Accoglienza e integrazione nel rispetto di ciascuno

Importanti risultati dei corsi EDA per i cittadini stranieri


Anche quest’anno i corsi EDA rivolti ai cittadini stranieri stanno per concludersi. Da ottobre affianco le due insegnanti incaricate alla scuola media; seguo gli studenti del primo livello di alfabetizzazione. Le lezioni si svolgono in vari momenti della giornata per dare ai ragazzi la possibilità di frequentare il più possibile, compatibilmente con i loro impegni.
Gli iscritti sono 115, appartengono a 28 Paesi; la loro età è compresa fra i 16 e i 43 anni. I marocchini costituiscono il gruppo più numeroso, seguiti da egiziani, indiani, ivoriani, peruviani. Ogni anno il numero degli iscritti aumenta e la maggior parte riesce a raggiungere apprezzabili risultati nell’apprendimento della lingua italiana e nella conoscenza della cultura italiana.
La convivenza di tante “culture altre” diventa un laboratorio in cui si intrecciano esperienze, si scambiano modi di vivere, di pensare, nel rispetto di ciascuno.

Le significative storie di alcuni studenti

- “Sono Abdo, un ragazzo marocchino di 16 anni. Sono venuto in Italia con il papà perché sono l'unico figlio. La mamma e le sorelle arriveranno più tardi. La mia famiglia mi manca. Qui in Italia vorrei prendere il diploma di terza media e poi lavorare per aiutare il papà”.
- “Sono Jagmohan Pal Singh. Sono indiano, ho 29 anni. Sono sposato con una bella ragazza; si chiama Sukhvinder. Mentre ero in Italia sono diventato papà del mio primo figlio: Manraj Singh, che adesso ha 20 giorni. Sono in Italia da otto mesi. Abito a Sant’Angelo Lodigiano; vivo in appartamento con mia sorella. Vengo al corso per stranieri per imparare la lingua italiana per la mia integrazione e per il lavoro”.
- “Sono Arnold Willy Marius, ho vent’anni, sono ivoriano. Vivo in Italia da otto mesi. In questo momento frequento la scuola media di Sant’Angelo per imparare la lingua italiana per la mia integrazione. Nella mia vita vorrei essere scrittore per far capire la situazione del mio continente a tutto il mondo”.
- “Sono Christine, una ragazza del Camerun. Ho 33 anni; sono venuta in Italia con le sorelle, i genitori sono nel Camerun. In Italia abito con le mie sorelle, mio cognato e la mia nipotina. Ven-go a scuola per apprendere la lingua italiana perché voglio costruire la mia famiglia”.

L’esperienza di quest’anno mi ha offerto l'opportunità di osservare da vicino la vita di numerosi “nuovi cittadini” e ho apprezzato il loro desiderio di integrazione.

Lo sguardo ai fenomeni migratori passati

Il fenomeno dell’immigrazione, che ha caratterizzato l’ultimo decennio della storia italiana, è inarrestabile, ormai fisiologico. Guardare ai fenomeni migratori passati può essere utile per trovare le giuste modalità per affrontare il presente. Ricordo i disagi dei nostri meridionali, quando sono arrivati in cerca di lavoro nelle fabbriche milanesi, torinesi, bisognose di manodopera. Erano gli anni ‘60: giovani famiglie abbandonavano la propria terra per dare ai figli l’opportunità di un futuro migliore. L’hinterland milanese pullulò di nuove costruzioni che lo cementificarono.
Agli inizi degli anni ‘70 ero a San Giuliano Milanese e potei sperimentare i disagi dei nuovi arrivati, certo non paragonabili a quelli dei nostri connazionali emigrati all’estero.
Ricordo con tenerezza profonda un mio alunno, C. Credo che la sua storia sia emblematica. Apparve in IV C, ad anno iniziato (come la maggiorparte dei “nuovi cittadini”), accompagnato dal papà. Mi colpirono i suoi occhi neri, sorridenti. Mi colpirono e mi ingannarono: non fui nemmeno lontanamente colta dal sospetto che, dietro tutta quell’esagerata allegria, si nascondesse un profondo disagio.
Ben presto mi resi conto della necessità di sospendere ogni giudizio e di indagare sulle motivazioni alla base del suo disturbato comportamento: era irrequieto e la sua vivacità rasentava il patologico.
Proveniva da una scuola siciliana e i documenti scolastici non facevano il minimo cenno ai suoi problemi. Dopo una decina di giorni invitai i genitori per un colloquio. Venne il padre, le sue frasi mi parevano sconnesse, non capivo il suo sfogo: lui cercava di farsi rispettare, di farsi obbedire.
Era autoritario ma non otteneva alcun risultato, insomma non riusciva a capirlo. C. era per lui un enigma. Gli chiesi allora notizie sulla precedente esperienza scolastica. Ammutolì. Ci vollero alcuni minuti prima che mi confessasse che non aveva elementi, che lo aveva portato dalla Sicilia, dove il bambino era vissuto con la nonna.
Mi scontrai con un fenomeno lontano dalla mia esperienza: l’emigrazione italiana. Il padre era emigrato in Svizzera con la moglie: entrambi avevano trovato lavoro nella Federazione Elvetica, ma allora nemmeno si parlava di ricongiungimento famigliare e, pertanto, il bambino era stato affidato alle cure della paterna nonna siciliana. Aveva visto entrambi i genitori una volta l’anno per pochi anni, perché quando la mamma rimase incinta, non tornò più in Italia, nemmeno per le festività natalizie.
Negli ultimi tre anni ricevette pertanto solamente la visita del padre, mentre la madre rimaneva con la sorellina, piccola clandestina. Poiché la bimba aveva raggiunto l’età scolare, nacque l’esigenza di ritornare in patria. L'uomo organizzò il rientro: ricerca di una casa, di un lavoro e, infine, recupero del figlio in Sicilia.
Ed ecco rivelato l’arcano: C. viveva una nuova esperienza scolastica e. famigliare. Era stato strappato dal suo confortevole mondo per essere catapultato lontano dalla nonna, in un paese sconosciuto.
Mi parve di trovarmi di fronte ad un problema troppo grande per me; pertanto chiesi aiuto, proprio come nel 1995 a Sant’Angelo, quando per la prima volta, ad anno scolastico iniziato fu inserito nella mia classe un bambino rumeno.
La realtà milanese era già multiculturale e mi fu di grande utilità avvicinarmi al mondo delle “culture altre”, grazie all'incontro con persone speciali appartenenti all’Ismu.
Rina Daccò

(Nella scuola media oltre ai corsi di alfabetizzazione, ogni anno, si organizzano corsi di inglese, spagnolo, informatica, arte, teatro: gli interessati possono rivolgersi alla segreteria in via Bracchi - tel. 0371 90 591).