C’eravamo visti forse sul finir dell’estate, che c’era ancora il sole. Ma ho sempre alla mente i giorni in cui siamo cresciuti, poco più che bambini, a fare gli scouts. Complice un sorriso o una battuta, oggi come allora, neanche fossero vent’anni fa.
Te ne sei andato via senza salutare, un giorno d’inverno, che era quasi Natale. Ma forse poi mi sono sbagliato, in realtà ci siamo salutati.
Soltanto, ce ne siamo accorti dopo, tutti quanti. E ci pensiamo ancora: un sorriso, un abbraccio, una stretta di mano, a chi ti è vicino o a chi per anni sapeva che eri Ruggero. Lo sei sempre e per chi ti conosce, a Sant’Angelo o fuori. E ti ricorda, per le storie di vita, passata o presente, e d’impegno sportivo nelle squadre di calcio o della palestra, che è diventata poi il tuo lavoro, oltre la laurea all’Isef e a quello di casa, con tuo papà al mercato dei formaggi.
Ti lasciamo, nell’assenza di un mattino, sempre presente in chi per quel 22 dicembre partecipa di un composto dolore.
Un saluto che si rinnova e va ancora col pensiero a quel gioco di ragazzi, col fazzolettone al collo, non ancora cresciuti per essere uomini e neppure così piccoli da essere bambini. Quel pomeriggio alla vigilia di Natale, probabilmente ci siamo salutati così, alzando le tre dita tra pollice e mignolo abbassati, come facevamo al tempo dei nostri giorni migliori.
Avevo un fazzolettone verde e giallo che non ho indossato. Ce l’avevo in tasca, e tanto bastava.
Matteo Fratti
(ex scout)
Ruggero ritratto con la squadriglia “Cinghiali” degli scout santangiolini, nel 1989
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