25 aprile: memorie di un partigiano
La testimonianza di Francesco
Lombardi
Furono ventotto i santangiolini
che, dopo l’armistizio italiano del quarantatrè, decisero
di arruolarsi nella sesta brigata di Giustizia e Libertà,
formazione partigiana che operò a Romagnese, piccolo abitato
collinare, nell’oltrepò pavese, a sei chilometri da Zavattarello.
Tra loro, sei ufficiali, con esperienza precedente nell’areonautica,
negli alpini, nel genio. Franco Lombardi, Francesco all’anagrafe,
tenente d’autocentro fu uno di questi. Classe diciassette, Lombardi
parte per Romagnese nell’estate del quarantaquattro, con lui,
sul camion carico di vettovaglie destinate ai partigiani, c’è
Vittorio Bellani, detto "turu", del millenovecentootto.
Tornato a casa dalla Croazia, nel settembre del quarantatrè
per una licenza, Lombardi non risponde all’appello della Repubblica
Sociale di Salò nata subito dopo l’armistizio, e come altri
che poi lo seguiranno nell’Oltrepò, passa l’inverno a S.Angelo.
<< Non si può dire che in paese ci fosse la caccia
all’uomo da parte di tedeschi e fascisti - spiega -, che iniziò
però dopo, il due Luglio del quarantaquattro, con il rastrellamento
fascista contro i renitenti, nel quale rimasero uccisi i coniugi
Semenza>>. Qualche giorno prima di lui, a Romagnese salirono
i primi santangiolini. Sicuramente all’arrivo di Lombardi erano
già su da quattro o cinque notti Sandro Tonolli e Piero
Speziani. La scelta di Romagnese per l’impegno dei partigiani
santangiolini non fu frutto del caso. Determinanti si rivelarono
infatti i contatti avuti in quei momenti con Alfredo Turri, che
operava per il Partito d’Azione, e divenuto dopo la liberazione
questore di Pavia, con il dottor Ridella, veterinario di Romagnese,
e le informazioni del tenente santangiolino Carlo Vitali. Fu lui
a fornire le garanzie di serietà e affidabilità
riguardo la sesta brigata. Informazioni quantomai necessarie perché
<< fino all’estate del quarantaquattro i partigiani erano
solo bande armate non organizzate>> spiega Lombardi, citando
ad esempio la "banda del piccolo", gruppo che mascherandosi
partigiano, scorrazzava rubando nell’Oltrepò.
L’apporto dei santangiolini alla
brigata che operò a Romagnese fu determinante per il suo
consolidamento a vera formazione militare, e per il rifornimento
di armi individuali in gran numero. Speziani quando salì
portò con se un camion pieno di mitragliatrici pesanti
e leggere, lasciate a S.Angelo dall’esercito italiano dopo l’armistizio>>
continua Lombardi, evidenziando come la sesta brigata, con i suoi
duecentociquanta uomini finì per essere definita tra le
migliori nello schieramento resistenziale, a fronte anche di numerose
ispezioni da parte dei vertici militari di GeL.
Francesco Lombardi, terzo da sinistra, accanto all'ex sindaco
Gino Pasetti
Le motivazioni che spinsero i
partigiani santangiolini a partecipare alla Resistenza furono
molteplici, anche se aldilà delle singole convinzioni politiche,
più o meno ideologicizzate, i giovani che partirono per
Romagnese lo fecero scegliendo tra tre alternative. L’Oltrepò,
i campi di concentramento tedeschi per i renitenti alla leva o
l’adesione alla repubblica di Salò, con il conseguente
venir meno al giuramento di fedeltà alla nazione fatto
qualche anno prima. Giuramento che impedì ai partigiani
santangilini di aderire alle istanze repubblichine, per non tradire
la volontà del governo Badoglio, subito dopo l’armistizio.
La figura del partigiano Franco
Lombardi, persona colta e che dopo l’esperienza resistenziale
si distinse per l’impegno sociale e civile messo in campo, rappresenta
solo uno dei possibili ventotto ritratti dei partigiani santangiolini,
accomunati dalla comune radice di impegno giovanile per la liberazione
della patria. Lombardi passò a Romagnese dall’estate al
Dicembre quarantaquattro. Tornò il ventisette Gennaio e
un mese dopo, il venti febbraio veniva nominato comandante della
"prima brigata divisione pavese zona est", con compiti
di ordine pubblico. Tra le righe del suo racconto, emergono personaggi
che hanno letteralmente costruito l’Italia repubblicana, e che
Lombardi cita con naturalezza. Dall’amico Ferruccio Parri, capo
del primo governo provvisorio dal giugno al novembre quarantacinque,
a Carlo Azeglio Ciampi, che con il santangiolino frequentò
il corso allievi ufficiali di Torino, <<distinguendosi già
allora- parole di Lombardi- per intelligenza e preparazione>>.
Come pure vale la pena di ricordare
come Lombardi abbia preso parte, assieme agli altri santangiolini
di Romagnese, ad una tra le più importanti battaglie della
guerra di liberazione: quella del Lagone. Il ventotto novembre
quarantaquattro, in alta Valtrebbia, a Pel nel comune di Coli,
vicino a Bobbio si affrontarono la sesta brigata e le divisioni
tedesche. << Solo gli ufficiali erano della Germania, mentre
le truppe erano calmucche, provenivano cioè da zone conquistate
dai tedeschi nell’Est Europa e li chiamavamo "mongoli">>.
Dopo un giorno di scontri frontali, a millecinquecento metri,
con quattro o cinque morti, i partigiani si ritirarono per salvaguardare
da ritorsioni tedesche gli abitanti del piccolo borgo di Coli.
Lorenzo Rinaldi