Ciao Pierino…
PIERINO CASERINI è morto il 4 aprile scorso a soli 58 anni.
E’ stato tra i fondatori della “Società della Porta”, portando sempre il suo contributo entusiasta.
A “Il Ponte” ha offerto il suo talento artistico per dare forma al progetto grafico che contraddistingue il foglio.
La redazione, ricordandolo con affetto, partecipa con la moglie Carla e il figlio Jacopo al cordoglio per la repentina scomparsa.
“Ho ancora bene in mente quella domenica mattina di qualche mese fa; già i primi segni del male si scorgevano, eppure mi sembravi contento.
Finalmente, mi dicesti, so cosa combattere. Il malessere che ti aveva accompagnato fino ad allora ti aveva abbattuto nel morale. Averne scoperto il motivo pareva invece darti la forza di reagire.
Ti vidi sereno anche dopo, quando il triste calvario delle cure era già iniziato.
E a Natale, l’ultima volta che ci siamo sentiti, mi parlasti ancora di vita, di arte, della tua amata pittura: eri felice per essere riuscito a vedere la mostra del Caravaggio a Milano!
Mi sarebbe piaciuto visitare una mostra con te. Ricordo quando partecipammo alla Scuola Popolare delle Acli, nei primi anni Ottanta. Dovevamo curare insieme il corso di Storia e tu proponesti di abbinarvi Storia dell’Arte… beh, per me fosti una scoperta.
Ti ascoltavo ammirato dalla tua sensibilità artistica, sentivo la passione che ti animava mentre raccontavi aneddoti o ti soffermavi su un quadro e ne spiegavi i dettagli.
I dettagli…
Anche nei tuoi dipinti talvolta erano importanti: capitava che ti fermavi dei mesi per poi ritornare su un particolare finché il risultato non ti piaceva.
Sapevi aspettare.
E con pazienza hai affrontato anche questa tua ultima opera, la lotta al male: tanti dettagli non quadravano ma, forse, fra qualche mese li avresti sistemati.
Invece questo è rimasto un lavoro incompiuto…ai nostri occhi almeno.
Forse, agli occhi di Dio, quei dettagli stonati erano parte di un quadro finito che ancora a noi non è concesso vedere.
Giancarlo
Dignità sino all’ultimo
La morte di Piero mi ha costretta a fermarmi, a riflettere sul senso della vita. Lui l’amava, amava la natura, la bellezza e la rappresentava con la sua arte: tele di tutte le dimensioni hanno visto la potenza della sua creatività farsi atto.
Un viottolo fra immensi campi di frumento o sentieri in mezzo a distese desertiche erano forse per lui la rappresentazione della vita: una strada da percorrere, senza guardarsi indietro in modo da non farsi sopraffare dai rimpianti; un cammino da continuare con dignità, costi quello che costi, fino alla fine.
Piero era colore, passione politica, impegno sociale e… sapeva ascoltare, dote oggi molto rara; sapeva capire, ma ciò non escludeva che all’improvviso uscisse con dichiarazioni forti che esprimevano chiaramente le sue convinzioni e rivelavano la sua ca-pacità di intervenire in modo incisivo.
Ma lui era più che altro silenzio.
Persona molto riservata, ha condiviso il piacere dell’arte solo con gli amici; ha mostrato i suoi quadri a pochi. Le personali non lo interessavano, dipingeva per dipingere, non per urlare ai quattro venti la sua bravura… anche questo mi fa pensare.
Nelle nostre conversazioni spesso affioravano dei ricordi della scuola che per parecchi anni è stata il mio mondo. Piero era affascinato dai fatti, dalle situazioni così lontane dal suo vissuto.
Si divertiva, perché sosteneva che il mio modo di raccontare, le mie espressioni erano particolari; perciò spesso mi suggeriva di scrivere un libro, di raccogliere insomma quegli aneddoti, descrivendoli però a modo mio….
Oggi ho vinto a fatica le mie remore e ho deciso di superarmi per scrivere almeno poche parole per lui, per condividere con gli amici il dolore della sua partenza.
Rina
Pierino Caserini (a destra), autore della mostra fotografica del Corpo Bandistico Santa Cecilia, allestita nel maggio 2004
Artista operaio
Ho conosciuto Pierino tan-to tempo fa, nell’esperienza sociale forse più bella della mia vita. Facevamo insieme la Scuola Popolare delle Acli. Lui già artista operaio insegnava storia, io, appena uscito dal liceo scientifico insegnavo scienze. Insieme ci confrontavamo con adulti che volevano recuperare il diploma di terza media (parlo degli inizi del 1980, non c’erano ancora le 150 ore) e con ragazzi ribelli e divertenti che facevano tutt’altro che studiare.
La personalità di Pierino mi aveva colpito fin da allora per il continuo rimescolarsi nei suoi racconti della vita di fabbrica, delle lotte sindacali, della difesa dei diritti operai e dell’arte che si univano inscindibilmente. Credo facesse l’operaio così come dipingeva un quadro.
Quando l’ho conosciuto di-segnava nature morte, conchiglie color sanguigno che mi piacevano molto e mi trasmettevano un senso di ri-flessione e solitudine. Una volta arrivò alla sede delle Acli entusiasta. Aveva concluso il suo ultimo quadro. Ci portò tutti a casa sua a vederlo e rimanemmo senza parole. Un grande scheletro stava seduto nella tela sorretto dallo scudo. Non ho mai capito bene se volesse significare un trionfo della morte ispirato ai classici o la fine di chi combatte con le armi.
Noi rimanemmo sconvolti, ma Pierino aveva anche un’ironia sottile che nascondeva sotto la barba ma traspariva dagli occhi azzurri e luminosi. Forse voleva vedere che effetto ci avrebbe fatto quel quadro.
In seguito passò alle incisioni e ricordo di esser stato nella sua cantina con un Pierino entusiasta che si era costruito un tornio da sé. Poi i diversi percorsi ci hanno allontanato l’uno dall’altro e riunito ne “Il Ponte”.
Ci incontravamo in piazza il sabato, quando io andavo a comprare il giornale e lui a portare a passeggio il suo cagnolino. A volte la fretta mi rincorreva, ma c’era sempre modo di scambiare una battuta.
Anche oggi è sabato ed an-drò a comprare il giornale.
Cristoforo |