Il dovere della memoria
L'odissea dei cugini Domenico e Marino Vitaloni e di Guerrino Bruschi sopravvissuti ai campi di concentramento

Il 27 gennaio il mondo intero ha celebrato la "giornata della memoria", e in questo modo ha reso omaggio a tutti i deportati che hanno trovato la morte nei lager nazisti durante la seconda guerra mondiale. La data della giornata della memoria è stata scelta perché, nel 1945, esattamente il 27 gennaio, l'armata rossa scopriva per la prima volta il disastro umano di Auschwitz, il campo di sterminio nazista più conosciuto. Pare che questa località fosse stata individuata appositamente dai gerarchi del Reich perché situata in corrispondenza di alcune linee ferroviarie, ma in una zona comunque poco abitata. Nei campi di concentramento che sorsero nelle zone occupate dalla Germania di Hitler, furono rinchiusi anche tanti giovani militari italiani, fatti prigionieri dai nazisti in diverse zone di guerra l'indomani dell'8 settembre 1943. La loro unica colpa era di fare parte dell'esercito italiano. Molti di loro sono morti nei campi di prigionia, molti hanno lavorato per le industrie e lo stato tedesco, strappati agli affetti, non pagati, trattati senza il minimo rispetto della persona umana. Tra questi giovani ci sono anche alcuni santangiolini, tuttora viventi, che sono riusciti a salvarsi e a tornare a casa. Per ricordare il loro sacrificio e le sofferenze patite tra il 1943 e il 1945, proponiamo le brevi storie di Domenico Vitaloni, Marino Vitaloni e Guerrino Bruschi.

Da sinistra Domenico e Marino Vitaloni (con al collo il fazzoletto simbolo dei deportati politici)

Domenico Vitaloni , classe 1922, deportato nei campi di lavoro tedeschi dal 20 settembre '43 all'aprile '45. Nel 1943 sta compiendo il servizio militare a Roma, presso la caserma della Cecchignola. Il 9 settembre, il giorno seguente all'annuncio dell'armistizio, è catturato dai tedeschi, che lo trasferiscono, a piedi, a Ostia Lido. Qui rimane sei giorni, dorme sulla spiaggia, nelle cabine dei bagnanti. La marcia forzata verso la Germania riprende il 15 settembre, quando assieme agli altri militari catturati, è costretto a raggiungere, sempre a piedi, Fiumicino. Da lì viene caricato su un carro bestiame e il convoglio si dirige verso il nord. Il 20 settembre termina il viaggio con l'arrivo in Germania, per la precisione al campo di smistamento di Sudauen, nella Prussia orientale. Sulla giacca gli vengono impressi un numero e una sigla: 2960 kfg. Per quattro mesi poi resta a Koenigsberg (oggi Kaliningrad), e lavora in una fabbrica di locomotive, con turni di 12 ore al giorno, e una pausa di trenta minuti. Poco cibo, condizioni di vita pessime, la notte passata nelle baracche al freddo. Nel marzo del '44 viene trasferito a Norimberga, al campo di lavoro Obefferiden, per ripristinare i binari delle ferrovie distrutti dai bombardamenti alleati. E successivamente viene nuovamente trasferito, questa volta a Fürth, una località nei pressi di Norimberga. Lavora in una fabbrica della Messerschmitt, che produce aerei da combattimento. Viene liberato dall'esercito americano il 16 aprile '45, mentre lavora a Rothenbach, in una fabbrica di elettrodi per altiforni. Rientra in Italia il 31 luglio: la prigionia in Germania gli è costata parecchi chili in meno rispetto a quando era partito, e i capelli da neri sono diventati quasi bianchi.
Marino Vitaloni, classe 1922 (cugino di Domenico), è stato uno tra i santangiolini deportati nel campo di sterminio di Dachau. In Germania trascorre venti mesi. Nel '43 è a Ravenna, dove sta compiendo il servizio militare, poi approda a Bologna e da lì viene trasferito prima a Gaeta e poi a Peschiera del Garda, a seguito della risalita degli alleati nel sud Italia. Viene catturato dai tedeschi subito dopo l'armistizio, e portato a Dachau. Gli viene assegnato il numero di matricola 55137 e sui vestiti i nazisti gli applicano il triangolo rosso, quello per i prigionieri politici. Nel campo di sterminio c'è anche un altro santangiolino, Antonio Cerri, mentre più tardi arriverà anche il tipografo Biancardi, ma Vitaloni non farà in tempo a vederlo. Dopo due mesi a Dachau infatti, Marino è trasferito a Bart, sul mar Baltico, in un campo di aviazione trasformato in fabbrica. Qui lavora sorvegliato dalle SS, al fianco di invalidi tedeschi. Proprio a Bart viene liberato dall'esercito russo nell'aprile del '45. Di ritorno verso l'Italia, viene nuovamente fermato, questa volta dall'esercito americano, nelle vicinanze di Berlino. Riesce a tornare a casa dopo circa quattro mesi.

Guerrino Bruschi

Guerrino Bruschi , classe 1921, viene chiamato alle armi a vent'anni, nel gennaio 1941. Trascorre il periodo di leva a Cuneo, in seguito viene trattenuto alle armi e trasferito a Napoli. La data dell'armistizio però lo vede impegnato a Ferrara: alcuni militari, lasciati senza nessun ordine da parte dei loro superiori, decidono di fare ritorno verso casa. Bruschi è tra questi. A Reggio Emilia però viene bloccato dai soldati tedeschi. Tre giorni dopo viene stipato assieme ad altri militari italiani su un carro bestiame, e il treno parte per la Germania.
La prima destinazione è Brandemburg, dove il santangiolino subisce prima la trafila della disinfezione e poi quella dello smistamento. Anche a lui viene assegnato un numero di riconoscimento: 44031. Sulla giacca e sui pantaloni ha stampato il numero 883, il lager da cui proviene. Il primo incarico che gli viene affidato è in una fabbrica di materiale bellico, la AEG, in cui lavora la notte, con turni massacranti. Resta lì per nove mesi, fino a quando viene assegnato allo sgombero delle macerie a Berlino, al termine di ogni bombardamento.
Da questo momento diventa il numero 0427. Il 26 ottobre 1944 gli viene comunicata una notizia terribile: è stato destinato ai lavori forzati nel campo di Mauthausen, dove sarà trasferito il 30 dello stesso mese. Ma la sera prima della partenza, decide, rischiando la vita, di fuggire, e con l'aiuto di una ragazza, si nasconde a Berlino. Qui rimane fino alla primavera del '45, quando nella capitale del Reich entrano le colonne dei carri armati dell'armata rossa. Riesce a raggiungere Sant'Angelo solo nel mese di settembre.

Lorenzo Rinaldi

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