Inedita mostra di “Africa Chiama” sull’architettura in Africa Occidentale
Il gruppo missionario Africa Chiama ha portato ancora a Sant’Angelo l’eco di terre lontane, questa volta con una mostra intitolata “Costruire e Ricostruire – Architetture in terra in Africa occidentale”, organizzata dal 17 al 24 ottobre presso la sala convegni della Banca Popolare di Lodi.
L’esposizione è stata strutturata su un percorso fotografico, il supporto per illustrare le costruzioni in terra o mattoni crudi che caratterizzano l’architettura di molte popolazioni africane.
L’area abbracciata dalla mostra è stata quella al di sopra del Golfo di Guinea, comprendente Ghana, Togo e Benin, la parte nord-occidentale della Nigeria e le zone meridionali di Niger e Mali. Basta dare un’occhiata alle mappe per accorgersi che al centro della cornice c’è il Burkina Faso, area di intervento dei volontari barasini.
La mostra è nata dall’esigenza di correggere un errore di valutazione molto diffuso. Siamo infatti abituati a conoscere i monumenti dell’antico Egitto e le architetture romana, berbera e araba del Nord Africa, ma consideriamo l’Africa Nera e occidentale come aree poco più che primitive. L’equivoco nasce dal fatto che nella nostra cultura la terra è stata abbandonata in epoche remote, ed il suo utilizzo come unico materiale da costruzione è interpretato come un ritorno alle caverne.
In Africa, invece, il rapporto con la terra non ha mai smesso di informare lo sviluppo delle civiltà, così che la moschea di Agades, le dimore dipinte dei Kassena o i villaggi Dogon non sono meno rappresentativi dello spirito dei popoli che non le nostre cattedrali o i moderni grattacieli.
Se per Eschilo l’atto di costruire con la terra racchiude una particolare magia, le architetture in Africa occidentale sfiorano i limiti tra costruzione e natura, risolvendo quell’eterno conflitto che ha definito la storia di tutta l’architettura europea.
Giuseppe Sommariva
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