Alla scoperta dello stile di vita del continente americano

Da Houston (Texas, Stati Uniti), ci scrive Annalisa Quaini


“Tu vuò fà l’americana, ma sì nata in Italy”. Prendo in prestito le parole di una canzone di Renato Carosone per raccontarvi i disadattamenti di una santangiolina che vive, da quattro mesi, a Houston (Texas, Stati Uniti).
Mi sono trasferita in questa città a lavorare per un anno, come ricercatrice, alla University of Houston. Non serve molto tempo per capire che lo stile di vita nel nuovo continente è piuttosto diverso da quello europeo. In particolare, ci sono alcuni concetti che gli Stati Uniti mi stanno facendo rivedere in fretta. I primi sono quelli di grandezza e di distanza. Vi cito alcuni esempi per darvi un’idea di quello che voglio dire: il campus dell’università è così grande che i primi giorni non potevo fare a meno di portare con me una cartina; la strada per andare da casa mia a Downtown (ovvero in centro città) ha sei corsie; New Orleans è a circa cinque ore e mezza di macchina da Houston ma viene considerata “vicina”.


Annalisa Quaini (seconda da sinistra), ritratta con gli amici di Losanna
sullo sfondo del Golden Gate di San Francisco.

Quando tornerò in Italia, forse l’idea di guidare fino a Vienna per un week-end non mi sembrerà così improbabile. Il secondo concetto da riconsiderare è quello di forma fisica. Io sono di costituzione “normale”, ma qui sembro denutrita. In media le ragazze americane mi superano in altezza e in larghezza e la frequenza con cui vedo obesi è impressionante. Chiunque sia stato negli Stati Uniti, anche solo per pochi giorni, capisce cosa intendo dire. Il problema a Houston è che la macchina è indispensabile, essendo i trasporti pubblici del tutto inadeguati alla grandezza della città. E, siccome il prezzo della benzina non è proibitivo, e di parcheggi ce ne sono ovunque in abbondanza, la gente si è disabituata a camminare. La ridotta attività fisica e delle abitudini alimentari discutibili fanno lievitare le persone.
Prima di arrivare qui, pensavo di andare a vivere in un paese di cui conosco la lingua, ma l’accento texano mi sta facendo cambiare idea. Me la cavo decentemente dal vivo, quando posso interpretare il labiale, ma i problemi nascono al telefono. Di solito alla quarta volta che non capisco cosa mi stanno chiedendo cerco di dare una risposta qualsiasi, giusto per togliermi dall’imbarazzo. Credo di aver dato più di una volta l'impressione di essere una persona delirante.
Infine, devo rivedere il concetto di nostalgia. Prima vivevo in Svizzera, a poche ore in treno da Sant’Angelo. Per quanto sentissi la mancanza della mia casa e della mia famiglia, sapevo di poter tornare ogni volta che volevo. Qui è diverso. Certe volte al pensiero che non tornerò per mesi sento la nostalgia che punge sotto la pelle. Per ora la combatto appendendo foto in tutta la casa e preparandomi piatti di pasta come quello di Sordi nel film “Un americano a Roma”.
Un detto messicano dice “A todo te acostumbras, menos a no comer” (Ti abitui a tutto, tranne che a non mangiare). Vi farò sapere se tra un anno mi sarò abituata a questa vita.
Annalisa Quaini
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