Le iniziative di solidarietà e la testimonianza dell’ingegnere Antonio Ramaioli, inviato sui luoghi del disastro per verifiche tecniche
Sant’Angelo si è mobilitata per i terremotati d’Abruzzo. Sono stati tanti i segni di solidarietà, come pure i volontari che hanno raggiunto L’Aquila e i paesi vicini per portare aiuto e speranza. Pochi giorni dopo il sisma sono scesi nelle zone terremotate i Vigili del fuoco, i volontari della Protezione civile santangiolina, i militi della Croce bianca.
Anche nella nostra città poi, come nel resto d’Italia, non sono mancate raccolte di fondi a favore delle popolazioni colpite dal sisma. Ci hanno pensato, ad esempio, le scuole elementari Morzenti, con una gara di solidarietà in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione e i plessi del circolo didattico - che si estende nei Comuni del circondario -, e un’iniziativa solidale autonoma. Merita una segnalazione, inoltre, il concerto organizzato dai giovani dell’oratorio San Luigi, che ha permesso di raccogliere fondi e generi di primo conforto.
Un’immagine di Onna, completamente distrutto dal sisma
Proseguiamo questa veloce carrellata - che certo non intende essere esaustiva - con la testimonianza dell’ingegner Antonio Ramaioli, che si è recato in Abruzzo dal 25 al 31 maggio per effettuare le analisi statiche sugli edifici colpiti dal sisma.
Prima di lui, era stato a L’Aquila un altro ingegnere santangiolino, Ivano Ferrari. “Siamo andati in Abruzzo su richiesta dell’Ordine degli ingegneri - spiega Ramaioli - e abbiamo trovato una situazione veramente disastrata. Nel mio caso - aggiunge -, con altri colleghi lodigiani, dovevamo esaminare le abitazioni di due piccole frazioni di L’Aquila, Bagno Grande e Bagno Piccolo. Il campo base era a Monticchio gestito dalla Protezione civile della Regione Lombardia. Bagno Grande e Bagno Piccolo sono classificate “zona rossa”, cioè una zona completamente interdetta e accessibile solo da tecnici, con le strade deserte e i paesi completamente disabitati. Accompagnati da un ufficiale dei vigili del fuoco e dai proprietari, oggi ospitati nelle tendopoli o da parenti, abbiamo aperto per la prima volta le case colpite dal sisma, per le verifiche di stabilità. Gravissimi i danni riscontrati: prima di assegnare alle abitazioni l’agibilità o l’inagibilità si compilavano schede dettagliate sullo stato generale degli edifici, riferite sia a dissesti strutturali che geologici”.
Il gruppo di tecnici del Lodigiano inviato in Abruzzo.
Da sinistra Ramaioli, Bellini, Losi, Rosa e il vigile del fuoco Galassi.
Un lavoro delicato quello di Ramaioli: “In alcuni casi - racconta l’ingegnere santangiolino - abbiamo accompagnato delle persone anziane che per la prima volta vedevano le loro abitazioni di-strutte dal sisma: lascio immaginare le reazioni di questa gente che, comunque, dimostra una forza d’animo e una compostezza esemplari. Pensare alla ricostruzione, in queste zone, è davvero difficile: ci sono realtà come L’Aquila, che si presenta completamente spopolata, presidiata dai militari e con un aspetto spettrale. Viene da chiedersi quanti anni serviranno per tornare alla normalità. Ci sono paesi sconvolti, piccoli borghi con qualche centinaio di abitanti che oggi non hanno più vita. Senza contare il grande patrimonio rappresentato dai monumenti, che il sisma ha gravemente lesionato. Ottocento anni di storia sono stati distrutti in trenta secondi. A Onna, paese simbolo della distruzione, tutti gli edifici sono ormai un cumulo di macerie ”.
Lorenzo Rinaldi
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