Quest’anno l’Arma dei Carabinieri celebra i suoi 200 anni di vita.
Era il 13 luglio del 1814, quando Vittorio Emanuele I, re di Sardegna, per tutelare l’ordine pubblico istituisce i Carabinieri Reali, un Corpo di truppe scelte, basti pensare che per essere ammessi occorreva saper leggere e scrivere negli anni in cui l’80% della popolazione era analfabeta. Essi erano dotati di un fucile leggero e maneggevole, la carabina, da cui deriva il loro nome.
La storia dei carabinieri è strettamente collegata con il processo di unificazione dell’Italia. Man mano che gli Stati, in seguito alla decadenza dei loro sovrani, decretarono l’annessione al costituendo Regno d’Italia, i carabinieri si distribuirono nel territorio. In molti stati gli arruolamenti avvennero attraverso i componenti delle ex-gendarmerie, soltanto in Lombardia si preferì indire arruolamenti volontari.
Tra il 1860/1861, l’unità politica era largamente raggiunta e, con la legge 7 marzo 1861, si costituì il Regno d’Italia. L’unificazione fu completata con l’annessione del Veneto nel 1866, Roma con il Lazio nel 1870, il Trentino e la Venezia Giulia nel 1918.
Sempre nel 1861, l’Armata Sarda divenne Regio Esercito e i diversi Corpi di Carabinieri confluirono nell’Arma dei Carabinieri Reali, la prima Arma dell’Esercito Italiano con compiti di natura militare e sicurezza pubblica.
Il territorio era suddiviso in 13 Legioni territoriali con circa 1.600 Stazioni Carabinieri e un totale di circa 19.000 uomini.
Dall’anno 2000 i carabinieri non sono più un’arma dell’esercito, ma una forza armata autonoma.
Le prime caserme a Sant’Angelo
L’ordinamento delle amministrazioni locali del 1860 classificava Sant’Angelo (l’aggettivo Lodigiano sarà aggiunto nel 1864) con una popolazione di 8.691 abitanti, tra gli otto Mandamenti del Circondario di Lodi.
Il castello Bolognini era sede della Pretura mandamentale e nella torre erano situate le Carceri, mentre l’Ufficio municipale era collocato nel palazzo “Pollerano”, situato in Contrada della Fiera (l’attuale viale Partigiani). Ed è in questo edificio che avrà sede la prima caserma dei Reali Carabinieri, lo documenta lo “Stato d’Anime” dell’Archivio parrocchiale dell’anno 1860.
I locali che ospitavano la caserma dovevano essere piuttosto fatiscenti ed inoltre mancavano i mezzi necessari per le esigenze di vita quotidiana. Lo si desume dal verbale della Giunta municipale dell’ottobre 1861: «Sulla domanda fatta dal comandante la stazione dei R. Carabinieri per la riparazione del tetto della caserma e per la provvista di oggetti di biancheria, viene stabilito doversi incaricare il capo mastro Cantoni per la riparazione del tetto e in quanto agli oggetti di biancheria si debba incaricare il magazziniere prima con quegli che si trovano adatti tra gli effetti di proprietà del Comune e al rimanente si procederà all’acquisto in via economica». Richieste alla Giunta per ottenere «vari oggetti di casermaggio» e interventi di riparazione si ripeteranno sino all’anno 1863.
Si rendeva quindi necessario trovare una nuova sistemazione alla caserma dei carabinieri ed è ancora lo “Stato d’Anime” che, puntualmente, nel 1864, documenta la collocazione della nuova sede posta in Contrada Santa Marta e Colombarone al civico numero 80/2, fabbricato preso in affitto dalla signora Francesca Silva. In questo stabile la stazione dei carabinieri rimarrà fino agli inizi del Novecento.
La difficile situazione
dell’ordine pubblico
Quello dei carabinieri, in quegli anni in cui la povertà dei quartieri più popolari di Sant’Angelo spingeva alla delinquenza comune e al furto, era un compito impegnativo e difficile.
Secondo i dati dei carabinieri, nel 1868 i furti nel Lodigiano risultavano ancora al primo posto fra i reati commessi, con ben 365 casi; seguiva poi il reato di “oziosità, vagabondaggio, questua” con 103 casi, mentre gli omicidi erano all’ultimo posto con 3 casi. (Gazzetta di Lodi, 5 febbraio 1870).
Un problema era quello dell’elevato consumo di bevande alcoliche che si faceva in paese. Presenti in grande numero, le osterie erano il luogo d’incontro e di gioco dei ceti popolari.
Man mano che i fumi dell’alcol salivano, scoppiavano liti e risse che davano luogo a incidenti e ferimenti, essendo tradizionale abitudine dei clienti, in gran parte contadini, non separarsi mai dal falcetto, portato alla cintura che cingeva la vita.
