L’ingegnere che studia il cuore, la bella storia di Annalisa Quaini

Giovani eccellenze santangioline


È proprio vero che, quando si è padroni di una determinata disciplina o argomento, uno dei principali sintomi di tale padronanza e chiarezza di idee è la capacità di trasmettere, per quanto possibile, il proprio sapere anche a neofiti - interlocutori completamente a digiuno delle complessità della materia.
Annalisa Quaini, neo dottore di ricerca presso il centro di ricerca dell’Università di Losanna, è riuscita a spiegare con poche, efficaci parole l’argomento della sua tesi di dottorato “Interazione fluido-struttura in emodinamica”. Lungi dal barricarsi dietro tecnicismi e quanto più possibile distante dallo stereotipo dello scienziato chiuso nel suo laboratorio, Annalisa dimostra con la semplicità del suo discorso e la vivacità dell’esposizione quanto affermato all’inizio.
La chiacchierata con “Il Ponte” ci ha offerto la possibilità di conoscere questa giovane e brillante ricercatrice: “Essenzialmente, studio il comportamento del fluido sanguineo e la sua interazione con le pareti di arterie e vene: a differenza dell’acqua che scorre in tubo di metallo - fondamentalmente indeformabile dal flusso al suo interno - i vasi sanguinei rispondono invece in maniera significativa allo scorrere del sangue. Si possono contrarre, espandere, allungarsi. Il come e in che misura questo avviene è quello di cui io mi occupo”. Medicina o ingegneria dunque? “Si tratta - continua Quaini - di applicazione degli studi sulla dinamica dei fluidi al campo della medicina. Una sinergia tra due discipline volte alla cura delle malattie cardio-vascolari, le cui cause e decorsi sono spesso determinati da ciò che studio riguardo all’interazione tra sangue e vasi sanguinei”.


Annalisa Quaini ritratta con i colleghi di lavoro

Studi di tale livello non possono che partire da lontano. Annalisa inizia la sua carriera universitaria presso il Politecnico di Milano, in ingegneria aerospaziale. Dall’ingegneria aerospaziale agli studi sul sangue? “In effetti, si tratta della stessa cosa: l’aria che interagisce con l’ala di un aereo, o il sangue che interagisce con arterie e vene” spiega Quaini.
Al momento della tesi di laurea, Gianluigi Rozza, altro santangiolino famoso nel campo delle scienze applicate, le fa da tramite con il noto professore Alfio Quarteroni, di stanza presso l’Università di Losanna: “Mi recai là per i 6 mesi della tesi di laurea, ma poi tornai in Italia. Mi resi subito conto che, per me che volevo fare ricerca, non c’era paragone a livello di fi-nanziamenti, struttura e ambiente tra il Politecnico e Lo-sanna. Dopo poche settimane a casa, accettai l’invito di Quarteroni e mi trasferii in Svizzera in pianta stabile”.
Ancora una volta dunque, un caso di “fuga di cervelli”, triste caratteristica della nostra ricerca accademica. Una scelta che comportava sacrifici - lasciando famiglia e amici - e qualche difficoltà extra - “All’epoca non parlavo una parola di francese, poi, si sa, dall’italiano si impara in fretta”.
Ma ripagata totalmente negli anni che seguono: “Ricchi di soddisfazioni, non c’è che dire, sia a livello accademico che personale: l’indipendenza economica, l’ambiente stimolante, le tante persone conosciute” .
Dopo dunque 3 anni di dottorato all’estero, ecco che si deve scegliere se continuare con la ricerca o dedicarsi ad altro: “La tentazione di abbandonare tutto mi è venuta. Lavorare otto ore, dalle 9 alle 5, andare a casa e sapere di essere a posto almeno per quel giorno è una soluzione che ho valutato. Spesso mi capita di passare la giornata a lavorare, non avere orari. Poi, ovviamente, la passione e le prospettive che fare ricerca in questo campo apre, mi hanno fatto cambiare idea, ammesso ci fosse stato un vero ripensamento!”.
Prospettive che segnatamente significano Stati Uniti. Houston, Texas, per la precisione: “Mi trovavo al Lido di Venezia per un incontro sulla meccanica applicata. Un convegno enorme, oltre 3000 persone. E inizio a chiacchierare in inglese con un’altra giovane ricercatrice: capisco che è italiana, e quando si presenta mi accorgo di avere letto del suo lavoro. La cosa è reciproca, anche lei mi conosce, e in men che non si dica mi propone di lavorare con lei a Houston appunto, potendo continuare a sviluppare i miei studi sulla emodinamica. Inutile dire come, a seguito di un primo, fugace momento di indecisione, la prospettiva di poter fare ricerca negli Stati Uniti era imperdibile. E così a marzo parto, per un anno, poi si vedrà”.
La prosecuzione delle sue ricerche proporrà ad Annalisa sfide di estrema rilevanza nel campo della medicina: “Naturalmente più vai avanti, più le cose diventano complesse. Io lavoro fondamentalmente con modelli matematici che cercano di rappresentare la realtà entro certi limiti accettabili e allo stesso tempo utili al tipo di studio che si sta facendo. Per esempio - continua Annalisa - a Houston mi occuperò di valvole cardiache, valutando il rischio di un intervento su di un determinato paziente. In questo caso, oltre a considerare come il flusso sanguineo modifica con il suo scorrere la forma dei vasi, dovrò anche considerare che i vasi stessi non sono impermeabili ma anzi, sottoposti alla pressione del sangue, si rivelano porosi. Tutto questo ha grande influenza sullo svilupparsi e l’evolversi delle malattie”.
Un campo di studi dunque di estrema rilevanza e specializzazione.
Dove siamo sicuri la passione e la competenza di Annalisa sapranno fornire un grande contributo.
Massimo Ramaioli.