ANNO 6 - N.2 (Versione web - anno 3 n.2)
NUOVA SERIE APRILE 2002
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Imprenditori santangiolini del ‘900
I "Paion"
Sull’uscio dei Paion,
appena oltrepassato il gran portone in legno sormontato dall’effige
di Madre Cabrini, sul "trage", è ancora attaccata
la targhetta che recita: "Autoservizi Cerri". Le "corriere"
di questa famiglia, che a partire dalla prima guerra mondiale hanno
iniziato a percorrere lodigiano e milanese, rappresentano solo quella
che potremmo definire, l’ultima parte del viaggio, iniziato nell’ottocento,
dei Paion, nome affibbiato dai santangiolini ai Cerri, che commerciavano
in fieno, e quindi paglia, quattro generazioni orsono.
Cerri autoservizi ceirano
Carlo Cerri, già
sul finire dell’ottocento, aveva avviato in paese un’ azienda di
trasporti, rigorosamente a cavallo. E già allora, tanti si
servivano delle sue carrozze, le "giardiniere" per piccole
gite di turismo, come ad esempio i pellegrinaggi a Caravaggio. In
paese poi arrivava la tram-via, conosciuta anche come "gamba
de legne", e allora le carrozze del Cerri fungevano da taxi,
accogliendo i clienti alla fermata del tram, e facendo poi rotta,
ad esempio, per le "acque" di Miradolo. L’iniziativa imprenditoriale
di Carlo non si fermava qui, avviando anche un’impresa di pompe
funebri, di cui però si liberò ben presto, cedendo
l’attività alla Scaricabarozzi di Lodi. Al momento di richiedere
gli emolumenti, infatti, non aveva il coraggio di presentarsi ai
familiari del defunto, come dire" hanno già una disgrazia
in casa…".
Nel frattempo al Cerri nascevano anche sette figli, tra cui Giovanni,
che vedeva la luce il 1 gennaio 1890. A lui occorre attribuire la
continuazione e l’ampliamento dell’opera intrapresa dal padre nel
ramo dei trasporti. Ma, arrivati a questo punto, è necessario
ricorrere alle parole e al racconto di tre dei nove figli che Giovanni
ebbe dalla moglie Teresa Quartiero, di Schio (Vc) che conobbe mentre
era al fronte durante la prima guerra mondiale.
I commenti tutti barasini, di Don Carlo Cerri, Tarcisio Cerri e
Bettina Cerri, sono di valido aiuto per tracciare le sorti dell’attività
dei Paion nel secolo diciannovesimo.
1912 - Una "Fiat Tipo Due" guidata da Giovanni Cerri
Nella storia della
vostra azienda, la guerra del ‘15-18 è alla base del brillante
passaggio dalle carrozze alle "corriere". Perché?
<< Mio padre
Giovanni – racconta Don Carlo- è stato in guerra sul Carso,
sugli Altipiani di Asiago e sul Grappa. Durante la guerra mio padre
aveva la cura dei camion militari come se fossero suoi e per questo
ottenne anche un encomio ufficiale. Sul monte Novegno trasportava
viveri e munizioni con i camion. In questa circostanza capì
che non poteva più resitere un’azienda di trasporti solo
a cavalli. Al ritorno dal fronte aveva maturato la necessità
di comprare una macchina per migliorare il trasporto, ma il padre
non ne voleva sapere. Si divisero quindi, nel millenovecentoventi.
Carlo con i cavalli e Giovanni con le auto. In quell’anno mio padre
comprò la prima autovettura, una Fiat Tipo Due e cominciò
a "fare i servizi" per S.Angelo. Nel millenovecentotrentatre,
il Circolo Ferroviario di Milano, gli affida la prima linea tra
Graffignana e Lodi. Ma i tempi erano calamitosi e la gente non "correva
troppo a fare i biglietti". Mio padre la chiamava la "linea
mercatale acquatica", perché veniva usata nei giorni
di mercato quando pioveva, e non si poteva usare la bici. Poi la
linea, pian piano, prese piede, e le "corriere" erano
sempre piene. Così, l’ "Autoservizi Cerri"- questo
il nome ufficiale- era l’unica nella zona di S.Angelo.
Eravamo nove fratelli- aggiunge Tarcisio Cerri-, tutti lavoravamo
nell’azienda, tranne Don Carlo, che nel trentacinque andò
in seminario>>.
Facciamo un balzo
in avanti, e arriviamo alla seconda guerra mondiale. Cosa successe
alla vostra impresa?
<< Durante il
conflitto- spiega Tarcisio Cerri- si andava a Milano e a Lodi e
si ritornava con la luce dei razzi. La linea di Milano la facevamo
noi perché altre aziende di trasporto erano chiuse. Il fanale
delle "corriere" non era completamente aperto, perché
gli aerei nemici se vedevano la luce, bombardavano. Lasciavamo solo
una fessura, da cui usciva una striscia di luce.
In tempo di guerra lavoravamo in sei fratelli- lo interrompe la
sorella Bettina- io e la Antonia facevamo le bigliettaie. L’ho fatto
per quarantude anni. C’erano anche quattro zii che facevano gli
autisti. Avevamo sette, otto "corriere", e le mettevamo
alla "massaia", dove mio nonno aveva costruito anni addietro
un capannone per i "carri da morto".
