Un gioco da ragazzi.
Per non dimenticare


La testimonianza diretta è ciò che spesso manca, ai giovani che non sanno davvero che cos’è la droga.
Eppure ne conoscono l’esistenza, anche se purtroppo non sempre ne accolgono il divieto per cui è meglio non accedervi. Quell’incubo troppe volte taciuto, per pudore o menzogna, è tale da far sentire oggi pure chi accidentalmente vi si addentra, paradossalmente estraneo alla condizione stessa di tossicodipendente. Succede un po’ troppo spesso nell’attualità che non capisce e ignora, che le sostanze cambino come cambiano i costumi sociali, tendenzialmente più benestanti e superficialmente lontani nel nuovo millennio dai cliché sedimentati in passato dell’emarginazione e del degrado per abuso di stupefacenti; e che forse tuttora vengono a galla soltanto quando ormai è troppo tardi per poter tornare indietro.
Rendersi conto di quello che ha voluto dire per molti il dramma dell’eroina a partire dagli anni Settanta apre uno scorcio sull’abisso di ciò che forse vorrebbe servire da monito per gli altri, per le nuove generazioni che oggi, più che mai, dovrebbero sapere che lo stesso è il prezzo da pagare.
Un gioco da ragazzi mostra un tassello sulla vicenda in rapporto al territorio in cui si sviluppa, e allo stesso contesto sociale che nemmeno ha visto escluso Sant’Angelo Lodigiano o qualsiasi altro paese dell’allora provincia di Milano, da ciò che viene raccontato qui in prima persona.
Ruggero Marinello, classe 1962, tocca con mano la cruda verità che lo ha visto per anni dalla parte sbagliata della strada, e ai dati storici di un piccolo Vietnam troppe volte lasciato correre, infila le pagine personali di un’amara consapevolezza del risveglio, tra le ceneri di un in-cendio che nessuno si era preoccupato di spegnere.
E dal volumetto ne deriva la stessa intensità di un poderoso tomo, in uno scottante documento di grande sensibilità, emotivamente forte e straordinariamente vivo.
Credevamo di giocare ancora e in un certo senso era proprio così, solo che non ci eravamo accorti che a quel punto giocavamo a qualcosa di molto simile alla roulette russa, senza capire o senza voler ammettere che il dito che tirava il grilletto era proprio il nostro. Andammo avanti a vivere così con l’infelicità che ci bruciava e la nostra città ci vedeva sparire e noi la vedevamo morire a sua volta, destinata a diventare sempre più anonima e qualunquista e incapace di farsi domande sui come e sui perché. Per molti di noi, anche l’eroina, come la politica, rimase per sempre un gioco da ragazzi, perché non ebbero più l’occasione per diventare adulti”.
Un libro da leggere per non dimenticare, e conoscere che scegliere di vivere in fondo, dipende soprattutto da noi.
Matteo Fratti

Ruggero Marinello, Un gioco da ragazzi, Torpedo Edizioni, Melegnano 2006, euro 12