L’entourage dello storico jazzista americano accoglie l’omaggio
del musicista barasino
“Sonny era una leggenda, quasi un Dio per i musicisti più giovani. Molti pensavano che suonasse al livello di Bird. Quello che posso dire io è che ci andava molto vicino. Era un musicista aggressivo e innovativo con sempre nuove idee.
Mi piaceva tantissimo come strumentista ed era anche un grande compositore”.
(Miles Davis)
E’ proprio il caso di dirlo: la musica non ha confini. Ci viene da pensarlo quando i messaggi lanciati nello spazio non hanno parole, ma un linguaggio musicale che arriva ai limiti dell’universo. Non c’è nemmeno da stupirsi se in tempi di internet e missive telematiche, persino un brano di un musicista di casa nostra giunga alla scrivania di un mito del jazz come Sonny Rollins: forse assieme ad altre innumerevoli composizioni, chissà da quali parti del mondo, senza dubbio ispirate da uno dei sassofonisti storici ancora in vita, eppure già tra gli immortali dell’hard – bop. Così anche Lorenzo Rota (benemerenza civica S.ant’Angelo 2009) da tempo apprezzato musicista sulla scena e operatore culturale nelle scuole del territorio, ci racconta d’essere stato folgorato come San Paolo sulla via di Damasco, quando assiste all’esibizione di Rollins a Bologna per i suoi ottant’anni, nel novembre 2010. Il bop era il duro linguaggio sonoro dell’Afro – America, coi fraseggi musicali che da Charlie “Bird” Parker a John Coltrane ne hanno segnato l’identità, oggi all’ora dell’ultimo riscatto, con l’attuale riconferma del presidente degli Stati Uniti Obama, non di certo a rappresentanza di una minoranza.
Che qualcuno ne avesse accolto il messaggio prima del tempo, lo sapeva anche l’altrettanto celebre Miles Davis che, senza esitazioni, nella sua autobiografia, di Rollins aggiunge: - “se avesse continuato quello che stava facendo quando lo conobbi, forse sarebbe oggi un musicista anche più grande di quello che è - ed è un grande musicista”. Quando questi ritorna in Italia (a Perugia per l’Umbria Jazz Festival, nel luglio 2012) Lorenzo è di nuovo sotto il palco e lì – ci racconta – matura definitivamente l’idea d’inseguire il sogno e al tempo stesso: - “… la convinzione che la mia composizione fosse nata per Rollins”. Allegato a un indirizzo mail accessibile da vie ufficiali, parte la stesura del brano su spartito, sincero omaggio del musicista barasino al suo riferimento stilistico. Basti questo per dire quanto sia straordinario, non tanto che “This Is Love”, la composizione di Rota, sia giunta al cospetto del Vate, ma piuttosto che, come ufficio stampa di Mr. Rollins e portavoce dello stesso, risponda nientemeno che la firma di Bret Primack, tra le più autorevoli in fatto di jazz negli U.S.A., definendo il componimento (confermato al vaglio del grande performer) “particolarmente affascinante”. - “Da allora non ho più dormito …” – confessa Rota. Non possiamo che dargliene atto, e quantunque ci auguriamo i migliori sviluppi della vicenda, riteniamo l’episodio già di per sé testimonianza di una grande umanità e professionalità, nonché di un’umiltà comune solo ai grandi. Senza classismi di sorta e con la sola forza della musica, da una sponda all’altra dell’oceano, senza confini.
Matteo Fratti
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Lorenzo Rota
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