Care maestre
Rosanna
Carenzi e Piera Ramaioli Pozzi
Parlando con gli educatori che oggi lavorano presso le scuole elementari
di Sant'Angelo, c'è un nome che immancabilmente richiama ad un
sentimento di stima e affetto: è quello di <b>Rosanna Carenzi,
</b>maestra che aprì la strada, nel nostro paese, all'insegnamento
di quelle che erano chiamate le "scuole speciali", ovvero le
classi per bambini con gravi disturbi psichici o fisici. La maestra Carenzi
fu la prima, a Sant'Angelo, a decidere di intraprendere un percorso professionale
di specializzazione che potesse consentirle di avvicinarsi il più
possibile ai problemi di questi bambini, così da poter rispondere
ai bisogni di ognuno in modo appropriato e non solo con la severità,
o addirittura la noncuranza, spesso riservate nelle scuole italiane anche
ad alunni che semplicemente mostravano qualche difficoltà in più
nell'apprendimento.
Rosanna Carenzi iniziò ad insegnare dopo la guerra, quando l'alta
percentuale di analfabeti in Italia richiedeva l'esistenza di corsi serali
per adulti. Così come fu per la maestra Lucia Boggini (vedi "Il
Ponte", giugno 2005), anche Rosanna Carenzi cominciò la carriera
preparando uomini ben più anziani di lei al conseguimento della
licenza, che avrebbe permesso loro di ottenere posti di lavoro qualificati.
Intanto, negli stessi anni (tra il 1948 e il 1950), Rosanna frequentava
un corso biennale di specializzazione, presso l'Università Cattolica
di Milano, per accedere al diritto di insegnare nelle scuole speciali
per "anormali psichici" (questa la dicitura usata a quei tempi).
Per la disciplina psicologica nell'età evolutiva, Rosanna ebbe
come maestro nientemeno che padre Agostino Gemelli, fondatore della stessa
Università nonché medico e intellettuale di alto profilo.
Dopo aver frequentato corsi che le permettevano di confrontarsi con diversi
tipi di disabilità (lavorando con cerebrolesi, sordomuti, motulesi,
epilettici, ambliopici), nel 1950 Rosanna ottenne il posto di insegnamento
a Milano in una scuola speciale, dove rimase sei anni fino al trasferimento
a Lodi, città in cui si sentiva la necessità di insegnanti
specializzati come lo era lei. A Lodi, la maestra Carenzi insegnò
per nove anni.
Spesso gli alunni destinati alle scuole speciali erano semplicemente poveri
di stimoli. Racconta Rosanna: "Organizzammo con la scuola cosiddetta
normale collaborazioni di momenti in comune, come drammatizzazione, canto,
giardinaggio, lavoretti manuali; così potemmo ottenere una maggiore
socializzazione".
Era anche difficile far intendere ai colleghi insegnanti delle classi
"normali" la necessità di lavorare a stretto contatto
e con maggior attenzione professionale proprio con i soggetti più
deboli. La maestra Carenzi non smise mai di partecipare a corsi di aggiornamento,
sempre utili ad arricchire la conoscenza di nuove metodologie.
Nel 1964, la maestra Carenzi fu incaricata dal Prov-veditorato agli studi
e dall'Amministrazione provinciale di organizzare una scuola speciale
a Sant'Angelo. La scuola, sita nel plesso di via Statuto (attuali uffici
Inps), contava sul lavoro di quattro insegnanti e un'equipe di psicoterapeuti,
per circa 25-30 alunni; a Sant'Angelo confluivano scolari anche dai paesi
limitrofi, visto che anche nelle campagne si sentiva forte il bisogno
di appoggiarsi a questi insegnanti, tanto preparati quanto, probabilmente,
gli insegnanti di oggi non hanno nemmeno l'opportunità di essere.
Alla metà degli anni '70, in coincidenza con la chiusura degli
istituti psichiatrici, anche le scuole speciali furono soppresse: "I
ragazzi in difficoltà furono trasferiti alle altre classi, con
l'appoggio di una figura specializzata. Gli ultimi anni di insegnamento
li effettuai in questo ruolo, perché non ho mai cessato di stimolare
il mio interesse per questi alunni".
La maestra Carenzi lamenta che il passaggio dalle scuole speciali alla
classe unica fu brusco: i maestri delle scuole "normali" non
furono per nulla preparati al cambiamento e, anche con tutta la buona
volontà, le inevitabili lacune professionali incisero molto sulla
qualità del servizio reso a bambini e famiglie.
Ad ogni modo, Rosanna Carenzi non perse mai l'entusiasmo che caratterizzò
la sua vicenda professionale, e che ancora oggi fa da stimolo e riferimento
per molti insegnanti della nostra città.
