MANGIA CHE TI FA BENE!
Mia mamma Antonietta (Tugnìna) e sua sorella Giovanna (Gianìna) dai primi giorni di Agosto iniziavano a fare la giardiniera. La zia Rachele, da tempo ammalata, seguiva i lavori a distanza. La casa iniziava ad odorare di aceto aromatizzato, apparivano dal nulla barattoli di vetro di tutte le dimensioni e tappi per le conserve, pentoloni d’acqua in bollitura e uno strano apparecchio con manovella che separava la polpa dei pomodori da semi e buccia. Mio padre, che faceva il tornitore in lastra e lavorava per più di dieci ore al giorno, trovava sempre il tempo, dopo pranzo e dopo cena, per coltivare una piccola porzione di terreno in fondo alla corte grande. Di sera lo vedevamo tornare dall’orto con bacinelle colme di verdure: |
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fagiolini blu e verdi, cipolle, zucchine, carote, mazzidi basilico freschissimo, peperoni e grandi pomodori rossi e profumati. Ogni tanto capitava che noi bambine aiutassimo mamma e zia nella preparazione delle conserve, anche se preferivamo andarci a comprare un ghiacciolo da Tornielli piuttosto che sfilare cornette e tagliarle a piccoli tocchetti o passare chili di pomodori nel passaverdure. Quel fermento si protraeva per tutto il mese di Agosto e a fine estate la dispensa di casa era colma di barattoli di giardiniera, salsa di pomodoro, cornette con cipolle e peperoni con cannella e chiodi di garofano in agrodolce. Solo allora, con i primi temporali estivi, il profumo di aceto aromatizzato lasciava la casa per far posto all’aroma dolce del mais che sgranavamo in cortile impauriti ed affascinati dalle storie di paura che i grandi ci raccontavano intorno al “fugòn”.
Entrando nella cucina della Cascina Rosa dell’Istituto dei tumori di Milano ho
risentito lo stesso profumo di aceto dolce e aromatizzato e subito il ricordo della mamma e della zia intente a produrre le loro conserve mi ha riempito di emozioni.
Frequento le lezioni a tema dello chef Giovanni Allegro (cuoco e collaboratore del dott. Franco Berrino) e la lezione di quel caldo giorno di giugno era sulle conserve e marmellate, sapori di un tempo, riviste e corrette secondo le acquisizioni della scienza nutrizionale.
Oltre a proporci ricette di gustosissime marmellate, lo chef ci ha insegnato a fare la giardiniera, identica in tutto e per tutto a quella che per anni era presente nella nostra dispensa di casa, con la sola differenza dell’utilizzo di malto di riso al posto dello zucchero. A quei tempi il malto di riso non veniva venduto, altrimenti, ne sono certa, mamma e zia lo avrebbero introdotto nelle loro ricette.
La cucina di
Mangia che ti fa bene:
la giardiniera di verdure dell’orto
Questa ricetta è dedicata a mia sorella Giusy e a mio fratello Beppe che con me hanno condiviso quella magica dispensa fatta di cibi buoni, oltre che di pazienza, solidarietà e amore per le cose semplici.
Le conserve di una volta, fatte con prodotti naturali, fanno bene e sono salutari; quelle industriali spesso contengono conservanti, coloranti, zuccheri e altri veleni. Sono pronte subito, disponibili in bella mostra in confezioni accattivanti che ci ricordano le conserve casalinghe. Ma provate a leggere le etichette e vedrete che di casalingo hanno ben poco. Non mi dispiacerebbe sentir dire ancora, come una volta, “questa l’ho fatta io”!
Ingredienti
da produzioni biologiche o dall’orto di casa
- 1500 gr di pomodori,
- 300 gr. di cavolfiore o di sedano (a seconda della stagione),
- 200 gr. di carote,
- 200 gr. di zucchine,
- 200 gr di fagiolini,
- 200 gr. di olive verdi,
- 1 peperone giallo,
- 1 peperone rosso,
- 200 gr. di funghi,
- 80 gr. di capperi,
- cipolline (se gradite),
- basilico,
- prezzemolo,
- origano,
- 120 gr. di olio,
- 120 gr. di aceto di mele,
- 2 cucchiai di malto di riso,
- sale integrale marino.
