Dalla fine dell’Ottocento ai primi decenni del Novecento, l’economia santangiolina si trasforma nella composizione della manodopera, passando da un’attività fondata prevalentemente sull’agricoltura, alla creazione di attività imprenditoriali, che causano un grande mutamento nelle attività economiche di Sant’Angelo, dando luogo a trasformazioni importanti nella struttura sociale del paese.
Sorgono le imprese per la produzione di aratri ed erpici di Manzoni e Savarè, l’officina Morzenti, la fornace di mattoni in cotto di Pelli, la filanda di Vigorelli, il setificio di Colombo in castello, la latteria di Riboni, la produzione di prodotti caseari di Mascheroni, la brillatura del riso di Soresina e altre ancora.
Di pari passo diventa urgente affrontare il problema della formazione di una manodopera specializzata, unito a quello dell’istruzione professionale dei cittadini che si accingono ad accedere alle nuove attività lavorative, temi importanti per il decollo e lo sviluppo delle nuove industrie.
Su questa nuova sfida, la comunità santangiolina non si fa trovare impreparata. Nel 1899, per iniziativa dell’amministrazione comunale, ha inizio una scuola di disegno ornamentale, premessa per la futura scuola d’arte e mestieri. L’insegnamento della scuola non si limita al disegno ornamentale, ma intende essere la prima tappa per arrivare al disegno meccanico e alla sua lettura, passaggio obbligato per arrivare a qualsiasi specializzazione.
Battista Medetti, disegnatore e modellista
La scuola è frequentata da alunni che diventeranno protagonisti dello sviluppo industriale del paese, fra cui spicca per impegno e bravura Battista Medetti, che, guidato dall’insegnante di disegno Francesco Cazzulani e dallo scultore Michelangelo Bielli, affina l’innata predisposizione al disegno e alla scultura, che lo porteranno a diventare abilissimo disegnatore meccanico, modellista e industriale egli stesso.
Battista Medetti nasce il 7 aprile 1880, da Pietro e Rosa De Ponti, a Mezzate Linate (l’attuale Peschiera Borromeo), dove frequenta i sei anni della scuola dell’obbligo. Negli anni dell’adolescenza, con la famiglia e il fratello Luigi, si trasferisce nel pavese a Campomorto (frazione di Siziano), dove nasce la sorella Adele. I genitori si dedicano all’allevamento di maiali, attività che ha breve durata a causa di un’epidemia di peste suina, che falcidia l’allevamento.
Insegnanti e allievi della scuola di disegno nel 1903, Battista Medetti, quinto da destra, con mazzuolo e scalpello accanto ad un sua opera, Francesco Cazzulani direttore, terzo da sinistra, Michelangelo Bielli scultore, terzo da destra; nel 1936 in gita a Luino sul Lago Maggiore, sono riconoscibili, in primo piano, a sinistra Battista Medetti, in secondo piano, da sinistra, il primo Clemente Bracchi, il terzo Giuseppe Ganelli (farmacista), Il quarto Francesco Cerri, il quinto Pietro Medetti e il settimo Vittorio Medetti.
Nel 1899 la famiglia si trasferisce a Lodi, dove Battista, dal 14 marzo 1910, trova occupazione presso lo stabilimento “Varesi Lombardo”, come modellista della sezione fonderia, “dimostrando una capacità non comune nel disimpegno delle proprie mansioni”, come testimonia la “Varesi Lombardo” il 29 febbraio 1912, in un documento rilasciato all’atto delle sue dimissioni, decisione che rappresenta una svolta nella vita di Battista Medetti.
È la “Fonderia e Costruzioni Meccaniche F.lli Manzoni” di Sant’Angelo Lodigiano che lo chiama per affidargli, con decorrenza 1° marzo 1912, non solo l’incarico di operaio modellista, ma addirittura l’esercizio della fonderia, con una convenzione che prevede la gestione della stessa, con la divisione degli utili in parti uguali, alla fine di ogni mese. Il contratto prevede inoltre l’occupazione gratuita della casa in via dello Statuto, adiacente alla fonderia, con l’obbligo della famiglia al servizio di portineria, per un compenso mensile di L. 160.
