Al museo dell’agricoltura rimessa in funzione una vecchia sgranatrice

La festa del mais e della polenta


La macchina per la sgranatura del grano rimessa in moto (foto Elia Saletta)

Vedere macchine agricole d’epoca, ferme ed immobili nel cortile di un castello può essere interessante, ma vedere delle macchine che si rimettono in moto, riprendono vita, creando tra il pubblico un’euforia inaspettata è cosa davvero stimolante.
E’ successo a Sant’Angelo Lodigiano nel Museo lombardo di storia dell’agricoltura ospitato negli spazi del castello Morando Bolognini. Infatti il prof. Gaetano Forni con l’aiuto di alcune associazioni di volontariato locali (Associazione nazionale disegno macchine, Amici del castello e Wwf, oltre a numerosi sponsor istituzionali e non) è riuscito ad organizzare una giornata di living museum (museo vivente) dedicato al mais e alla polenta.
Ma ancora una volta, al di là dell’interesse che suscita l’intero museo con il percorso di storia dell’aratro, dei carri e con gli approfondimenti dedicati alla cascina, all’irrigazione, agli strumenti di misura e al mais, noi vogliamo parlare solo di pochi oggetti che ci hanno colpito.
La macchina che si è rimessa in moto, dopo decenni di silenzio era adibita alla sgranatura. Grande quanto una vecchia locomotiva sbuffava e lanciava un suono ritmico prodotto dalle cinghie e dagli ingranaggi che giravano. Si tratta di una sgranatrice “Casali”, datata 1931 e denominata secondo lo stile dell’epoca “insuperabile e invincibile”. Una locomotiva da campo arancione che prendeva pannocchie e restituiva il mais direttamente nel sacco. “Si tratta di macchine tradizionali, costruite in Italia - commenta il prof. Gaetano Forni - e a diffusione locale. Praticamente le avevano tutti i fittabili. Poi c’erano anche macchine più complesse come la trebbiatrice Morzenti, anch’essa ospitata nel cortile del museo. Queste macchine per la sfogliatura e la sgranatura delle pannocchie, per correttezza si dovrebbe dire spighe, ben si adattavano alla diffusa coltura Lodigiana del mais per produrre polenta”.
La macchina conservata sotto il portico, ora a energia elettrica, si è quindi rimessa in azione.
E’ stata però accompagnata anche da un’altra piccola sorpresa. Una specie di parallelepipedo marrone scuro con due grandi ruote ai lati, due fori sul lato superiore e uno scivolo laterale. Una sgranatrice manuale che ha fatto la felicità dei bambini e ragazzi presenti alla dimostrazione.
Le pannocchie entravano integre dall’alto per uscire sgranate dallo scivolo. In molti hanno voluto provare il meccanismo dell’energica ruota per realizzare il lavoro agricolo.
Il prof. Gaetano Forni però, in una giornata speciale che ha visto il museo gremito di visitatori, ha voluto mostrarci un altro reperto presente nel museo. Si tratta della riproduzione di illustrazioni dedicate ai dodici mesi tratte dal libro di Felipe Gnaman Poma de Ayala e donate dal Musée de l’homme di Parigi. L’autore fu un gesuita indigeno, che scrisse un libro per denunciare le angherie degli spagnoli nei confronti del popolo Inca. Naturalmente il libro sparì e per secoli nessuno potè più leggerlo fino al ritrovamento di una copia alla biblioteca di Copenaghen alla fine dell’Ottocento e poi ristampato a Parigi.
Insomma un modo per dire che le pannocchie di mais sgranate in allegria nel cortile del castello Bolognini in realtà venivano da molto lontano. Dagli Inca addirittura.
Cristoforo Vecchietti