Quando non c’erano ancora l’e-mail ed i messaggini telefonici...
L’epistolario di due giovani, Stefano e Maria, è ricomparso nella fessura di muro, in un edificio, in ristrutturazione, del centro storico
“Signor Pietro, venga a vedere cosa ho trovato!”. La sorpresa di Giuseppe, uno degli addetti alla ristrutturazione dello stabile di via Umberto I, è grande: nell’intercapedine di due mattoni, quasi per incanto, spunta un piccolo rotolo di lettere sgualcite e ingiallite dal tempo.
L’edificio in ristrutturazione è quello che, nel passato, delimitava da un lato, la porta detta di “Santa Cristina”, il varco d’ingresso, attraverso le mura spagnole, per accedere al ricetto bastionato di Sant’Angelo. Un edificio storico, le cui fondamenta appartengono all’epoca della dominazione spagnola, come è dimostrato ancora oggi dalla presenza, in un cortiletto, di una colonna di granito, con un sovrastante cinquecentesco capitello scudato recante le insegne della famiglia Beccaria (il tutto opportunamente conservato dai lavori di ristrutturazione).
Non è la prima scoperta che avviene durante i lavori in quella casa, precedentemente si sono rinvenuti oggetti importanti come l’elsa arrugginita di una spada e un’enigmatica mattonella con impresso lo stemma dei templari, ma sono quelle lettere a suscitare la curiosità, quasi che il loro contenuto possa nascondere qualche antica intrigante avventura, una sorta di “gossip” d’altri tempi.
Le lettere
Il plico contiene una parte dell’epistolario amoroso tra Stefano e Maria, due giovani vissuti all’inizio del 1900 nella nostra borgata, lettere che la ragazza ha conservato gelosamente in quella fessura del muro. Nonostante l’esiguità delle lettere rinvenute, è possibile ricostruire la storia d’amore di questa coppia di cento anni fa.
La prima lettera, scritta in bella calligrafia, porta la data del 9 ottobre 1906 e contiene la risposta del giovane ad una missiva della “Bella Maria”, nella quale Stefano intuisce che i suoi sentimenti sono ricambiati. Una poetica frase conclude il testo: “Non disprezzare i fiorellini che troverai nella lettera, perché è il simbolo della stretta amicizia e del pensier mio rivolto a te”.
Il 28 dicembre dello stesso anno, le espressioni della lettera di Stefano hanno un accento timoroso, perché qualcosa sembra ostacolare la loro unione: “Comprendo che prima che ci uniremo ci saranno degli ostacoli da oltrepassare, ma saremo forti e uniti e li vinceremo”.
Passano cinque mesi prima dell’invio della terza lettera, che porta la data 5 luglio 1907, spedita a mezzo posta a Savona, dove probabilmente la ragazza è in vacanza. Il tono è quello di un uomo pazzamente innamorato: “Se lei, o Angelo di tutte le donne, acconsente, mi scriverà una riposta non mi lascerà più penare come ha fatto fin adesso, ma se lei mi respingerà sarà una cosa amara molto amara, guarderò di dimenticare ma sarà per la mia anima un colpo fatale”. Non si capisce cosa sia nel frattempo accaduto perché Stefano conclude: “Raccomando il silenzio perché qualunque cosa sarebbe per noi fatale”.
Stefano intuisce che la relazione non ha la possibilità di continuare e il 22 agosto 1907 scrive: “Prima che succeda qualcosa di anormale tanto per me come per te, abbiamo più interesse a lasciarci. Brucia tutte le lettere, cartoline, ritratti e spero che lo farai perché le tue sono già in cenere”.
Maria non obbedirà alla richiesta di Stefano, perché conserverà gelosamente le lettere in quella fessura del muro, una specie di scrigno segreto.
“La sera dell’11 dicembre 1907, mercoledì”, Stefano scrive a Maria ponendo definitivamente fine alla loro breve e sfortunata storia d’amore. “Con molto rammarico l’invio questa mia per comunicargli che fra noi non bisogna che ci sia più nessun rapporto di sorta. L’offesa ricevuta dalla sua educata signora mi à tanto mortificato che io la ritengo la più vile maleducata delle donne. L’ho compatita perché era una donna, altrimenti le rispondevo a suo merito. Addio, dimentichiamo tutto”.
I protagonisti
Per saperne di più sui due giovani innamorati, ci siamo spinti a consultare lo Stato d’Anime della Parrocchia, l’unica fonte dalla quale si può attingere queste informazioni.
Sull’identità di Stefano, non è stato possibile conoscere niente, mancando la precisazione del cognome ed essendo la corrispondenza senza l’indirizzo del mittente.
Per quanto riguarda Maria, facendo tesoro dell’indirizzo apposto, la ricerca ha chiarito che nell’anno 1906, la ragazza aveva 17 anni ed abitava in un cortile di piazza Crocetta al n. 4 (l’attuale piazza Caduti).
Il nucleo familiare era composto dal papà Francesco di anni 56, dalla mamma Giuseppina e dalla sorella Emilia di anni 21. Il padre è indicato come “servitore” di una famiglia benestante, che il documento esaminato indica come “possidente”.
Per comprensibili motivi, omettiamo le generalità dei protagonisti della storia.
Ecco descritto l’ambiente in cui è maturato il divieto categorico della “signora padrona” di continuare la relazione con Stefano; possiamo pensare che il motivo fosse dovuto alla giovane età della ragazza.
Rimane il mistero di come quelle lettere siano finite in quell’intercapedine di muro di un altro posto, lo stabile di via Umberto I.
La ricerca non ha prodotto nessun risultato e, quindi, si può supporre che la ragazza, diventata adulta, abbia pure lei intrapreso la professione di “servitrice” nell’edifico adibito a trattoria all’insegna del “Leon d’Oro”, conservando il ricordo di quell’amore giovanile.
Oggi e-mail e sms
“Non c’è paese sulla terra in cui l’amore non abbia reso gli amanti poeti”, così scriveva Voltaire. L’epistolario dei due giovani barasini, due innamorati “qualunque”, come tanti ne ha contati la storia del mondo, ne è la prova più palpitante.
Quante tracce rimarranno oggi dei messaggi telematici che le persone si scambiano in ogni momento della giornata? Sono pochi quelli che conservano la posta elettronica, a maggior ragione i messaggini telefonici, che durano lo spazio di un mattino.
Dobbiamo rassegnarci ad un futuro privo di queste lettere ingiallite e di persone che pazientemente si occupano di decifrare e ricostruire storie, forse banali ed ingenue, ma specchio di un’epoca che non torna più.
Leggiamoli, dunque, questi epistolari amorosi, forse in futuro non ce ne saranno più…
Antonio Saletta
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Dall’alto: l’interessante mattonella, ritrovata nell’edifico in ristrutturazione, con impresso lo stemma dei templari e il portone d’accesso all’osteria “Leon d’Oro” dall’adiacente vicolo Mercato del Grano
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Il capitello cinquecentesco recante lo stemma della famiglia Beccaria, collocato nel cortiletto dello stabile.
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