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Una tradizione tipicamente santangiolina ormai in via d’estinzione che caratterizzava l’economia del paese nei lunghi mesi invernali. I viaggi in Piemonte per acquistare i migliori marroni, solo al termine di lunghe tiritere; i pomeriggi sonnacchiosi d’autunno passati attorno alla stufa a infilsà; le fiere e i mercati di mezza Lombardia che permettevano di salvare la stagione, al termine della quale si spaccava sul tavolo la botte piena di quattrini e si spartivano i guadagni.
Proprio la fine dell’autunno e l’arrivo dei rigori invernali segnavano un tempo, una stagione particolare, quella in cui dopo aver preparato i filsòn con un lungo ed elaborato procedimento, gli abili mercanti lasciavano il Lambro, il Castello, la casa della Santa, e si dirigevano a vendere il loro tesoro. Tra le prime fiere, ad aprire la stagione, quella di Sant’Ambrogio a Milano. Gli “Oh bei! Oh bei!” costituiva un banco di prova per l’intera annata, ma anche un’occasione ghiotta per vendere una mercanzia unica nel suo genere.
E poi, passato il Natale, la festa di San Bassiano a Lodi, dove fra la trippa fumante e le bancarelle dei dolciumi non potevano mancare i filsunè santangiolini, che arrivavano di buon mattino con le scorbe colme di filsòn e la sera “levavano le tende” cun le sacòce piène de danè. |
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