Per un improvviso malore, all’inizio dell’anno è scomparso don Angelo Daccò, 79 anni, negli ultimi tempi impegnato presso le parrocchie di Maiano e San Rocco oltre che assistente spirituale dell’ospedale Delmati.
Era tornato a Sant’Angelo nel 2007 dopo oltre quarant’anni trascorsi quasi tutti in Africa da quando, nel 1963, due anni dopo la sua ordinazione a prete, partì per le missioni.
Prima in Rhodesia del Sud (oggi Zimbabwe) nella valle del fiume Zambesi, dove una impresa italiana aveva appena costruito una delle dighe più grandi del mondo.
La missione era nata per evangelizzare il territorio circostante la diga di Kariba, in particolare una zona dove era stata collocata una vasta piantagione di canna da zucchero che aveva attirato migliaia di lavoratori con le loro famiglie.
Nel 1967 la proprietà inglese decise però di interrompere la coltivazione e la zona cadde in abbandono e miseria.
Don Angelo fu inviato allora nella sua prima missione in Burundi, terra che a fasi alterne lo ospiterà per gran parte della sua vita.
Proprio nel piccolo Stato dell’Africa orientale, sito nella regione dei Grandi Laghi, 10 milioni di abitanti prevalentemente cattolici, don Angelo sarà testimone di eventi tragici che ne segneranno profondamente l’animo.
La storia del Burundi è purtroppo caratterizzata da tragedie. Anche in anni recenti questa terra è stata martoriata da genocidi, guerre civili e violenti scontri tribali.
A don Angelo toccò di vivere momenti terribili a causa del conflitto fra etnie Hutu e Tutsi.
Così le scene di una impensabile atrocità rimasero per sempre fissate nei suoi occhi. Nelle orecchie gli restarono le urla assordanti dei massacri.
E nel suo cuore si insinuò una profonda inquietudine che certamente non fu estranea, anni dopo, alla decisione di tornare a casa.
Qui, chi lo ha conosciuto un po’ superficialmente, lo ha visto forse come un prete un po’ silenzioso, un uomo riservato a tratti un po’ asciutto.
Chi lo ha conosciuto di più conserva di lui un ricordo di piena umanità. Emblematiche sono state le parole di commiato di don Olivo Dragoni al suo funerale: “Capiterà anche a voi quello che capita a me in questa ora della partenza di un caro amico? Essere vissuto vicino ad un pozzo pulito, bello dall’acqua profonda, ma col rammarico di non averne attinto sufficiente dose di acqua, tanto si era distratti e di corsa”.
“Come figlio autentico della nostra Chiesa non hai temuto le strade del mondo” gli fa eco il Vescovo Mons. Malvestiti.
E’ proprio così: don Angelo Daccò ha percorso una delle strade più dure del mondo. Come figlio della Chiesa e, ne siamo orgogliosi, come figlio di Sant’Angelo.