Il maestro Biancardi
Il ritratto a 30 anni dalla morte



Nell’atrio della scuola elementare “Collodi” è appesa una fotografia del maestro Renato Biancardi, storico insegnante del plesso di viale Montegrappa, da cui sono passati migliaia di santangiolini. “L’hanno voluta i suoi colleghi, e tra quelli che si sono spesi maggiormente mi piace ricordare Cesare Rusconi”, afferma Alice Biancardi, una delle figlie del maestro Renato,che a trent’anni dalla morte del padre ha accettato di tracciarne per “Il Ponte” il profilo umano e professionale. La fotografia appesa nella “sua” scuola è un segnale di quanto il ricordo del maestro sia ancora forte a Sant’Angelo, perché la sua non è stata solo una vita spesa per l’istruzione e per una passione affascinante come quella per la fotografia, di cui è stato uno dei pionieri in paese.Biancardi è stato molto di più, è stato un uomo di cultura, un sindacalista al servizio dei colleghi, il direttore “tuttofare” della colonia elioterapica, la colonna portante della scuola serale di arti e mestieri del castello; e ancora, è stato un uomo con mille curiosità, che si occupava di astronomia, che si era entusiasmato per lo sbarco del primo uomo sulla Luna e che, racconta la figlia Alice, “ha sempre creduto fortemente nel valore della formazione e della cultura, convinto che era necessario stimolare interessi nei giovani santangiolini”.

Un fiume di fotografie
Alice Biancardi parla del padre mentre svuota con frenesia mista a commozione alcuni scatoloni ricolmi di fotografie: sono solo una minima parte degli scatti fatti dal maestro Biancardi in decenni di “attività” e poi sviluppati nella piccola camera oscura che aveva ricavato nell’abitazione di via don Domenico Savarè. “Una camera oscura freddissima in inverno e caldissima d’estate - ricorda la figlia Alice - nella quale mio padre lavorava per ore con una passione autentica”. E proprio la passione, quella per il suo lavoro e per i tanti interessi che coltivava, è forse una delle caratteristiche più significative di un uomo tutto d’un pezzo, che esteriormente dava l’impressione di essere ruvido e burbero, ma che in famiglia, con i figli, si trasformava, “diventando un padre dolcissimo - sospira Alice Biancardi - innamorato della cultura e del sapere, che leggeva mediamente tre quotidiani al giorno, tornava la sera da Milano con La Notte sotto il braccio e riempiva la casa di libri”.
Un padre spesso fuori casa, distolto alla famiglia da mille impegni, ma che proprio per moglie e figli era un punto di riferimento. “E quando rientrava - aggiunge la figlia - io e i miei fratelli ci rintanavamo nel suo studio, con lui”. Un uomo di cultura, ma con una fede forte e matura, amante della montagna, dei suoi silenzi e delle sue sfumature, che era solito immortalare con la macchina fotografica. A testimonianza di tutto ciò ci sono gli scatti in bianco e nero e un ricordo della figlia Alice: quella volta in cui il padre raggiunse il rifugio Gnifetti, uno dei più impervi delle Alpi, abbarbicato a 3647 ai piedi del Monte Rosa.

La vita
Renato Biancardi è nato a Sant’Angelo il 25 maggio 1926, figlio del santangiolino Giuseppe Biancardi (la sua era una famiglia numerosa) e di Anna Appari, milanese d’origine. Figlio unico (“e questo è un particolare che lo caratterizzerà per tutta la vita”, annota la figlia Alice), Biancardi studia alle scuole magistrali di Lodi per diventare maestro. La sua non è una famiglia particolarmente ricca e per questo il giovane Renato si paga gli studi impartendo lezioni il pomeriggio. Dopo il diploma inizia immediatamente a insegnare e lo farà fino al 1981, un anno prima della morte. Il 18 ottobre 1965 alle 9 del mattino sposa nella chiesetta dell’oratorio San Luigi Paola Boggini, il cui vero nome all’anagrafe è Maria Vittoria. I due hanno dieci anni di differenza. Dal matrimonio nascono tre figli: nel 1966 le gemelle Anna e Alice e nel 1970 Giancarlo.

