Un’America da Happy Days con un verde che fa invidia

Il nostro collaboratore Massimo Ramaioli ci scrive dagli Stati Uniti


Quando si è da questa parte dell’Oceano - in Europa - si sogna di andare in America. Il Nuovo Continente, senza i vizi, i pregiudizi e le costrizioni di quello vecchio. Così, una volta arrivatoci in America, ti viene da chiederti: “Ma gli Americani dove vogliono andare? Qual è il loro sogno?”. Semplice e banale al tempo stesso rispondere: è sempre l’America. Per un americano non vi è altro posto dove vivere, dove progettare un futuro migliore, dove continuare a sperare che si avveri, anche per lui, il “sogno americano”.
È una specie di convinzione che a noi Italiani, popolo di disillusi e pragmatici un po’ rassegnati al tran tran dei tempi, suona fanciullesca e, francamente, talvolta ingenua. Forse da questo nasce la sensazione che gli Americani siano un popolo di sognatori un po’ incoscienti.
La cosa che comunque colpisce è che, credendo in questo sogno, molti finiscono per realizzarlo: da qui la forza di questo paese. A tutti è potenzialmente concessa una chance; solo per alcuni questo avviene veramente; pochi, infine, ce la fanno davvero. Ma ogni americano è convinto che un giorno toccherà a lui, anche a lui.
Vivendo e studiando a Syracuse, a circa 5 ore di macchina da New York, verso il confine canadese, è interessante cercare di notare come ragiona un popolo vicino a noi per molti aspetti, ma allo stesso tempo così distante.
Non capisco perché il centro città “downtown” si debba svuotare alle cinque, quando chiudono gli uffici, provocando un fuggi-fuggi verso enormi centri commerciali (i famigerati “malls”) situati lungo autostrade. La stessa downtown, peraltro, è piuttosto spoglia di qualsivoglia vestigia storica o artistica: venendo dall’Italia, adorna di chiese, palazzi e castelli, la cosa colpisce parecchio.
Dirigendosi verso i quartieri residenziali, si entra in un’America che ognuno di noi, se ha visto anche una sola puntata di Happy Days, ha in mente: strade a griglia come scacchiere, case (grandi) a due piani, l’auto nel vialetto d’ingresso, il giardino curato ma senza recinzioni, le pareti di legno, la veranda. Il tutto immerso in un verde che francamente fa invidia, con grandi alberi ai lati della strada e parchi in abbondanza. Qua e là, qualcuno mostra orgoglioso la bandiera a stelle e strisce.
Sembra che gli Americani siano parecchio come noi, solo esagerati: iper-individualisti, tanto che pochi conoscono il nome del vicino di casa; innamorati perdutamente della macchina, che usano per qualsiasi spostamento, anche brevissimo; consumatori all’eccesso di cibo, vestiti, servizi e di qualsiasi cosa che si possa comprare: in questo senso, la scelta offerta tra gli scaffali di un negozio è tanto sovrabbondante che lascia perplessi e disorientati. Saremo anche noi così tra qualche anno? Lo siamo già? Quello che forse non si potrà mai avere, in Europa e in Italia, è l’idea di spazio, amplissimo e vasto, che questo paese comunica. Si ha sempre l’impressione che si possa viaggiare per giorni e giorni, in qualunque direzione, e avere sempre qualcosa da scoprire. Uno spirito da frontiera che è forse all’origine del sogno americano.

Massimo Ramaioli



Massimo Ramaioli


...case a due piani, l’auto nel vialetto d’ingresso, il giardino curato senza recinzioni, le pareti in legno, la veranda...