L’Archivio comunale, in una statistica di fine Ottocento, indicava 46 vinai e 35 liquoristi.
Sulla situazione dell’ordine pubblico, è emblematica una corrispondenza da Sant’Angelo, su “Il Comune”, settimanale di Lodi, del 2 aprile 1864: «Nel borgo barasino si è proceduto all’arresto di una banda di sette persone accusate di invasione armata ed esproprio proletario alla Cascina Ceregalla. Scrivo da questo borgo, reso tristemente celebre per essere il covo di malandrini, che hanno qui piantate le loro tende frammezzo ad abitatori, in generale distinti per operosità, industria commerciale, ed indole tranquilla». L’invasione alla Cascina Ceregalla avvenne due anni prima con i componenti che si diedero alla latitanza. Ecco come un periodico lodigiano ne descrisse la cattura: «Dopo varie ricerche […] per opera dei Reali Carabinieri Mazzolini Floriano, vice-brigadiere, e Borracchia Agostino, nell’osteria di certo Cerri si compiva l’arresto del capo di quella banda, Brunetti Giovanni Battista, giovane ardito, di forza erculea, armato di acuto falcetto, nonostante avesse opposto la più viva resistenza per non essere catturato. Appena usciti dall’osteria mentre lo si conduceva alla caserma, i due carabinieri furono improvvisamente accolti da una scarica di diverse armi da fuoco. […] È facile ad immaginare che simile attacco provenne dai compagni del Brunetti, appostati in agguato, fra i quali si è veduto il Rozza Leonardo armato di trombone. […] I carabinieri riescirono a trascinare con loro il prigioniero in mezzo ad un attruppamento di rivoltosi, accresciuti a poco a poco sino a circa una trentina, rispondendo agli attacchi con colpi di revolver. […] Poco dopo venne arrestato proprio nel quartiere detto la Costa, certo Daccò Luigi, capo della opposizione armata. […] È a dolersi che la forza pubblica non abbia trovato alcun appoggio o soccorso, sia nella popolazione, sia nella guardia nazionale […] ». Un fatto gravissimo la sparatoria, considerando che i reati più frequenti di quegli anni erano quelli rappresentati da furti campestri (pollame, ecc.).
Le caserme nel Novecento
Agli inizi del Novecento la caserma dei Reali Carabinieri si trasferirà in via XX Settembre, nel nuovo quartiere detto della Vignola, in un fabbricato fatto costruire da Silvestro Tonolli.
La decisione del trasloco avvenne in seguito all’acquisto, da parte della Parrocchia, del fabbricato della caserma perché fosse adibito a nuova casa parrocchiale, in previsione della costruzione della nuova chiesa i cui lavori inziarono nel 1928 e si conclusero nel 1938.
Non è stato possibile determinare l’anno esatto dello spostamento, ma se facciamo riferimento all’anno 1925, in cui la Parrocchia acquistò lo stabile e analizzando la struttura del fabbricato da un punto di vista architettonico, si può pensare che l’inizio dell’attività nella nuova caserma fu attorno al 1920. Sono gli anni in cui nel nuovo quartiere detto della Vignola, sarà edificata la scuola elementare (1904), il nuovo Oratorio maschile (1924), le abitazioni e gli opifici come l’officina Morzenti e i magazzini di cereali Roderi Rusconi.
La sede dei carabinieri in via XX Settembre permarrà fino all’anno 1974, quando l’amministrazione comunale, retta dal sindaco Gino Pasetti, decise la costruzione di una nuova sede della caserma su un’area di proprietà comunale in via San Martino e Solferino. L’edificio, costruito dall’Impresa Ciserani di San Colombano al Lambro, su progetto del geometra Giuseppe Rosa, costituito da un piano seminterrato, piano rialzato e primo piano, sarà completato nel 1976 con l’aggiunta di un nuovo piano.
La cerimonia di inaugurazione avvenne il 16 giugno 1974 con la presenza di autorevoli esponenti dell’Arma: il colonnello Nicola Bozzi, il maggiore Di Masi, il capitano Candido Talanga, e naturalmente il maresciallo Antonio Cirotto, comandante la stazione di Sant’Angelo a cui il sindaco, nell’atto di consegna della caserma, espresse la gratitudine per l’opera della “Benemerita” a tutela dell’ordine pubblico.
Il momento religioso venne officiato dal parroco mons. Antonio Gaboardi, mentre la “preghiera del carabiniere” venne letta dall’appuntato Giuseppe Razzino. Al suono festoso della fanfara dei Carabinieri di Milano, i sindaci dei Comuni della circoscrizione territoriale della Stazione santangiolina, donarono la bandiera tricolore alla nuova caserma.
Antonio Saletta