Con la cerimonia di apertura del 5 agosto a Rio de Janeiro, Brasile si darà inizio alla XXXI Olimpiade dell’era moderna, 31esima poiché la cronologia tiene conto anche di quelle previste e poi mai disputate a causa delle due guerre mondiali: 1916, 1940 e 1944.
Le prime Olimpiadi moderne si disputarono esattamente 120 anni fa, dal 6 al 15 aprile 1896 ad Atene grazie alla perseveranza e alla tenacia del nobile Pierre de Coubertin..
Ispiratore e ideatore
delle Olimpiadi moderne
Pierre de’ Fredi, barone de Coubertin nasce a Parigi, il 16 gennaio 1863, studia dai gesuiti, poi, per tradizione di famiglia, frequenta per un breve periodo l’accademia militare di Saint-Cyr e infine la scuola di scienze politiche. Pratica anche molto sport: canottaggio, equitazione, ginnastica e corsa. Nel 1892, alla Sorbona di Parigi, de Coubertin prende parte alle celebrazioni del quinto anniversario della ”Unione delle Società Atletiche di Francia”, egli è anche il fondatore di tale Unione Sportiva e in quella sede perciò è uno degli oratori; a sorpresa lancia l’idea di far tornare in vita i Giochi Olimpici, cominciati in terra greca nel lontano 776 a. C. e soppressi nel 393 d. C. da un editto dell’imperatore Teodosio I il Grande (379 – 395) che le considerava focolai di rivolte pagane.
Trascorrono due anni e il 23 giugno 1894, ancora alla Sorbona, nell’aula Magna, durante un convegno sul dilettantismo, presenti settantanove delegati di quattordici Paesi e duemila spettatori, su richiesta dello stesso barone, ai sette punti dell’ordine del giorno se ne aggiunge un ottavo: “Possibilità di ristabilire i Giochi Olimpici”.
L’assemblea all’unanimità approva il progetto del barone, e lo stesso afferma al termine del suo intervento: “Levo il mio calice all’idea olimpica, che come un raggio di sole ritorna a rischiarare la soglia del XX secolo”.
Ai primi del 1896 è nominato presidente del Comitato Internazionale Olimpico (rimarrà in carica per un trentennio) e nello stesso anno viene inaugurata ad Atene la Prima Olimpiade moderna alla presenza di 285 atleti in rappresentanza di 13 Nazioni (a Rio de Janeiro le Nazioni saranno 231 e gli atleti 10.500).
Ad Atene l’unico italiano in gara sarebbe stato il maratoneta milanese Carlo Airoldi, che vi giunse a piedi, ma non fu ammesso in quanto per le leggi molto ferree sul dilettantismo avrebbe accettato un premio di due lire per una gara vinta: la “Torino-Barcellona”.
A de Coubertin si deve anche il progetto della bandiera olimpica con i cinque cerchi apparsa per la prima volta ai Giochi di Anversa del 1920, gli si attribuisce anche la celebre frase: “L’importante non è vincere, ma partecipare”, in realtà ebbe modo di sottolineare più volte che tale frase la prese da un vescovo americano della Pennsylvania, ma nonostante ciò è ormai sempre attribuita a lui.
Povero e solo, de Coubertin il 29 settembre 1937 muore per un infarto nel parco di Ginevra, venne sepolto a Losanna ma il suo cuore sarà murato in un’antica colonna dello stadio di Olimpia, la sua villa la lasciò a sede permanente del C.I.O.
Solo un anno prima il suo pensiero sulle Olimpiadi fu espresso con le sue ultime parole, incise su disco e trasmesse ottanta anni fa, all’inaugurazione dei Giochi del 1936, dicevano: “chiedete per me ai giovani riuniti a Berlino di completare ciò che ho cominciato, per il progresso e la dignità di tutti gli uomini”, ma non furono purtroppo ascoltate, la guerra era alle porte.
II “Ninì” a Sant’Angelo
A Sant’Angelo Lodigiano ancora oggi gli appassionati di atletica leggera, disciplina regina dell’Olimpiade, pochissimi in verità ricordano il “Ninì” Beccali (1907 – 1990), campione di prima grandezza nel mezzofondo negli anni 1928-38.
