Il due giugno 1974, esattamente quarant’anni fa, venne inaugurato il nuovo ospedale Delmati di Sant’Angelo. Un’imponente struttura a monoblocco, le cui linee, per utilizzare le parole del parroco di allora monsignor Antonio Gaboardi, erano chiamate a trasmettere “una bellezza severa e maestosa”. La cerimonia di inaugurazione, vide la presenza del parroco (a cui spettò il compito di tenere la relazione ufficiale) e di eminenti personalità del mondo civile e religioso. Arrivarono infatti a Sant’Angelo il ministro della Sanità onorevole Vittorino Colombo, l’assessore regionale alla sanità Vittorio Rivolta, l’onorevole santangiolino Mario Beccaria, diversi parlamentari della Lombardia, presidenti di vari enti ospedalieri e, come rilevano le cronache dell’epoca, “una marea di popolo proveniente da tutti i comuni del Lodigiano”. La benedizione venne impartita dal vescovo di Lodi, monsignor Giulio Oggioni.
Quattro anni di lavori
Aprendo la sua relazione, dinnanzi alle autorità e ai cittadini, il parroco ricordò come si stessero adempiendo “i voti di tutti i santangiolini che da circa trent’anni hanno sospirato, tra discussioni e polemiche accese, una nuova sede per l’ospedale”. Monsignor Gaboardi fece poi cenno alla velocità di esecuzione dei lavori. La prima pietra venne posta il 31 maggio 1970, alla presenza dell’assessore Rivolta. “Da allora sono trascorsi esattamente quattro anni - disse monsignor Gaboardi - anni molto burrascosi, con rialzi imprevedibili del prezzi, restrizioni di credito, difficoltà di reperimento di mano d’opera e di materiale”.
L’ospedale S. Marta
Un ospedale, a Sant’Angelo, esisteva almeno fin dal 1530 e i documenti custoditi in parrocchia lo definiscono “ecclesia hospitalis S. Mariae Misericordiae” oppure “Ospedale S. Marta”, dal nome della vecchia chiesa - ora abbattuta - a settentrione della basilica (nella zona in cui si incrociano le attuali via Orsi e via Semenza), presso la quale appunto si trovava l’ospedale. “L’ospedale S. Maria della Misericordia - scrive monsignor Gaboardi - era un piccolo ambiente che aveva ragione di ospizio, oltre che per gli ammalati, soprattutto per i pellegrini romei, cioè quei pellegrini che per voto o per l’acquisto del Giubileo si recavano a Roma”.
Il vecchio Delmati
Se l’esistenza dell’ospedale S. Maria della Misericordia è provata solo dai documenti, numerosi santangiolini ricordano invece ancora oggi lo storico ospedale Delmati (attuale sede municipale, dietro la basilica), il cui nome rappresenta un omaggio al suddiacono di origine cremonese don Siro Delmati, che con il testamento del 20 maggio 1821 lasciò le sue sostanze per la fondazione di un ospedale a beneficio degli ammalati della parrocchia. Siro Delmati morì all’età di 87 anni il 25 novembre 1822. Fra i beni immobili donati figurano i fondi della Colombera, della Bosarda e della Galeotta. L’ospedale venne aperto nel 1831 e funzionò per ben 143 anni.
I primi tre progetti
Già dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, tuttavia, il consiglio dell’ospedale si impegnò per una radicale riforma dello stesso. Fu così che nel 1957 vennero approntati tre progetti: il primo si limitava a un semplice ampliamento per integrare i reparti esistenti; il secondo prevedeva la costruzione di una nuova ala che doveva sorgere sull’area del vecchio ospizio; nel terzo era invece prevista la costruzione di un complesso utilizzando tutta l’area resa disponibile con la demolizione di tutti i fabbricati esistenti. In alcune tavole si può ben notare che il nuovo ospedale era previsto al posto delle mura spagnole e della torre della girona. Nessuno di questi progetti (e vien da dire, per fortuna) vide la luce. Ma non ci si poteva fermare perché, come ricordò monsignor Gaboardi nel discorso del 2 giugno 1974 davanti alle autorità, Sant’Angelo “correva il pericolo di essere privata del suo ospedale se non avesse provveduto a una ristrutturazione e a una nuova sede”.