Un insegnante “moderno”
Renato e la futura moglie si conoscono a scuola, alle “Collodi”, dove il maestro insegnava e Paola Boggini lavorava al Patronato scolastico. E proprio alla scuola, al valore dell’insegnamento, il maestro Renato Biancardi dedicherà la propria vita. “Molti lo ricordano come un insegnante austero e severo - racconta la figlia Alice -, la sua memoria è ancora vivissima in città, tant’è vero che la sua tomba in occasione della sera dell’Ottava dei morti è sempre stracolma di lumini (a Sant’Angelo si usa illuminare il cimitero in questa ricorrenza, ndr)”. Alle “Collodi” di borgo San Rocco Biancardi non si è limitato a insegnare, ma ha ricoperto per anni l’incarico di capo plesso. E sono molti gli insegnanti di oggi che vedono nel maestro Biancardi un innovatore della didattica, lui che era maestro unico e aveva classi maschili, sempre molto numerose. “Nella sua aula aveva fatto dipingere sul soffitto una meridiana - spiega la figlia - e con il compensato aveva costruito una grande scacchiera, con l’intento di insegnare un gioco complesso e affascinante, in grado di aprire la mente ai giovani santangiolini”.

La scuola di arti e mestieri
La volontà di promuovere l’apprendimento nelle giovani generazioni lo porta poi a impegnarsi nella scuola di arti e mestieri organizzata nel castello Morando Bolognini, della quale era direttore, segretario e insegnante di matematica. “Teneva moltissimo a questa scuola, che aveva fatto diventare altamente professionale - ricorda Alice Biancardi -: a casa si mangiava alle 19, perché alle 19,30 papà doveva essere in castello per le prime lezioni”. E poi c’è il Biancardi sindacalista, impegnato nel Sinascel (oggi Cisl scuola), “di cui era riferimento per il territorio di Sant’Angelo”. Un impegno che Biancardi assolveva con grande senso di responsabilità, che lo portava spesso a Milano, a battersi per i colleghi precari. “Lo ricordo - dice ancora la figlia - al fianco di Ugo Menin e di un giovanissimo Taravella (Stefano Taravella, poi Provveditore agli studi della provincia di Lodi e oggi presidente regionale dell’Unicef, ndr)”.

Il telescopio sul terrazzino
E un altro ricordo che affiora alla mente della figlia è quello del papà grande appassionato di astronomia e del terrazzino della casa di via don Domenico Savarè dove aveva montato un telescopio, probabilmente l’unico presente a Sant’Angelo: “Ho avuto la fortuna - dice - di vedere abbracciata a lui, davanti alla televisione, le immagini della partenza dello shuttle, nel 1981. E sempre in quegli anni ricordo ancora con molto affetto i primi discorsi di politica, nati dall’esperienza di Solidarnosc (il sindacato cattolico della Polonia comunista, ndr)”.
Insegnante e uomo di cultura. Ma anche amante della fotografia, che gli permetteva di fermare su pellicola le emozioni. Biancardi è stato tra i fondatori del circolo fotografico di Sant’Angelo, a metà degli anni Settanta. La prima sede, manco a farlo apposta, è stata aperta in castello. “In via Savarè, nel suo studio, conserviamo ancora alcune macchine fotografiche che gli sono appartenute - rivela la figlia -, così come custodiamo gelosamente le foto di famiglia”. Ma sono centinaia i santangiolini che possono dire di avere in casa almeno una fotografia scattata dal maestro Biancardi. Così come sono centinaia, se non migliaia, i santangiolini che ricordano come fosse ieri la colonia elioterapica organizzata in estate allo stadio comunale. Biancardi ne è stato lo storico direttore e le fotografie che lo ritraggono all’opera rappresentano oggi un patrimonio della comunità santangiolina.
Renato Biancardi è morto a 56 anni il 15 marzo 1982. Sant’Angelo gli rende omaggio con una via, che gli è stata dedicata nel quartiere della Musellina per volontà del sindaco Gino Pasetti, di cui è stato grande amico. Per molti anni inoltre la sezione Aido di Sant’Angelo, di cui è stato fondatore, ha portato il nome del maestro Biancardi.
Lorenzo Rinaldi

IL PONTE - foglio d'informazione locale di Sant'Angelo Lodigiano