Io andavo sulla linea di Milano, quella per intenderci, di chi andava
a fare il contrabbando. Andavano che erano pieni di roba da vendere,
e chissà quanto pesavano. Tornavano magri. Prima facevo la
bigliettaia, una volta raccolti tutti i soldi, salivo sul tetto
del pullmann, anche quando eravamo sotto zero, per avvistare gli
aerei tedeschi. Una volta, vicino a Melegnano, ne avvistai due e
uno ci si avvicinò. Con lo zoccolo picchiai sul tetto e mio
padre si rifugiò alla "Rampina". Ci salvammo tutti.
La "Ballilla" che viaggiava davanti a noi venne mitragliata
e bruciata.
Non siamo mai stati colpiti perché mio padre, quando poteva,
andava sempre a Messa prima di lavorare- riprende Tarcisio Cerri-,
le "corriere" degli altri invece, me lo ricordo bene,
spesso erano piene di feriti.
Ma non è mai andato sempre tutto diritto- e qui a parlare
è Don Carlo-, una volta l’ispettorato della motorizzazione
voleva ritirarci tutti i libretti delle "corriere" per
sospendere il servizio. C’era il fascismo e secondo loro, mio padre
faceva alcuni servizi abusivi. L’ispettore però, mentre era
in casa con mio padre, vide arrivare un sacco di figli, e allora
cambiò idea. Dovevamo pur mangiare.
1986 - A Istambul Tarcisio Cerri con l'ultimo pullman "Fiat
370"
La fine della guerra
segna il punto più alto della vostra ascesa. Il boom economico
e la ricostruzione danno un impulso formidabile a tutta l’economia
e inevitabilmente anche la vostra azienda ne beneficia. Un segno
del miglioramento sono i viaggi turistici, anche di diversi giorni,
in giro per l’Europa. Confermate?
<< Il primo pullmann
moderno, mio padre lo comperò nel millenovecentoquarantesei,
un Fiat 626. Dopo la guerra cominciò il turismo, perché
la gente aveva più soldi- ci dice Tarcisio Cerri- , e poi,
oltre al servizio scolastico, avevamo tre "corriere" col
rimorchio per portare gli operai a Milano. A volte usavamo anche
degli autisti "volanti", che guidavano fino a Milano,
dove lavoravano, e la sera, finito il turno in fabbrica, riprendevano
il pullmann, carico di lavoratori e ritornavano a S.Angelo. Bisognava
arrangiarsi, c’era bisogno. Ognuno, faceva anche da meccanico e
elettricista, per riparare i danni dei pullmann.
Mio padre Giovanni morì nel millenovecentosessantaquattro,
a settantaquattro anni. Il dottor Baldrighi, della Motta, disse
che era morto con il cuore stanco per il tanto lavoro.
Nel sessantacinque ottenemmo la linea mercatale S.Angelo Codogno,
quattro giorni alla settimana. Così, dagli anni sessanta,
oltre ai viaggi di turismo e di pellegrinaggio, avevamo la linea
per Lodi, la mercatale per Codogno e quella per Milano, questa volta
con la concessione. Alla morte di mio padre, quattro di noi facevano
gli autisti. Io, mio fratello Domenico, che fece il partigiano,
Eugenio e Felice, il primo.
A partire dal dopoguerra, i primi viaggi erano delle semplici gite,
con la parrocchia, a Caravaggio o al Sacro Cuore di Varese. Questo
negli anni cinquanta. Poi venne il servizio di linea con la Francia
alla sequela dell’Opera Romana Pellegrinaggi. Ogni quindici giorni
facevamo un viaggio in Francia, ma sono stato anche a Londra, in
Norvegia e in Turchia. Quella volta siamo andati all’interno, in
Cappadocia - e qui mostra orgoglioso le foto del pullmann targato
Cerri con dietro la cupola della Basilica di Santa Sofia a Instanbul->>.
L’ultimo capitolo
dell’ Autoservizi Cerri si ferma con l’inizio del duemila. In pochi,
concitati anni, si arriva alla vendita dell’attività, e con
essa finisce un pezzo di storia. La prima ditta di trasporti in
paese, durerà in totale sessantasei anni. Questo se escludiamo
il precursore di Giovanni: Carlo, che con i cavalli scarrozzava
i santangiolini già nell’Ottocento. Come sono terminate esattamente
le corse delle "corriere" Cerri?
<< Nel
1986 abbiamo terminato l’attività - conclude Tarcisio Cerri
- e venduto linee e mezzi. Sei pullmann, alla Star, la ditta di
Lodi del dottor Desiderio Zoncada, con il quale siamo amici di famiglia.
Io ho proseguito fino al 2001, continuando a viaggiare con i miei
clienti, in collaborazione con la Star. Ho smesso l’anno scorso,
nella notte di Natale, a sessanatcinque anni. Qualche settimana
prima ero in Puglia, ho portato al mare dei turisti. Quando ho dovuto
piantar lì, per raggiunti termini di età, ci sono
restato male, e mi sono chiuso in casa per una settimana giusta>>.
Dalla chiacchierata con i tre Cerri, straordinariamente simpatici
e contenti di raccontare quello che nella vita sono riusciti a fare,
emerge una grande passione per il loro lavoro, ma soprattutto una
grande umanità. Famiglia numerosa e di grande fervore religioso,
sia nel cuore che nei fatti, come dimostra la scelta di tre dei
nove figli di Giovanni: due suore e un prete. La gran bella avventura
imprenditoriale dei Paion è un altro vivido esempio della
caratteristica intraprendenza santangiolina che ha lasciato un segno
indelebile nella storia del nostro paese contribuendo alla lenta
formazione del suo attuale benessere
Lorenzo Rinaldi
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