Infatti nei primi decenni del novecento Luigi Beccali, quarto figlio di Emma ed Ettore, fin da ragazzo veniva spesso da Milano a Sant’Angelo per trovare suo zio Ernesto Beccali, droghiere in via Cesare Battisti, e certamente non mancò di sapere che a Sant’Angelo allora l’ammirazione sportiva per la corsa di velocità era tutta rivolta al vincitore del campionato santangiolino - m. 1000 percorso da Maiano a Sant’Angelo - il ragioniere Cesare Tronconi.
Negli anni Venti all’Oratorio San Luigi a pochi anni dall’inaugurazione - avvenuta nel 1924 - vennero organizzati dei Convegni di Ginnastica di importanza internazionale, cui intervennero anche società sportive dalla Svizzera.
Nel campo dell’atletica partecipò alle corse campestri anche il ventenne Luigi Beccali della società sportiva “Pro Patria” di Milano e già detentore del titolo italiano sugli 800 m (2’ 10’’ 6) e sui 1500 m (4’ 47’’ 4). A queste gare tra l’altro sapeva ben figurare anche nei confronti dei migliori atleti italiani il nostro concittadino Tonino Bacca.
I santangiolini non si entusiasmarono più di tanto nel veder correre il “Ninì” così chiamato perchè era magro e gracile (1,69 X 60 Kg.) e la medesima impressione l’ebbe anche il pubblico statunitense quando lo videro arrivare all’Olimpiade del 1932 a Los Angeles dove per la prima volta comparve la fiamma olimpica.
Il trionfo di Los Angeles
Giovedì 4 agosto giorno della finale dei 1500 i 105.000 spettatori dello stadio Coliseum dettero probabilmente un’occhiata a Beccali solo quando provocò una falsa partenza – cosa davvero poco frequente nei 1500 - , tutti gli occhi infatti erano puntati sugli atleti inglesi, canadesi e americani.
Nonostante la grande tensione, il geometra milanese riuscì ad attuare una tattica di gara molto intelligente, seguendo come un’ombra i grandi favoriti.
Il primo giro vide in testa lo svedese Ny, “Ninì” però, poi cominciò a distaccarsi, ritrovandosi a 800 m. dal traguardo al quinto posto e con una ventina di metri di ritardo. Fu solo a 200 m. dalla fine che sferrò il suo possente attacco: cominciò a superare con facilità chi lo precedeva, sul rettilineo finale si affiancò per un attimo ai due battistrada, il gigantesco canadese di colore Edwars e l’inglese Cornes, con uno scatto da velocista, dopo una gara tanto tirata li superò entrambi in un battibaleno e andò a vincere migliorando il record olimpico (3’ 51’’ 2).
Il pubblico rimasto a bocca aperta si riebbe e scandiva “Italy....Italy....”, “Ninì” con quel trionfo, stupì il mondo ed esaltò gli italiani diventando così l’eroe dei Giochi.
Nel 1933 il 17 settembre all’Arena di Milano davanti al suo pubblico Beccali stabilì il record del mondo dei 1500 (3’ 49’’); nel 1934 a Torino diventa campione Europeo e all’Olimpiade di Berlino del 1936 giunse terzo per sfortuna: durante la gara, il chiodo della scarpetta di un avversario gli aveva attraversato da parte a parte il dito piccolo del piede, causandogli un dolore bruciante, impedendo al campione azzurro di dare il massimo accontentandosi del bronzo. La stessa medaglia la conquistò agli Europei del 1938 a Parigi, lo stesso anno diede l’addio alle piste italiane e nel 1939 emigrò negli Stati Uniti dove a New York aprì una ditta per la vendita di vini italiani.
Il 29 agosto 1990 Luigi Beccali si spegneva a Rapallo all’età di 82 anni: entrò nella storia dei Giochi per essere stato il primo atleta che seppe regalare all’Italia una medaglia olimpica in una gara di corsa, nonché nel ricordo dei santangiolini che lo videro correre per i prati dell’Oratorio di San Luigi.