Procedimento:
Tagliate i pomodori a tocchetti e cuoceteli per 30 minuti con gli odori e un pizzico di sale. Lavate accuratamente e tagliate a tocchetti tutte le verdure, tranne le cipolline che andranno semplicemente sbucciate. Portare ad ebollizione una pentola d’acqua, salate e versate in sequenza le verdure iniziando dalle più consistenti: sedano, fagiolini, carote, peperoni, cipolline, cavolfiore e zucchine. Scolatele ancora croccanti e lasciate asciugare su un canovaccio di cotone pulito. Passate la salsa di pomodoro al passaverdure e rimettetela sul fuoco. Al suo bollore aggiungete la dadolata di verdure insieme a funghi, olive, capperi, olio, aceto e malto. Aggiustate a piacere di sale e fate cuocere per 15 minuti. Riempite con la giardiniera i barattoli di vetro per conserve, dopo averli sterilizzati in forno per almeno 30 minuti a 120 gradi. Chiudeteli bene con gli appositi tappi e sterilizzate il tutto a bagno maria per almeno 30 minuti.
La ricetta della Giardiniera è di Antonietta e Giovanna Maioli, rivisitata dallo chef Giovanni Allegro.
Marina Cecchi
Carmenmartingaite@gmail.com
La S. Messa nel Duomo di Milano, con la Corale “Santa Francesca Cabrini” diretta da Giusy De Vecchi
Ricordiamo, in modo particolare, la colonna sonora di un documentario commissionato dalla Regione Lombardia sulle chiese ed i santuari del Lodigiano, e la pubblicazione di un disco 33 giri con il soprano Rosalina Neri.
Di rilievo è stata la partecipazione allo spettacolo recital “I fioretti di San Francesco” di Gerardo Placido, nel suggestivo scenario del fiume Po, in località Passoni di Corno Giovine.
Ha concluso la sua attività verso la fine degli anni ’90.
Nello scritto che pubblichiamo, la corista Giuseppina Rognoni Bassi descrive brillantemente i momenti dell’intensa preparazione dei coristi, uniti dalla grande passione per la musica.
Abbiamo cantato nel Duomo di Milano
Arriva la tecnologia moderna e il vecchio e fedele pianoforte nero va in pensione; quello stesso pianoforte che, con la complicità quasi miracolosa dei coristi, riusciva ad allontanarsi dalla sede. Con la sua trionfale presenza, sfidava le scale, si infilava nel camioncino rosso e percorreva chilometri e chilometri per essere presente dove il coro si esibiva. Poi risaliva di nuovo le rampe e tornava nella sede della corale.
Un poco di rimpianto per il fedele compagno, ed un veloce adattamento ai nuovi strumenti; poi tutto torna come prima. Pianoforte, pianola o tastiera (come si dice oggi), non c’è differenza per i coristi; malgrado tutto, la loro routine non cambia: prove due volte la settimana, col caldo e le zanzare, col freddo e la stufa quasi spenta.
Sembrerà strano, ma da diversi anni, una trentina di persone, si riunisce a trovare per la grande passione della musica, e con il piacere di incontrarsi.
Indimenticabili le scampagnate musico-canore, che dal 1978 regolarmente, ogni anno, si tenevano ad Ossago.
Nella foto Giusy De Vecchi, il sindaco Gino Pasetti e il presidente Gaetano Rusconi
Nonostante impegni e problemi spesso stressanti, i bravi ed affiatati componenti della Corale “Santa Francesca Cabrini” trovano il tempo di riunirsi, ogni martedì e ogni giovedì alle nove di sera, lassù al secondo piano della loro sede, in Piazza Duca degli Abruzzi. (in “Piassa növa” per intenderci, dove ora c’è il parcheggio).
Sempre disposti nel medesimo ordine: soprani a destra e contralti a sinistra; tenori e bassi dietro, ben schierati sulla scalinata. Consapevoli di aver preso impegni importanti da portare a termine nel modo migliore, i coristi sono pronti ad imparare un pezzo nuovo o qualche rigo in più dello spartito; ripetono anche quattro o cinque volte lo stesso passaggio, fino a quando il maestro non è soddisfatto.
Intanto, il pezzo va avanti e prende forma. Con l’avvicinarsi dell’esibizione gli incontri si intensificano e si danno gli ultimi ritocchi ai brani scelti. Il concerto la meta finale, alle sue spalle mesi e mesi di prove; purtroppo non si può intervenire per una modifica. Alla fine si stabilisce l’ora della partenza.
L’appuntamento, cui noi coristi non rinunceremmo mai, la sempre attesa e ormai tradizionale S. Messa nel Duomo di Milano. Da diversi anni la A.D.S.I.N.T. (Associazione Donatori Sangue Istituto Nazionale Tumori) offre alla nostra Corale “Santa Francesca Cabrini” questa, grande opportunità. Noi l’accetteremo sempre con impegno, entusiasmo ed un pizzico di orgoglio.
Fa sempre un certo effetto poter dire: “Abbiamo cantato nel Duomo di Milano”.
Giuseppina Rognoni Bassi
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