Il podere della Pedrina
Il fallimento dei primi tre progetti portò gli amministratori a cercare allora un’area fuori dal centro abitato. Fu scelta quella del podere Pedrina, che a suo tempo la signora Giuditta Montanari aveva donato alla parrocchia. Nel 1968 finalmente vide la luce il progetto definitivo, a cura dell’architetto santangiolino Ferruccio Rozza, che sfruttò proprio i circa 40mila metri quadrati del podere Pedrina. Il progetto prevedeva una struttura articolata in otto piani, più un piano tecnico interrato, con una superficie coperta di 2660 metri quadrati e una volumetria di circa 67mila metri cubi. Originariamente erano presenti i reparti di Medicina generale, Chirurgia generale, Ostetricia-Ginecologia, nonché i servizi di Radiologia, Laboratorio analisi, Anestesia. Successivamente sarebbero entrati in funzione i reparti di Pediatria e Lungodegenti. I posti letto complessivi, secondo il progetto di Rozza, erano 380. A questi si aggiungevano 27 posti letto in locali attrezzati per l’emergenza e 35 posti letto per il personale.
Il costo: 2 miliardi 400 milioni di lire
L’investimento per il nuovo ospedale Delmati fu significativo, 2 miliardi e 400 milioni di lire circa. A questa cifra si fece fronte con mutui per un ammontare di 1 miliardo e 450 milioni (di cui 570 assistiti da contributo statale), mediante alienazioni patrimoniali che fruttarono 412 milioni, con il contributo della Regione per 33 milioni, con oblazioni di privati e con economie di bilancio. L’impresa Banchi & Castagna di Milano, che si occupò delle opere edili, applicò uno scontro del 19 per cento (pari a 136 milioni), tanto che monsignor Gaboardi la annoverò “tra i più grandi benefattori dell’ospedale”. Le ditte che lavorarono tra il 1970 e il 1974 furono numerose, provenienti dalle province di Milano, Bergamo, Vicenza, Pavia e Bologna. Gli arredamenti e suppellettili della cappella vennero invece forniti dalla ditta Bracchi di Sant’Angelo. Alla realizzazione del nuovo ospedale il Comune, guidato dal sindaco Gino Pasetti, contribuì con la celere stesura del Piano regolatore, con la fognatura (costo 52 milioni di lire), con lo svincolo stradale illuminato (55 milioni) e con l’acquisto del vecchio ospedale Delmati, costato 105 milioni e destinato fin da allora a diventare futura sede municipale.
I benefattori
Tra i benefattori del nuovo ospedale, monsignor Gaboardi indicò Siro Delmati (il cui busto venne collocato all’ingresso) e Pietro Donadelli - già padrone di una filanda - che con testamento del 20 maggio 1860 “lascerà erede di tutta la sua sostanza lo stesso ospedale Delmati” (Donadelli morì a 64 anni il 24 novembre 1866). E ancora, Domenico Comaschi e la sorella Rosina. Il primo nel 1950 lasciò all’ospedale il fondo Bissone in comune di Bascapè; la seconda invece nel 1967 legava all’ospedale tutti i suoi beni immobili per un valore di circa 50 milioni di lire. Il nuovo nosocomio poté contare anche su una sottoscrizione pro ospedale. Tra i numerosi sottoscrittori, monsignor Gaboardi ricordò pubblicamente “la famiglia Toscani, che in memoria del defunto padre, direttore della Banca Mutua Popolare, ha offerto un milione”.
Lorenzo Rinaldi
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