La vendetta tedesca alla resistenza dei soldati italiani

Vittorio Dornini eroe di Cefalonia
Con l’amico Gerolamo Arrigoni, morì
nel tentativo di rispondere all’assalto nazista

Vittorio Dornini mentre svolge il lavoro d’ufficio in caserma

L’8 settembre 1943, data dell’annuncio dell’armistizio italiano, la divisione Acqui che, forte di 525 ufficiali e 11.500 soldati, presidiava le isole di Cefalonia e Corfù (Grecia) agli ordini del generale Antonio Gandin, si trovò di fronte all’alternativa: o arrendersi ai tedeschi o affrontare la resistenza armata, sapendo di non poter contare su alcun aiuto esterno. Tra il 9 e l’11 settembre si svolsero le trattative tra Gandin e il colonnello tedesco Barge, che intanto fece affluire sull’isola nuove truppe. L’11 settembre arrivò l’ultimatum tedesco, con l’intimazione a cedere le armi. All’alba del 13 settembre le batterie italiane aprirono il fuoco su due pontoni da sbarco carichi di tedeschi. Barge rispose con un ulteriore ultimatum, che conteneva la promessa del rimpatrio degli italiani una volta arresi. Gandin chiese allora ai suoi uomini di pronunciarsi su tre alternative: alleanza con i tedeschi, cessione delle armi, resistenza. Tramite un referendum i soldati scelsero di resistere. Fino a pochi giorni prima italiani e tedeschi erano stati alleati. Poi, nel caos seguito all’armistizio dell’8 settembre, i militari italiani stanziati a Cefalonia furono lasciati soli. Morirono da eroi.
Il 15 settembre, infatti, co-minciò la battaglia, che si protrasse sino al 22 settembre, con drastici interventi degli aerei da guerra tedeschi che mitragliarono e bombardarono le truppe italiane. L’Acqui si dovette arrendere, la vendetta tedesca fu spietata. Il comando superiore te-desco ribadì: “A Cefalonia non devono essere fatti prigionieri di nazionalità italiana”.
Alla fine saranno 5.000 i soldati italiani massacrati, 446 gli ufficiali, 3.000 superstiti, caricati su tre piroscafi con destinazione i lager tedeschi, scomparirono in mare affondati dalle mine. In tutto 9.640 caduti, la divisione Acqui fu annientata.
Anche due santangiolini morirono sull’isola greca nel tentativo di resistere all’assalto nazista, assieme agli altri commilitoni della Acqui. Si tratta di Vittorio Dornini (detto Rino) e di Gerolamo Arrigoni.
La famiglia Dornini ha ac-cettato di tratteggiare il ricordo di Vittorio. Ricordo che si lega alle numerose lettere inviate dal fronte. Le lettere si fermano al 31 agosto 1943, pochi giorni prima dell’annuncio dell’armistizio.
Vittorio Dornini nasce a Sant’Angelo nel settembre del 1921, primo di quattro figli. Nel 1923 nasce la sorella Luigia, detta Zina. Nel 1928 nasce l’altra sorella, Antonia. Infine, nel 1931 nasce il fratello Angelo, morto però nel 1957. Il padre, Francesco, classe 1894, è commerciante di bestiame. Fino al momento di partire per la leva militare, Vittorio vive con la famiglia nel quartiere di San Bartolomeo, in una casa vicino alla piccola chiesa rionale. E’ iscritto al corso di ragioneria, all’Istituto Bassi di Lodi.
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Vittorio Dornini in una curiosa immagine di vita militare

Quando viene chiamato alle armi, è quasi giunto alla fine degli studi. Vittorio parte nel 1942 e raggiunge la caserma di Piacenza dove entra nel battaglione fanteria Lupi di Toscana. Resta in Emilia per circa sei mesi, durante i quali svolge mansioni di ufficio. Sempre nel 1942 viene mandato a Brescia. Il 12 giugno invia una lettera indirizzata a don Nicola De Martino. Poi parte per il Sud Italia. Prima si ferma a Bellizzi, poi viene distaccato a Macchia e quindi a Caserta. E’ questa l’ultima tappa italiana prima della Grecia. Vittorio non sa di essere destinato a Cefalonia, anzi, mentre si trova in Sud Italia scrive alla famiglia, facendo intendere di aver temuto di essere inviato in Nord Africa, dove gli scontri tra nazifascisti e alleati si stavano facendo sempre più cruenti. Scrive Dornini: “Ho schivato la partenza per l’Africa”. In una seconda lettera aggiunge: “Finalmente ci mandano in Grecia a presidiare, parto contento”. Vittorio lascia Caserta e raggiunge Brindisi, per imbarcarsi. Dalla città pugliese scrive a Sant’Angelo. La lettera, datata 30 giugno 1943 inizia così: “Finalmente trovo il tempo per scrivere, tutto bene, sono in attesa di terminare il mio viaggio”.
La prima lettera spedita da Cefalonia è datata 26 luglio. La dicitura “Posta Militare 412” che appare sulle buste indica la località da dove vengono inviate. Dal contenuto della lettera si comprende come le prime settimane passate sull’isola greca non siano state particolarmente difficili, anche se traspare lo scenario di guerra. Scrive Vittorio: “Il viaggio è stato discreto. Quanto a soldi, non me ne potete spedire. Qui si prendono 2.400 dracme al mese, pari a 300 lire, ma la roba costa molto. Pensa che il mensile non basta per comprare un litro di olio che qui, essendovi molta verdura, è molto necessario. [...] Quanto ad allarmi, non sono mai stato in pace come qui”.
Da Cefalonia Dornini scrive anche il 14 agosto. Non menziona mai l’isola (si crede fosse un ordine di servizio). L’ultimo contatto è da-tato 31 agosto, pochi giorni prima dell’armistizio. Dorni-ni scrive: “Finalmente dopo 23 giorni ho ricevuto le vostre lettere. [...] Nel nuovo posto c’è un po’ di malaria, però credo che non mi fregherà”. Dornini illustra la situazione di precarietà in cui si trova l’esercito italiano: “Da una decina di giorni non ci vengono passate le cinque sigarette giornaliere. [...] Quando scrivete mettete nel-le buste qualche lametta, qualche francobollo e qualche sigaretta”.
Quella del 31 agosto è l’ultima lettera arrivata alla fa-miglia. Poi più nulla. Dopo svariate ricerche il soldato italiano è stato dichiarato disperso in guerra.

Gerolamo Arrigoni

In una delle lettere spedite prima di morire,.Vittorio dice alla sorella di aver trovato a Cefalonia un certo Arrigoni di Sant’Angelo (Gerolamo Arrigoni). In un’altra invece la invita a recarsi al Provveditorato agli Studi per sbrigare delle pratiche burocratiche: il giovane militare pare volesse diplomarsi in ragioneria in Grecia, durante il periodo di guerra. Un traguardo che non riuscì mai a conquistare.
Lorenzo Rinaldi.