Sensori salvavita sulle auto: la sfida di Pietro Cerri

Giovani eccellenze santangioline


“Per la guida completamente automatizzata dei veicoli le stime più ottimistiche parlano di 20-30 anni. Forse non ci si arriverà mai completamente, tenendo con-to che ci sono troppe variabili imponderabili - come, per esempio, il comportamento degli altri automobilisti. Di certo, si può lavorare in quella direzione e assistere la guida il più possibile con la tecnologia”. Pietro Cerri, ricercatore presso il laboratorio Vislab dell’Università di Parma, di questo si occupa: automazione di veicoli stradali. In altre parole, lo studio e la sperimentazione di progetti per raggiungere la “guida senza pilota”. Un campo in cui si fondono le più avanzate conoscenze in-gegneristiche e informatiche, e che ha nel Vislab l’esponente di punta del panorama italiano. Quest’ultima considerazione deve, per la verità, essere dedotta da quello che Pietro Cerri ha raccontato a “Il Ponte”: è quasi restio a riconoscere il campo di eccellenza in cui lavora. Nelle sue parole, infatti, si coglie solo la passione per il proprio lavoro, o al massimo la soddisfazione per i risultati raggiunti; mai autocompiacimento.
Pietro Cerri si laurea in ingegneria informatica presso l’Università di Pavia quattro anni fa. La sua tesi presentava un progetto in cui telecamere a infrarossi analizzano l’ambiente stradale per riconoscere i pedoni. L’ottimo studio condotto da Cerri lo porta a Parma a proseguire i suoi studi di dottorato, insieme al suo relatore, il professor Broggi, uno dei massimi esperti al mondo nel settore e direttore del Vislab.


Pietro Cerri in un momento di sperimentazione su un’autovettura

Qui il lavoro è tanto e i progetti, anche non solo nel campo dell’automazione dei veicoli stradali, sono innumerevoli.
Il principale settore di ricerca per Cerri è “datafusion”, ovvero la fusione e l’integrazione di informazioni provenienti da diversi sensori (telecamere, laser, radar).
Il suo lavoro lo porta a concentrarsi in particolare sulla visione artificiale, per far sì che dispositivi automatici entrino in funzione quando percepiscono un pericolo in modo da assistere il guidatore. “Per esempio” spiega Cerri “se un pedone sbuca all’improvviso, ecco che i nostri sensori devono saperlo riconoscere, comunicare all’autista il pericolo, ed eventualmente intervenire con una frenata automatica. E’ una questione di decimi o centesimi di secondo”.
Gli ottimi risultati del Vislab hanno anche portato Cerri in giro per il mondo. L’Europa soprattutto, per partecipare, specie in Germania e Olanda, a conferenze scientifiche per la presentazione dei lavori del laboratorio. Poi Stati Uniti, in Nevada e Missouri, per misurarsi nella “Grand Challenge”, una gara con oltre 103 squadre partecipanti finanziata in parte dal ministero della Difesa americano: una competizione tra veicoli autoguidati su percorsi di vario genere, in cui il Vislab collaborava con una squadra americana. “Dovetti recarmi sul posto per circa 10 giorni per sistemare tutto con i colleghi americani prima della gara” spiega Cerri. “Mi alzavo alle 5, mi collegavo con Parma e poi portavo il lavoro prodotto ai nostri compagni americani nel pomeriggio, e si lavorava poi fino a sera. Massacrante, ma un’esperienza gratificante come poche. Anche se, alla fine, non vincemmo la gara per colpa, una volta tanto, degli americani e non nostra”.
Tra le sue mete, anche la Corea del Sud: un gruppo collegato al colosso Hyundai è tra i principali clienti del Vislab. “Ecco, se ci vengono a cercare dalla Corea vuol dire che comunque male non siamo” ammette alla fine Cerri. Il rapporto con i Coreani e in generale con clienti e aziende estere è fondamentale, e ci porta al triste primato negativo dell’Italia nei finanziamenti alla ricerca scientifica. “Oltre il 70% del nostro bilancio è coperto dall’estero. Dall’Italia, sia si tratti di strutture pubbliche, come l’università, o private, come per esempio il centro ricerche FIAT, arrivano le briciole”. È anche dovuto a questa relativa mancanza di prospettive che molti brillanti ricercatori abbandonano il nostro paese, in cerca di un futuro più sicuro e una maggiore riconoscimento del loro lavoro all’estero.
Una mancanza di prospettive che non si può imputare solo alla mancanza oggettiva di fondi: “Abbiamo presentato un progetto per ottenere finanziamenti. In Italia, siamo arrivati quarti, non abbastanza per ricevere alcunché. Presentatolo poi in Europa, siamo arrivati primi…evidentemente qualcun altro, al di là del merito, doveva avere quel finanziamento”.
Tra i suoi progetti futuri, quello del cosiddetto “spin-off”, ovvero, la trasformazione del gruppo di ricerca in un’azienda vera e propria, seppur ancora legata all’Uni-versità di Parma. “Ci sono dei progetti già in fase avanzata e altri che sono invece già prodotti pronti per il mercato. Stiamo curando l’ADAS - Advanced Driving Assistance System - che speriamo abbia successo visto la fama del nostro laboratorio, anche a livello internazionale”.
Ovviamente, i carichi di lavoro possono essere notevoli: “Ti può capitare di fare le tue otto ore e andare a casa, ma sono un’eccezione, non la regola. Tuttavia” continua Cerri “mi piace quel che faccio, lo faccio con passione e vedo ripagata anche la frustrazione di dover cancellare a volte un progetto su cui ho lavorato per mesi. Fa parte del gioco”.
Se mai si arriverà ad avere macchine che guidano da sole, sappiamo che un santangiolino vi avrà dato un notevole contributo.
Massimo Ramaioli


Pietro Cerri