno tutta questa strada emanerebbe un soave profumo di miele. Qui si vente a pinte la melina per far la mostarda, o meglio con la quale si faceva la mostarda quela negra che mandava in visibilio noi ragazzi tingendoci la bocca fino agli orecchi; cui nastulen de piri e de rusche de melon. Una volta si dice che in una famiglia ne hanno mangiato uno che era assai gustoso e pingue più degli altri, soltanto che in bocca si son trovati gli ossicini. Povero sorcio, incautamente caduto dalla cappa nella pentola nelle ore notturne della lunga cottura!
Povera mostarda nera delizia unica dei regazzi d'un tempo! Ma ora altri tempi, altre mostarde.
Cautamente passiamo davanti alla casa della Linda, che non ha paura di nessuno, né dei rossi né dei neri, poi all'osteria della Toia a Giulai tipico rappresentante dei tifosi dell'Inter; a Bigiotu quel che fa i miraculi del ven...
Voltiamo a sinistra; qui ci sta un dentista. Si può dire che i nostri giovani studenti di medicina hanno un debole per l'arte dei cavadenti, e che lusso, tanto fuori come dentro. A quanto pare a tuti i puareti el ghe fa pagà poche e se la miseria l'è tanta anca gnen. Bravu Angel, i duaresun fa tutti insì.
La crocetta è un ricordo della peste del Manzoni (1626) abbattuta pochi anni fa da un automobilastro, fu ricollocata, non senza contrasto, dov'era, e com'era.
Di qui si domina tutta la Porta e il Pozzone. C'è il monumento chee non mi sembra al suo posto . Ricordo la frase arguta d'un noto barasino a proposito del gruppo dello scultore Sozzi bergamasco: "A Milan in via papi ghè el munimente dei tre ciuchi, ma nanca chi du li i me parun no in sentur". C'è infatti una certa pesantezza di forme in evidente contrasto con tutta la sublimità dell'azione.
Rieccoci all'imbocco di via S. Francesca, che non si può percorrere senza ricordare la santa che dovette percorrerla spesso nella sua breve giovinezza in mezzo a noi. Come qui si possono ben ripetere le parole: la terra che tu calpesti è terra di Santi.
E' questa la più bella parte del Borgo, c'è persino una casa decorata in grafiti arieggianti scene dei tre Moschettieri.
Prima ancora la bella statua della madonna sul largo della Basterina, la butiga dei fiöi de Peder (che lavuraduri); pö el largo delle Strisune. Pasqua che con Vitali della Cuntradella ci tramanderanno ai posteri quando saremo morti, e finalmente el Cafè de Rusen che nonostante il progresso ha voluto restare nello stile dell'epoca della Casa della Santa.
E finalmente chiudiamo il nostro vagabondaggio davanti alla casa della nostra Santa concittadina, davanti a questa piccola casa tanto cara ai santangiolini.
Pare che la Rev.ma Madre Generale voglia costruire nell'area del giardino retrostante una bella Chiesa. Se ciò si farà, saran felici quelli di S. Maria e della Costa. Avranno anch'essi la fortuna di avere la messa festiva e la Dottrina e le folle dei pellegrini, oltre che il magnifico Santuario, potranno visitare la casa natale di una sì gran santa, sistemata definitivamente ed in modo degno.

IL VAGABONDO
(L'Angelo in Famiglia",
a. XXVIII, n. 5 - maggio 1952)

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