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Nostro servizio sul viaggio della legalità, dal Lodigiano a Palermo Attratti da una proposta rivolta al mondo delle associazioni lodigiane da Andrea Ferrari - assessore alla cultura del Comune di Lodi - decidiamo di partecipare a questo viaggio in Sicilia consapevoli che non sarà un viaggio turistico come altri.
Il magistrato antimafia. Antonio Ingroia è in ritardo. Ci ha promesso mezzora del suo tempo per parlarci della lotta alla mafia ma la giornata è evidentemente di quelle difficili. Lo aspettiamo dietro il tribunale, in piazza della Memoria. Sui gradoni della piazza i nomi di magistrati assassinati: Costa, Ciaccio Montalto, Chinnici, Saetta, Giacomelli, Terranova, Livatino, Scaglione, Falcone, Morvillo, Borsellino… L’imprenditore taglieggiato. Fare l’imprenditore non è una cosa semplice. In Sicilia meno che altrove. Se paghi il pizzo puoi lavorare, se non lo paghi rischi di persona e lo Stato ti deve proteggere. È quello che è successo a Vincenzo Conticello, titolare di uno dei più famosi locali di Palermo - L’antica focacceria San Francesco - che vive sotto scorta proprio per la sua scelta di resistere al racket. Nessuna resistenza invece, da parte nostra, davanti alle specialità della casa… I Corleonesi. La strada da Palermo a Corleone si snoda in uno dei più bei paesaggi della Sicilia. Eppure Corleone non è conosciuto per la natura ma per la criminalità. L’albero della memoria. Era il 23 maggio 1992 quando una spaventosa esplosione uccise il giudice Falcone, la moglie e la scorta. La zona del viadotto è ora uno dei luoghi della memoria antimafia. Sull’autostrada due stele ricordano la strage. Fuori dallo svincolo una stradina porta ad uno spiazzo dove c’è un grande albero, all’ombra del quale si svolgono le commemorazioni. Ci ha fatto arrabbiare vedere questo luogo infestato da erbacce e con i muri imbrattati. C’è bisogno di resistere anche all’oblio. Le donne dello Zen. Bice Salatiello e Pina Maisano Grassi non si offenderanno se diciamo che sono del 1928. Ci attendono nel centro sociale di uno dei quartieri difficili di Palermo: lo Zen (Zona Espansione Nord), dove l’acqua è allacciata ancora oggi abusivamente, le piazze e i giardini sono discariche, i viali luoghi di spaccio. Le due donne sono la dimostrazione vivente di una Palermo che sa reagire. Il sogno di Felicia. Prima di morire Felicia Impastato confidò al figlio Giovanni: “Spero che la nostra casa possa sempre rimanere aperta, per far conoscere ai giovani il pensiero di Peppino, e spero anche che quell’altra casa, quella a cento passi da qui, non venga più abitata”. Peppino Impastato, attivista politico e giornalista fu ucciso su ordine di Gaetano Badalamenti. La casa dei cento passi (resa famosa dal film di Marco Tullio Giordana) ora confiscata, è proprio quella del boss di Cinisi. La visitiamo insieme a Giovanni, fratello di Peppino Impastato, e a Rita Borsellino, attualmente parlamentare europea. Siamo fra i primi ad entrarci, ci dicono. Da fuori la casa del mafioso si confonde con le altre ma dentro è immensa, vuota e buia, forse ne faranno una biblioteca. La casa di Peppino invece è piccola e piena di ricordi. Il sogno di Felicia si è avverato. Lasciare il segno. Sarina Ingrassia, 87 anni, ha fatto dell’accoglienza la sua vita. Siamo a Monreale e la incontriamo nella chiesa del quartiere dove ha sempre vissuto e dove la sua casa è da molti anni un punto di riferimento per chi è nel bisogno. Presto attorno a lei si è costituito un gruppo di volontari che ora portano avanti la sua missione di contrasto al degrado culturale. Il servizio del doposcuola è diventato così uno strumento per sottrarre i ragazzi alla delinquenza, per offrire loro modelli positivi. Cinque anni fa Sarina accettò di candidarsi con Rita Borsellino alle elezioni regionali. Nonostante in tanti anni dalla sua casa siano passati centinaia di ragazzi, nel quartiere ottenne poche preferenze. Ma Sarina non è una che si scoraggia. L’importante, ci dice, è sentirsi al proprio posto e credere in quello che si fa. Siamo come il carbone, commenta uno dei volontari citando un proverbio siciliano: U carbungh’ sa nan tìngia, mascarìa - il carbone se non tinge, lascia comunque un segno…. Ed eccoci alla fine del nostro viaggio nella resistenza civile siciliana. Abbiamo incontrato giovani coraggiosi, donne determinate, uomini decisi. Abbiamo capito che qui in Sicilia il vento sta cambiando direzione. Forse perché anche la mafia sta cambiando direzione. Tornando a Milano dovremo ricordarcelo.
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