Fausto Pelli ci ha lasciato il 2 maggio scorso all’età di 86 anni.
Discendente da un famiglia di imprenditori originaria del Canton Ticino e trasferitasi a Sant’Angelo alla metà dell’Ottocento, Fausto Pelli nasce il 23 marzo 1931 a Sant’Angelo da Battista e Medaglia Ester, ed è battezzato dallo zio don Pio Pelli.
Rimane a Sant’Angelo fino agli anni del secondo dopoguerra, quando si traferisce a Lodi e laureato in farmacia esercita questa attività a San Colombano al Lambro, fino alla pensione.
La presentazione del libro “Soldato Minnelli” il 21 marzo 1981 alla Sala Girona di Sant’Angelo Lodigiano, con i protagonisti della serata: da sinistra, Vanda Minoja, Isabella Cornalba, Fausto Pelli, Carla Galletti, Giovanni Pesenti.
Personaggio di vecchio stampo, con quel garbo che fa da contraltare all’irrequietezza dell’artista, Fausto agli inizi degli anni Ottanta sorprende favorevolmente il mondo culturale lodigiano con la pubblicazione del libro “Soldato Minnelli”, una raccolta di componimenti poetici che Tino Gipponi, suo estimatore, nella prefazione identifica come poesia “…che si collega anche al versante dell’ermetismo e al suo principio teorico e critico di poesia come atto puro della parola…”. Per volontà dell’autore la presentazione del libro avviene il 21 marzo 1981 alla sala Girona delle Mura Spagnole della sua Sant’Angelo Lodigiano in una affollata e applaudita serata in cui lui stesso declama una lirica dedicata al natio borgo San Rocco, testo che riproduciamo a lato.
Seguono altre raccolte di liriche e poesie: “Lettere a Demofilo”. “Dal campo dorato”, “Chiamarsi Eravamo”, ma Fausto eccelle non solo nella poesia e lo dimostra nell’avvincente prosa del libro “Don Nicola” una biografia del sacerdote santangiolino pubblicata nel 1996 per il 50° della canonizzazione di Santa Francesca Cabrini.
Fino a qualche mese fa era possibile incontrarlo a Sant’Angelo quando faceva visita alla figlia Siria e ai nipoti Aurora e Lorenzo, oppure passeggiare per le vie del centro con l’intento di scambiare un saluto con qualche vecchio amico, assaporando l’atmosfera di una borgata che aveva sempre nel cuore.
È tornato per l’ultima volta, questa volta per sempre, nel nostro cimitero, nella cappella di famiglia, a riposare insieme ai suoi cari.
Borgo San Rocco
Canne di gelo colpiva
la fionda d’inverno, ricordo
frammenti macchiare
il soppalco.
A la festa d’agosto tre tende
e i banchetti coi lumi
sul dosso a lastroni.
Della chiesa di nonna Lucia
la balaustra di selci sul rialzo,
fondaco, ribaltà dell’età
cortese, dell’albeggiare.
Presto corrosero quei frizzi
e drammi, emblemi, sonar
di cavalli.
Tornai un giorno e al cambiato
fraseggio la conca spianata
offriva lo stacco
che non ha sosta.
E quell’ebrezza lesta da
tuffar di sula nel ghermire,
da romito il riandare senza
saluto – il cauto morire –
sapevi in silenzio, o borgo,
al tuo fiorire.
Fausto Pelli
5 luglio 1978