L’esperienza volontaria di Matteo e Simona Cavallini al seguito di
“Overland for Smile”
Con Overland in Romania per riscoprire il sorriso dei bimbi
Matteo Cavallini
La vera avventura non è mai fine a se stessa. Si prefigge uno scopo, che può essere pure disinteressato, ma che ha sempre un fondo di grande umanità. Con le loro spedizioni i quattro veicoli fuoristrada arancione nati per l’avventura in casa Fiat Iveco, nel 1995 furono noti ai più per la famosa serie Overland di oltre cinquanta puntate attraverso il mondo, trasmessa dalla RAI fino allo scorso 2005.
Le missioni di questi mezzi attraverso le zone più impervie del globo hanno operato con l’Unicef per proteggere i diritti dei bambini, arrivando a conoscere profondamente le diverse realtà dell’infanzia nei paesi attraversati.
Nelle parole del santangiolino Matteo Cavallini la testimonianza diretta di un supporto professionale volontario, in ciò che dal 1999 la stessa organizzazione di Overland ha trasformato in progetti di assistenza e protezione dei bambini lasciati in orfanotrofi istituzionalizzati o abbandonati, offrendo la possibilità di poter contribuire insieme all’ente A.Mo - Attraverso il Mondo per un sorriso - al piano Overland for Smile.
Rivolto ai medici ed igienisti dentali per il giugno e il settembre 2006, il programma si è prefissato l’intervento in territorio romeno per la cura e la prevenzione delle patologie odontoiatriche sui minori tra i cinque e i diciotto anni, in un percorso di attraversamento nel paese dell’Est Europeo.
Pronto a ritornarci, Matteo Cavallini ci racconta le impressioni di un’estate diversa al seguito della spedizione per regalare un sorriso. E a sua volta, lo riscopre…
Sopra Matteo Cavallini e la sorella Simona, intenti a svolgere il loro
compito umanitario per la cura e la prevenzione delle patologie odontoiatriche
Per chi non lo sapesse o l’ha visto di sfuggita in TV, che cos’è Overland?
“Overland era un’organizzazione ideata da Beppe Tenti, che aveva come scopo la scoperta del nostro pianeta attraverso percorsi inconsueti, facendosi portavoce dell’Unicef”.
Di che cosa si occupava questa volta la “missione” a cui ti sei aggregato come volontario?
“Ora, grazie a persone come il dottor Lionello Grosso, presidente di Overland for Smile, Overland è diventata in collaborazione con A.Mo. un importante progetto per la salute dentale dei bambini ospiti degli istituti dell’Est Europeo, che ha sostituito i famosi mezzi fuoristrada con un camion at-trezzato con tre poltrone odontoiatriche e strumenti professionali di ultima generazione”.
Cosa ti ha spinto a intraprendere questo tipo di esperienza?
“Ci ha spinti a partecipare al progetto l’esigenza di avere delle gratificazioni pura-mente umane dal nostro lavoro e la voglia di sentire a fondo l’utilità di essere medici”.
Come o tramite chi ne sei rimasto coinvolto?
“Io e mia sorella Simona siamo venuti a contatto con Overland for Smile tramite la vice presidente Cinzia Prazoli di Piacenza e dal santangiolino acquisito dottor Guido Lucconi, direttore della Pianificazione delle Risorse Umane di Overland for Smile”.
La tua professione è stata un fattore discriminante per poter partecipare a questo progetto?
“Hanno potuto partecipare alla missione odontoiatri con almeno tre anni di esperienza, assistenti alla poltrona e igieniste dentali”.
In quali zone avete operato?
“Quest’anno Overland for Smile è partito da Bucarest ed è passato da Brasov, Iasi, Suceava, Orade, Cluj Napoca, Hunedoara, Albajulia, Timsoara, per poi ritornare a Bucarest”.
Cosa ti piace raccontare di queste località?
“Ci piace raccontare del contatto umano avuto con i bambini e il nostro giocare con loro prima di curarli. Un episodio che ricordo è quando siamo arrivati in uno dei primi orfanotrofi, che ospitava più di 100 bambini. L’istituto assomigliava molto ad un carcere e la cosa che più impressionava era che regnava il silenzio assoluto. Una volta entrati ci si sono presentati davanti i bambini tutti rigorosamente in fila, avevano dai tre ai sei anni, erano impauriti e sospettosi. Per avvicinarli abbiamo messo su dei tavolini fogli e pennarelli, e per rompere gli indugi, al posto degli strumenti professionali, per spostare la lingua e visitarli abbiamo usato dei leccalecca: dopo pochi minuti regnava il caos completo, abbiamo giocato con loro per ore e quel giorno penso di aver ri-cevuto baci e abbracci che non riceverò più tutti insieme per tutta la vita!”.
Cosa invece ti ha colpito sensibilmente?
“Mi ha colpito il modo in cui i bambini sono costretti a vivere in alcuni orfanotrofi, e il loro stupore nel vedere che un uomo può accarezzarli e abbracciarli senza secondi fini, ma solo per dar loro af-fetto, ma soprattutto la loro voglia di amore e di una famiglia”.
Infine, volevo chiederti cosa ti porti a casa e che cosa invece puoi dire di aver lasciato là…
“Da questa esperienza di sicuro ho portato a casa il sorriso dei bambini, penso di aver imparato a godere di più della quotidianità e ad avere un rapporto più semplice ma completo con i miei pazienti e con chi mi sta vicino, mentre là ho lasciato la voglia di ritornarci per continuare questo progetto che mi ha dato tanto”.
Come mi avevi anticipato allora, quando ritornerai?
“Ritornerò a Bucarest a fine settembre e porterò i vostri saluti a tutti i miei bambini!”.
Matteo Fratti