La classe terza, anno scolastico 1982-83, con le insegnanti Antonietta Arati e Rosanna Carenzi (la seconda da destra)
Negli anni in cui Rosanna dava inizio alla sua avventura di apripista
per le scuole speciali di Sant'Angelo, un'altra figura storica dell'insegnamento
barasino, la maestra <b>Piera Ramaioli Pozzi, </b>terminava
in viale Monte Grappa una parabola avviata nel lontano 1925.
La maestra Ramaioli, classe 1903, è sempre disponibile ad offrire
i propri ricordi, anche quelli di quando lei stessa era una piccola alunna
e frequentava la scuola elementare di Ca' della Terra presso Fossarmato,
Comune di nascita a circa 4 km da Pavia: "C'era una sola aula dove
una maestra insegnava le prime tre classi. Dopo bisognava andare a Pavia.
Io e i miei fratelli siamo andati, anche se la strada era sassosa e stretta
e otto chilometri al giorno erano tanti. Finite le elementari, io e mia
sorella abbiamo continuato e siamo diventate maestre".
L'Italia stava cominciando a conoscere la dittatura fascista, quando Piera
vinse il concorso "Opera Balilla" per posti di lavoro in scuole
disagiate e rette da un unico insegnante. Così, nel 1925, alla
maestra Ramaioli fu assegnato il primo incarico a Lizzola, frazione di
Valbondione in Alta Valle Seriana, a quota 1250. Racconta Piera: "La
scuola dove arrivai era composta da due aule, una piena di banchi, l'altra
di legna. Gli scolari erano 70 divisi in tre classi. Cominciai subito:
i bambini erano belli, robusti, buoni e rispettosi".
Certo, la lontananza da casa e la particolarità della zona montuosa
dovevano pesare non poco per una ragazza di ventidue anni al suo primo
incarico: "Passai un anno un po' triste per la lontananza, ma tutti
mi volevano bene. Mi adattai all'odore di capra e a camminare per un lungo
inverno con gli zoccoli sui sentieri ghiacciati". Il lavoro, con
lo spostamento in montagna e tutto quello che comportava, non era da tutti
e, ricorda Piera, "era già stato rifiutato da due maestre,
ma a me promisero un posto in provincia di Milano l'anno dopo". Così
nel 1926 la maestra Ramaioli fu trasferita a Castiraga Vidardo, dove rimase
fino al 1939 quando passò alle scuole di Stato a Terra Verde di
Corte Palasio. A quei tempi Piera si era fatta una famiglia con il maestro
Rino Pozzi: la coppia aveva già due figli, "che dopo tre anni
diventarono cinque. Ho sempre avuto un'ottima salute e tanta voglia di
lavorare. A Terra Verde avevo una donna che mi teneva i bambini mentre
ero a scuola, ma quando tornavo il lavoro era tutto mio; alla sera mi
coricavo anche a mezzanotte, però non sono mai andata a letto senza
prima aver preparato il diario per il lavoro che avrei fatto l'indomani
a scuola".
A Sant'Angelo, la maestra Ramaioli arrivò nel 1943, presso le scuole
Morzenti. Piera ha tanti ricordi della scuola del fascismo, che ha caratterizzato
metà della sua carriera. Racconta che, in servizio a Vidardo, divenne
guida delle Giovani Italiane: "Le istruivo un po' su come andavano
le cose in patria, facevo con loro qualche gita, le aiutavo nello studio.
Il duce amava tanto i bambini, li voleva forti: in inverno bevevano l'olio
di fegato di merluzzo; finita la scuola alcuni scolari bisognosi andavano
al mare o in montagna, tantissimi alla colonia elioterapica che si teneva
nel campo sportivo di Sant'Angelo".
I bambini partivano incolonnati per raggiungere il campo dove trovavano
la colazione, il pranzo del mezzogiorno e la merenda nel pomeriggio. La
giornata passava tra esercizi ginnici, marce al passo d'oca e canti inneggianti
il fascio e il duce.
I maschi erano guidati dal maestro Renato Biancardi, le Piccole italiane
dalla maestra Ramaioli, mentre la contabilità era affidata al maestro
Pozzi. "Sovente, la colonia era visitata da persone importanti del
fascismo".
Nel 1951 la maestra Ramaioli fu trasferita alle elementari di viale Monte
Grap-pa, dove terminò la carriera nel 1968.
"Durante la mia carriera ho avuto scolari che sono diventati contadini,
molti operai, alcuni impiegati; un medico, un farmacista, un ragioniere
e poi un laureato in architettura e un ingegnere". Ma quello che
importa, conclude la maestra, "tutti bravi ed onesti".
Giuseppe Sommariva
Classe seconda, anno scolastico 1951.52, con la maestra Piera Ramaioli Pozzi
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