Care maestre…

Continuiamo a raccontare il secolo di vita delle scuole elementari di San-t'Angelo attraverso i racconti di figure mirabili che, con bontà e pazienza, ci hanno accompagnato in momenti irripetibili della nostra formazione: le care maestre che ancora in molti di noi stimolano affettuosi ricordi.
Stavolta parliamo della maestra Lucia Boggini, per tanti anni in servizio presso le scuole di viale Monte Grappa.
Lucia comincia ad insegnare nel 1947 e fino al 1950 lavora per le scuole serali di Valera prima e Vidardo poi, con uno stipendio di 8.000 lire: "Gli orari erano dalle otto alle undici. Potevo permettermi di andare a Valera perché avevo degli zii contadini che mi ospitavano a cena. Mi portavo in bici sul posto partendo alle tre e mezza". Negli anni dell'immediato dopoguerra, a fianco delle scuole elementari "regolari" esistevano le serali, le carcerarie e le militari. A frequentare le serali erano soprattutto uomini fatti, o ragazzotti che avevano bisogno della licenza per poter concorrere a posti di lavoro particolari. Racconta Lucia: "C'era chi voleva fare il carabiniere, chi il vigile urbano, chi sperava di ottenere impieghi pubblici per cambiare la condizione economica propria e della famiglia. Avevano bisogno della licenza e quindi erano anche pieni di voglia di imparare".
Non solo ricordi d'infanzia, dunque, tra gli alunni della maestra Boggini, ma anche le memorie di uomini che a lei devono una vera svolta della propria vita, in questo inizio di carriera tutto particolare: "Quando ero alle serali, il mio alunno più giovane aveva 26 anni, gli altri erano uomini sulla quarantina che prima della lezione ci tenevano ad andare tutti insieme a bere un bianchino. Così io, che in confronto a loro ero una ragazzina, prima di entrare in aula dovevo accompagnarli all'osteria".

Lucia Boggini

Quelli passati alle scuole serali resteranno comunque impressi nella memoria di Lucia come anni piacevoli da ricordare, segnati da un rapporto squisito con i suoi scolari già cresciuti: "Quegli uomini non mi hanno mai mancato di rispetto, anzi mi hanno sempre portata su un palmo di mano e mi proteggevano: i miei ragazzi di Vidardo, finita la scuola mi riaccompagnavano a casa per farmi sentire al sicuro e se pioveva mi prendevano in braccio per non farmi ba-gnare. Negli anni, il loro ri-guardo e soprattutto la loro riconoscenza nei miei confronti sono stati una grande soddisfazione". Dopo quest'esperienza, per Lucia inizia il lavoro con i bambini a Massalengo (dove è anche segretaria di direzione), a Busto Garolfo nel varesotto e a Bruzzelle di Caselle Landi tra il '55 e il '56. Per arrivare a Caselle, Lucia rimane in pensione a Codogno; ogni mattina prende il treno e poi percorre tre chilometri a piedi, "anche con la neve che mi faceva venire le gambe blu".
In quegli anni, inoltre, gli edifici scolastici erano tali soltanto di nome, essendoci a disposizione per insegnanti e alunni un semplice muretto per i servizi igienici e una legnaia invasa dai topi per scaldare i locali: "Una signora del vicinato ci portava l'acqua, e quella doveva servirci per tutti gli usi".
Dal '56, per cinque anni Lucia insegna a Bargano e passa di ruolo. Arriva ad avere 34 alunni in due classi, una prima e una quinta; la prima composta da 14 bambini, 12 dei quali oggi sarebbero definiti "difficili".
Quindi passa a Maiano, che comprende la frazione di Domodossola, e anche qui, nonostante la vicinanza a casa, la situazione non è semplice: "La bidella, la signora Pina, arrivava alle cinque del mattino per accendere la stufa e farci trovare l'ambiente caldo. Anche lì l'ambiente era come nelle altre scuole: quando i topi uscivano dalle tane, i ragazzi facevano a gara per cacciarli. E la Pina, che sapeva del mio terrore per quelle bestie, quando l'allarme era finito agitava in lontananza un fazzoletto bianco per farmi segno che potevo avvicinarmi". Dopo un anno a Maiano, nel 1963 la maestra Boggini è trasferita a Sant'Angelo in viale Monte Grappa, dove rimarrà fino alla pensione arrivata nel 1986.
"Quando sono arrivata io c'era solo metà degli edifici presenti oggi. C'erano tre sezioni per ogni classe, più un'aula a disposizione; quindi in totale sedici aule più la mensa. Si sognava di avere una palestra, e se ne è parlato per tanti anni. Se ne continua a parlare oggi, ma la palestra ancora non c'è. Per quanto ne so perfino i bagni sono gli stessi di quando ho cominciato io".

Un gruppo di alunni della Scuola Elementare di viale Monte Grappa
con l'insegnante Lucia Boggini e la bidella Pina Cerri

Agli insegnanti di viale Monte Grappa, comunque, non è mai saltato in mente di andarsene da quella scuola e, pur avendo avuto la possibilità di trasferirsi in via Morzenti, anche Lucia è rimasta sempre fedele ai suoi alunni: "La zona di San Rocco era chiamata la valle del diavolo, ma a me non importava: io mi sono sempre trovata bene con i miei colleghi e con quei bambini, e non me ne sarei mai andata".
Ripercorrendo la sua carriera dall'inizio, alla maestra Boggini tornano in mente un'infinità di episodi teneri e divertenti. Come quello dovuto al bisticcio linguistico tra la parola "chierichetto", il suo corrispettivo dialettale e una ricetta a base di uova.
"Una volta i bambini svolgevano un tema e uno di loro mi si avvicina per chiedermi come si dice "cerghén" in italiano. Io gli rispondo 'Puoi scrivere uova al burro' e lui 'Va bene maestra'. Poi mi porta il tema e io ci trovo scritto: 'Ieri mia sorella si è sposata, mio fratello era vestito da uovo al burro'! C'era tanta ignoranza: non che oggi ce ne sia meno, solo che è vestita bene e forse è più difficile da gestire".
E poi i ricordi delle scuole serali, quando i ragazzi suoi alunni le portavano da correggere le lettere per le morose, o quando le prepararono una torta di compleanno con 27 ciliegine e una rosa nel mezzo. Un po' di nostalgia? "No", assicura Lucia, "ho vissuto serenamente gli anni dell'insegnamento e ho avuto anche la fortuna di smettere quando la scuola cominciava a piacermi meno. Non sono mai stata una donna di casa ma ho sempre dato tutto per i miei bambini e quando i genitori si fidavano della scuola e di noi insegnanti, quelli erano gli anni in cui è stato bello insegnare".

Giuseppe Sommariva

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