Se “Roskaccio” fa rima con …?

Il gioco poetico del giovane Matteo Rusconi alla sala della BPL


Un entourage divertito entra in scena la sera dello scorso 27 marzo al salone della Banca Popolare.
Il pretesto è la “ prima” di un’opera a nome “Roskaccio”, che vede il debutto di un ragazzo come tanti, appassionato di un verseggiare che non è canzone, ma nemmeno tralascia la musica per scrivere soltanto.
Matteo Rusconi, classe 1979, veste allora i panni stessi del “person - accio” in questione, e invita al suo “cenacolo” gli amici di sempre, ma anche un pubblico curioso a riempire una sala, a volte generosa di posti a sedere in occasioni come queste.
Una serie di contingenze fanno invece dell’evento un’iniziativa amena e divertente, che traduce lo scrivere di tal fatta, solito per tradizione a edizioni a stampa, in una multimedialità giocosa e invisa a tecnicismi di sorta, che ha piuttosto tra le righe spunti per un’arte a tutto tondo, recitazione poetica su accompagnamento musicale, sfondo d’immagini video mai casuali, tracce di un cd intese come pagine di un libro, in una commistione di linguaggi a far del gioco alla poesia l’ibrida intuizione di un taglia & incolla quasi geniale, “multitasking” d’autore più attuale che mai. E che l’eredità di Baudelaire avesse partorito scapigliati milanesi non è una novità, ma che ci trovassimo lasciti locali a dir poco contemporanei è davvero …scoperta sensazionale!
Giochiamocela quindi, sicuramente con azzardo della situazione e licenza poetica per stare in tema, ma fruendone alfine per quell’atmosfera un po’ arte un po’ parte allorché assistiamo alla recitazione del nostro, guizzo teatrale di metafore in una metrica sghemba, che sorride non solo al simbolismo francese nel più recente accostamento a parole rock della nostra epoca (da Jim Morrison a Lou Reed), ma anche a quelle declamazioni beats che ebbero nella generazione “battuta e beata” d’anni Cinquanta di Allen Ginsberg e soci una fuga di parole in libertà: lungo la strada, fuori dagli schematismi accademici e in uno sperimentalismo linguistico senza pari. Non saremo certo a quei livelli, ma non è mero citazionismo il fatto di una personalizzazione che offre del novello bardo Roskaccio siffatta identità, bozza derivativa godibile e mai brutta copia, che ove i beats cantavano odi “jazzate”, ivi è l’accompagnamento musicale e sonoro del maestro e produttore Manjra ad assecondare emozioni talora narrative, frammentarie o simboliche, che lettura ed ascolto (con domande all’autore introdotto da Laura Fornaroli, mediate da Angelo Gallorini o dallo stesso maestro e responsabile dell’Accademia Manjra Family, alla presenza di personaggi come l’“Avvocato” o la ballerina “Lulù”) evocano in passaggi d’autore, emblematici della questione: “Io sono il pagliaccio, lo sono e lo faccio. Vesto di straccio, sono un vero pagliaccio, eh!”. Fa forse rima con Roskaccio?
Matteo Fratti

IL PONTE - foglio d'informazione locale di Sant'Angelo Lodigiano