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IL PONTE
terrorismo strage in america
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Terrorismo
ANNO 5- N.4 (Versione web - anno 2 n.4) NUOVA SERIE SETTEMBRE 2001

martedì 11 settembre 2001
Strage in America

Orrore e morte a New York e Washington

Come tantissimi santangiolini e come milioni di altre persone in tutto il mondo abbiamo seguito anche noi in diretta televisiva nel primo pomeriggio dell’11 settembre la tragedia che . si è andata consumando a Washington e a New York. Abbiamo visto gli aerei pilotati dai terroristi suicidi abbattersi sulle due torri gemelle, le enormi fiamme sprigionarsi e corpi che si lanciavano dai piani più alti dei grattacieli, che di lì a poco sarebbero crollati. Abbiamo vissuto l’angoscia di chi ha seguito in diretta minuto per minuto le drammatiche sequenze dei catastrofici avvenimenti e veniva investito da un senso di incredulità e quasi di straniamento. Accadeva qualcosa che era del tutto fuori dai nostri schemi mentali: sembrava piuttosto di assistere ad un pessimo film di fantapolitica.

Ma, purtroppo, non era un film!

Circa cinquemila persone, si calcola per ora, sarebbero sotto quelle macerie, fra le quali oltre una quarantina di italiani (secondo dati ancora provvisori) che lavoravano negli uffici ospitati nelle "torri gemelle": una vera enormità!

Col passare delle ore e poi dei giorni abbiamo assistito ad un susseguirsi di testimonianze, notizie e dichiarazioni di politici e commentatori. Abbiamo appreso che i terroristi erano integralisti islamici, quasi certamente appartenenti al gruppo di Osama Bin Laden, il miliardario saudita, già autore di precedenti sanguinosi attentati, rifugiato in Afghanistan e protetto dal regime dei "talebani", i fanatici musulmani che hanno precipitato il loro paese in un nuovo medioevo.

Il presidente americano Bush ha dichiarato che i colpevoli saranno duramente puniti insieme a quei governi che li proteggono e li fiancheggiano. I paesi membri della NATO hanno assicurato tutto il loro appoggio e, anche paesi come la Russia, la Cina, l’India e numerosi paesi arabi moderati hanno fatto dichiarazioni di solidarietà e promesse di appoggio all’azione che l’America e i suoi alleati intraprenderanno per colpire i responsabili e debellare il terrorismo internazionale.

Ciò che è certo, però, è che dopo questa tragedia nessuno si sentirà più sicuro: molti si sono chiesti cosa potrebbe succedere nelle nostre città se il terrorismo islamico fosse in possesso di armi chimiche, batteriologiche o atomiche. Una volta sarebbe sembrata fantascienza, ma oggi non più. E’ del tutto evidente che questo terrorismo è ormai il nemico numero uno con il quale bisognerà fare i conti nei prossimi anni. Questi nuovi barbari vorrebbero trascinare l’Occidente in una guerra di religione, una guerra fra civiltà. Si augurano ardentemente che l’America e i suoi alleati perdano la testa e colpiscano alla cieca, sperando così di raccogliere nelle proprie file nuovi proseliti desiderosi di vendetta. Ma l’Occidente non cadrà in questa trappola. Come ha più volte dichiarato il presidente americano, l’America colpirà duramente, ma senza fare errori, senza confondere il barbarico terrorismo islamico con l’Islam religione professata da centinaia di milioni di pacifici cittadini in tutto il mondo. E’ alta la consapevolezza che non si deve fare il gioco dei terroristi e che bisogna appellarsi a tutta la freddezza e la razionalità di cui siamo capaci per respingere ogni tentazione di vendetta cieca e indiscriminata..

Intanto però si deve fare giustizia: presto e bene. Per raggiungere l’obiettivo bisognerà percorrere strade impervie e nuove, così come nuovo è il male che ci colpisce. La guerra contro questa minaccia non potrà essere condotta secondo le modalità e le regole tradizionali.

Molti hanno detto e scritto: " dopo questo attentato il mondo non sarà più come prima". L’America potrà riaversi dai danni materiali prodotti dall’attentato e potrà rinascere più forte, ma dentro di sé sarà profondamente cambiata: un cambiamento che coinvolgerà anche tutti noi. L’incombere della minaccia terroristica a livello globale ha fatto rivedere la scala di priorità che finora ha guidato la vita collettiva e i governi dell’Occidente. Dopo l’11 settembre, come accade purtroppo in tempi di guerre, la sicurezza collettiva è diventata la priorità assoluta cui dovranno far posto tutte le altre. Ci sentiremo certamente tutti un po’ meno liberi di prima, anche nella nostra vita quotidiana, e non potremo farci nulla, almeno fino a quando durerà il pericolo.

Di fronte a questa immane tragedia, bene hanno fatto l’Italia e l’Europa a stringersi intorno all’America e a far sentire il loro supporto e la loro vicinanza, consapevoli che la minaccia riguarda tutto l’Occidente. Ma per dare seguito alle dichiarazioni di solidarietà ed essere in prima linea con l’America in una guerra assolutamente inedita e dall’incerta durata, bisognerà mantenere saldi nervi e lunga memoria. Dobbiamo mettere nel conto che quando colpiremo il nemico, saremo sempre esposti al rischio di nuove e ancora più tremende ritorsioni. Non possiamo nasconderci che ci saranno dei costi da pagare, non solo in termini economici, non solo in termini di libertà personale, ma anche, temiamo, in termini di vite umane, almeno fino a quando l’intera rete del terrorismo internazionale non sarà stata smantellata: è il prezzo da pagare per difendere i valori di libertà e democrazia. Tutto questo però non ci deve mai fare dimenticare che il terrorismo islamico può trovare sostegno nei sentimenti antioccidentali di quelle fasce di povertà e disperazione che vedono nel nostro benessere una inaccettabile ingiustizia di fronte alla loro estrema indigenza. E’ in queste fasce che il fanatismo religioso può più facilmente attecchire. L’azione antiterroristica dell’Occidente, perciò, non potrà esaurirsi in azioni di guerra e di polizia internazionale, ma dovrà dispiegarsi nel lungo periodo affrontando con più ampia visione, generosità e determinazione la grande questione della povertà nel mondo.

 

 

 

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