Diario d’estate ...in bicicletta


Ciao Tufén te pedali amò? Pedali, pedali Tugnén, preocupes no, pedali amò. Ma Tufén perché te pedali in dialète che t’è sempre pedalade in italian? Ste vöri Tugnén cun l’aria ch’è tirade st’estade.
Però g’ho una dumanda da fate: ma me nonu Tofu quande el n’deva a Venesia, col canon de tila, l’era furèste? Pensi propri de no Tufén, gh’era samò l’Italia fai da un bel po’. L’era Italian!
E allora caro Antonio torniamo a pedalare in italiano che mi viene più facile.
Cosa potrei raccontarvi di queste pedalate? Che i rifiuti sul mio lungo crescono (l’altro giorno ho visto un lavello) e per fortuna anche la gente che lo frequenta; che le piste ciclabili restano a metà e i ponti carrabili restano ciclabili; che ogni estate si parla e scrive di Villa Cortese, o meglio del parco che decade e nessuno ci trova ripiego.
Insomma avrei l’impressione di scrivere le stesse cose per il decimo anno o giù di lì e allora andiamo a cercare qualcosa di nuovo. Intanto, tra un giro di catena e l’altro mi sono accorto che sono riapparsi tra di noi due gruppi di persone che erano scomparsi. Mentre passo sulle strade campestri per diporto, trovo persone a piedi che vanno.
Non sono gli amanti della corsa che amano sudare sotto la canicola. No. Sono un ragazzo africano con trolley che trovo in aperta campagna che forse va o forse viene da amici chissà, un mungitore indiano con tanto di turbante arancio che finito il suo turno di lavoro si reca dalla cascina a casa verso Caselle. Sono un’allegra famiglia di filippini che a piedi si reca alla festa del paese.

Ricompaiono poi le vecchie biciclette e si capisce, nella bruma del mattino, che non sono usate per divertirsi ma per andare in fabbrica o al cantiere. Insomma si torna a viaggiare a piedi o in bicicletta. Bella notizia se non fosse che la fatica tocca sempre agli ultimi.
Poi, tornando sul mio lungo, una nuova sorpresa, la ciclo-poesia. Da tempo vediamo sull’asfalto i segni delle gare ciclistiche, le scritte arrivo o partenza o le frecce che ogni tanto sono tentato di seguire per vedere dove vanno a finire, ma una poesia non l’avevo ancora vista.
È scritta apposta per essere letta mentre si passeggia in bicicletta e dice così:
“ Tutto è cominciato così
ma ci sono cascato
non sei la mia tipa
ma qlks c’è stato”
doveva esserci anche un cuore, ma dev’essere finita la vernice e così fatichiamo a capire com’è andata a finire. È bello sapere che in bicicletta ci si insegue, ci si trova, ci si prende e ci si lascia.
Insomma Antonio che vuoi che ti dica “adesso pedale? pedale?; pedala pedala; vest vest; rouler rouler; haft haft perché così va il mondo e si pedala tutti insieme!”.
PS: mi scuso con le persone di lingua araba per non esser riuscito a ricopiare l’arabesco elegante che sta per pedalare. Lo avrei rovinato. Consideratelo fatto.
Cristoforo Vecchietti


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