Scarseggia la capacità di progettare con ampie vedute

Quale cultura per Sant’Angelo?

Feste tradizionali, eventi, espressioni e
divulgazioni artistiche debbono essere adeguate alle
esigenze ed ai bisogni della nostra comunità

Quando si vuol parlare di cultura è sempre buona regola, prima di ogni altra cosa, chiarire i termini del proprio discorso.
La cultura, così come ci proponiamo di intenderla, non è un momento a parte della vita quotidiana né un sapere custodito e amministrato da pochi intellettuali; riguarda piuttosto un complesso di conoscenze di carattere artistico, storico, tecnico-scientifico in grado di determinare la personalità di un individuo, caratterizzare la vita sociale di una comunità o distinguere la presenza di un popolo in una data epoca. Conoscenza, quindi, ma non solo: se la cultura avesse a che fare unicamente con l’accumulazione di sapere sarebbe una cosa lasciata a metà.
Cultura è anche il modo in cui si esprime quel sapere, la sua messa in forma nel contesto quotidiano e deve essere, come detto, elemento determinante nella formazione di un’identità individuale o collettiva.
Per semplificare (e per chiudere un noioso prologo) possiamo distinguere tra cultura “in entrata” (quella che arriva dall’esterno e grazie al confronto con altre realtà finisce nel nostro bagaglio) e cultura “in uscita” (attraverso cui noi stessi tratteggiamo un processo di autodeterminazione). In una cittadina di piccole-medie dimensioni, la cultura “in uscita” è legata a doppio filo con la festa rituale, le tradizioni e i costumi popolari. Possiamo partire da qui per interrogarci sulla condizione culturale di Sant’Angelo, e già ci accorgiamo che non siamo messi bene.



Una immagine della Fiera di Maggio 2006
Una foto d’epoca della festa di San Rocco negli anni ‘50

Le feste tradizionali sono, a Sant’Angelo, tutte riconducibili all’ambito religioso, e in questi casi non è certo il rito liturgico a poter essere messo in discussione; è invece il rito profano, la festa laica che sta attorno alla cerimonia religiosa e che ormai è quasi del tutto inesistente. Pensiamo solo alla festa del patrono e al caratteristico Festòn, sempre più immiserito. Non è certo la partecipazione popolare a mancare in queste ricorrenze; quello che manca è la capacità di rafforzare i riti esistenti e di attribuire loro un carattere forte che li renda riconoscibili. Anno dopo anno, invece, a Sant’Angelo nessuno sa dire nemmeno se ci saranno le bancarelle di Santa Lucia il prossimo 13 dicembre: tutto è preparato un po’ alla bell’e meglio a ridosso di ogni ricorrenza e, se anche capita l’occasione in cui la festa è ben riuscita, quello che si farà il prossimo anno è del tutto incerto. Proprio l’assenza di punti di riferimento rende difficile parlare di tradizioni, e quindi di cultura.
Una situazione del genere, riferita ai riti che dovrebbero essere già consolidati, rende improbabile la possibilità di accudire la nascita di nuovi eventi festivi. Un esempio anche in questo caso: la Fiera di Maggio vive, in assoluta precarietà, gli umori e gli entusiasmi del momento e nessuno può affermare con certezza che sopravvivrà all’Amministrazione comunale di turno, in quanto non è assunta dalla collettività come tratto peculiare che è necessario tramandare. Non di-segna un’indole identificante, ma si limita a registrare una disposizione passeggera e soggetta a continui sali-scendi. Il cosiddetto Maggio Barasino potrebbe diventare un ottimo contenitore per le espressioni culturali di Sant’Angelo, ma chi può dire come sarà caratterizzato il prossimo anno e chi ne sarà coinvolto, sempre ammesso che ci sarà?
Sarebbe un bene se queste situazioni fossero dovute ad una voglia di continuo rinnovamento. La verità è che scarseggia la capacità di progettare con ampie vedute.
Parliamo ora di cultura “in entrata”, o almeno di un suo aspetto, quello che si riferisce al campo dell’arte.
Per quanto riguarda l’espressione e divulgazione artistica, a Sant’Angelo anche questi eventi, quando ci sono, restano legati all’occasione: mai che si tratti di un’offerta coerente e meditata. La rassegna teatrale che si è svolta l’anno scorso al Cupolone è stata un segno di intraprendenza da parte dell’Amministrazione comunale, è vero, ed è stata snobbata dai santangiolini. C’è da chiedersi il perché. Forse uno dei motivi è che si è trattato di un affastellamento casuale di spettacoli e compagnie più che di una rassegna opportunamente concepita e strutturata. Sotto l’aspetto culturale si crede spesso che una città debba bastare a se stessa e trovare al proprio interno tutte le risorse, soprattutto umane. Ma la definizione di una propria identità culturale non ha niente a che fare con queste tendenze autarchiche. Sarebbe molto più proficuo trovare la collaborazione di esperti esterni, laddove queste figure non fossero presenti, in grado di concepire una proposta culturale adeguata alle esigenze e ai bisogni della comunità.

Le bancarelle di Santa Lucia in viale Partigiani
Un concerto sinfonico in Basilica



Una scena di teatro dialettale

Lo sviluppo e la diffusione di sapere artistico, invece, sono perlopiù lasciati alla buona volontà di associazioni culturali che non hanno i mezzi per affrontare una sfida di ampio respiro. Queste associazioni soffrono dei limiti strutturali che le contraddistinguono (per esempio sono costituite da volontari) e se non bastasse, spesso si pretende di invertire il “senso di marcia” che sarebbe di loro prevalente pertinenza. Così sulle associazioni che dovrebbero occuparsi di cultura “in uscita” (gruppi teatrali, musicali e di espressione culturale in genere) si carica anche tutto il peso della divulgazione; viceversa, alle associazioni che potrebbero essere la corsia preferenziale per informare Sant’Angelo e abituarla al confronto, si chiede di creare le strutture per rappresentare la città e presentarla all’esterno.
La sola presenza di queste associazioni sta comunque a dimostrare che a Sant’Angelo la voglia di fare e scambiare cultura non manca: spesso il problema non è di dare vita a nuove realtà, ma di offrire supporto a quelle già esistenti, lasciandole libere di perseguire i propri fini associativi. In ogni caso, la responsabilità di creare un’identità culturale condivisa dalla comunità barasina è un compito che deve essere assunto in primo luogo dalle istituzioni, nell’ascolto e nel rispetto delle identità dei gruppi cittadini.
Non lasciamoci avvilire: gli esempi di dinamicità culturale ben incanalata a Sant’Angelo potrebbero essere diversi. La Fiera di San Rocco è stata, negli ultimi anni, un modello virtuoso di collaborazione tra Amministra-zione e cittadinanza per ridare vitalità ad una tradizione ancora sentita ma che per molto tempo era stata lasciata cadere. Ci sono poi le serate di approfondimento, le mostre e gli spettacoli, che non elenchiamo proprio per evitare imbarazzanti dimenticanze.
Purtroppo, però, noi santangiolini soffriamo anche di un certo entusiasmo che si infiamma e brucia velocemente, senza la costanza di dare continuità alle proposte più valide, ma contribuendo a creare quell’effetto di “cultura a intermittenza” che impedisce alla nostra città di mostrare tutto il bello di se stessa.
Giuseppe Sommariva