Gli umori del jazz sembrano lontani, sanno di pioggia come le canzoni di Paolo Conte, o di uomini in cappotto e Borsalino, lungo vicoli nebbiosi e cittadini. Atmosfere a parte, che sembrano venire da suggestioni fotografiche in bianco e nero o situazioni filmiche poliziesche, romantiche o sensuali.
Eppure l’idea un po’ stereotipata di un genere musicale che qualcuno vocifera per pochi intimi, svanisce quand’anche l’incontro con un giovane concittadino spezza il luogo comune, e ci ritroviamo con l’appassionata professione del santangiolino Lorenzo Rota, sassofonista, nel respiro internazionale di un’arte.
Scopriamo allora che la formula espressiva del jazz non è poi molto lontana, sebbene anche Rota ci riveli d’essersi avvicinato non così presto alla professione di musicista, per molto tempo in quel limbo tra qualcosa molto più che un hobby e non ancora al sax come lavoro.
Abbastanza però (aggiungiamo noi) per farsi riconoscere nell’arduo circuito del jazz, con le sue capitali e i suoi epicentri: in quel di Crema, prima ancor che a Lodi, a Milano e Pavia come contesti a lui un po’ più famigliari, ma accennando anche a un festival non così distante da qui come quello di Livraga, e in tutta una geografia che scaturisce al procedere di un aperitivo “combinato”, un pomeriggio di fine novembre.
Il sassofonista Lorenzo Rota, secondo da sinistra, con l’orchestra “Monday”, nell’esibizione durante la serata della Riconoscenza, il 17 gennaio 2009 al Cupolone.
Col giovane musicista, maturato nelle esperienze di un interminabile curriculum, sondiamo allora alcune delle sue importanti collaborazioni, come quella con la Civica Jazz Band al Festival d’Iseo, o quella al Festival Internazionale della Musica MI.TO (Milano - Torino), dove spuntano quei nomi come Paolo Tomelleri e Lino Patruno, o la Big Band di Gianni Basso, che ci restituiscono il valore del personaggio umile e disponibile, come si addice ai migliori. Diplomatosi all’Accademia Internazionale della Musica di Milano in convenzione coll’Associazione Culturale “Musica Oggi”, guidate da Maurizio Franco, Enrico Intra e Franco Cerri,
Lorenzo Rota ha suonato anche nello storico locale jazz della città, il Santa Tecla, con la cantante americana Kimberly Covington, che ha accompagnato anche alla Festa del Lions Club Internazionale, non mancando così quelle vetrine utili a mostrarsi nelle proprie abilità.
E pure al nostro Comune va il plauso di averne notato l’impegno, assegnandogli la Benemerenza Civica il 17 gennaio 2009. Ma da una chiacchierata al bar si evince anche che la passione di Lorenzo per la musica si perde negli anni giovanili, e riflettiamo su quanto il paese possa fare tanto per crescere la scintilla di passioni costruttive, allorché vi fosse sempre quella varietà culturale nelle politiche giovanili per il tempo libero.
È con affetto che Rota ricorda per esempio come il suo interesse per il suonare sia sbocciato proprio nello studio dello strumento alla fine delle superiori presso la Scuola Civica di Sant’Angelo Lodigiano coi maestri Walter Pandini e Carlo Rognoni, occasioni ritrovate in paese, e soltanto successivamente migrate altrove.
Attualmente Lorenzo segue anche dei progetti musicali per i bambini delle scuole elementari, ma a proposito del territorio, nota come ciò che attiene alla cultura musicale sia spesso prerogativa di associazioni private (in proposito evidenzia anche il buon lavoro del Corpo Bandistico Santa Cecilia di Sant’Angelo per i giovani), per qualcosa che potrebbe incanalare ispirazioni ed umori nell’età più ricettiva della vita.
E l’esigenza di esprimersi in un’arte sempre più libera lo vede oggi tralasciare le dimensioni della Big Band (con l’ultima ha licenziato l’omonimo cd “Monday Orchestra”, 2008) nonché di collaborazioni come quella relativa all’ultimo “Swing Jive”, 2010, di Daniela Ferrari (nella rilettura di brani del grande repertorio) verso la ricerca di una nuova espressività in formazioni di trio o quartetto.
Col Fahrenait Quartet di Crema, o il Luca Missiti Quartet e il Gabriele Cuti Trio di Milano.
Nel nome di Sonny Rollins, Charlie Parker, Lester Young o Miles Davis.
Matteo Fratti