A trentaquattro anni di età, nel 1914, Battista Medetti sposa Bianca Asti, di Graffignana, da cui ha sei figli: Pietro nel 1915, Alessandro nel 1917 (disperso in Russia nel dicembre 1942, a seguito della battaglia che travolge il Corpo d’armata italiano), Vittorio nel 1918, Rosa nel 1920, Maria nel 1923 e Luigia nel 1929.
La fonderia e l’impegno nella scuola
L’impegno sottoscritto con la “Fonderia e Costruzioni Meccaniche F.lli Manzoni”, nonostante preveda la durata di cinque anni, di comune accordo si protrae fino al luglio 1925, quando il Medetti lascia l’incarico di capo fonderia, sentendosi ormai maturo per affrontare l’impegno di fondare una propria fonderia.
La primitiva fonderia Medetti, compresa l’abitazione della famiglia, è collocata in locali inadeguati di via Poscastello, situazione che costringe qualche anno più tardi a trovare una più conveniente sistemazione in una bella palazzina di via Mazzini, prima in affitto e, dal 1948, in proprietà, nei cui ampi spazi retrostanti si sviluppano gradatamente capannoni in grado di soddisfare le esigenze industriali di una tecnologia sempre più avanzata.
L’esperienza di Battista Medetti come modellatore, ramo in cui eccelle particolarmente, appresa nel lavoro quotidiano della sua fonderia, viene continuamente riversata nella scuola come insegnante, inizialmente di domenica, con qualche ora di lezione e di esercitazione pratica, sempre gratuitamente e per la sola soddisfazione di istruire operai capaci.
All’Esposizione Internazionale dell’Industria e del Lavoro di Torino, dal 20 aprile al 31 ottobre 1911, organizzata per celebrare il cinquantenario dell’Unità d’Italia, è documentata la partecipazione della Scuola d’arte e mestieri con i lavori degli allievi santangiolini: disegni di arte muratoria, fabbrile, meccanica e decorativa, progetti di palazzi, sorprendono i lavori realizzati con il legno, compresa una libreria, capolavoro ebanista che gareggia con le migliori produzioni esposte, opere in cui si percepisce la mano del maestro intagliatore Battista Medetti.
Nel 1919, dopo l’interruzione dovuta agli anni della prima guerra mondiale, la scuola trova il sostegno del conte Gian Giacomo Morando Bolognini, che mette a disposizione i locali del castello impegnandosi con aiuti economici al suo sviluppo. Per effetto di questo importante intervento la scuola assume il titolo di “Scuola d’arte e mestieri Gian Giacomo Morando Bolognini”.
Gli anni dello sviluppo industriale
Gli anni dal 1919 al 1940 sono quelli in cui tutto il mondo del lavoro assume un orientamento meccanico-industriale e i giovani santangiolini in possesso dell’attestato della scuola sono richiesti e apprezzati nel capoluogo lombardo e in tutto il territorio. Ecco allora il moltiplicarsi dei corsi festivi e serali, con l’aggiunta di quelli per saldatori e tornitori.
Quando muore Francesco Cazzulani, uno dei fondatori della scuola, il compito di proseguire è affidato a Battista Medetti che, da entusiasta maestro ed educatore, non lesina impegno e fatica.
L’attività della fonderia Medetti si sviluppa sempre più, occupando fino a ventisei operai che producono qualificati manufatti in ghisa: forni per la panificazione, parti meccaniche per aratri, pulegge, contrappesi per gru, basamenti per macchine utensili e carrelli elevatori.
Battista Medetti, insieme all’attività di animista in fonderia, da abile intagliatore e scultore qual è, si dedica alla realizzazione di altorilievi, cornici, intarsi, autentiche opere d’arte che ancora oggi fanno bella mostra nelle abitazioni di nipoti e famigliari.
Nel 1949, a riconoscimento di una vita dedicata all’istruzione professionale, il sindaco consegna a Battista Medetti la benemerenza cittadina con una medaglia d’oro.
I figli Pietro e Vittorio, sotto la guida del padre, divengono anch’essi abili fonditori e alla morte del padre, avvenuta il 4 novembre 1959, assumono la conduzione della fonderia fino al 1987, anno in cui l’opificio cessa ogni attività.
«Battista Medetti, per molti anni insegnante presso la Scuola, indirizzò ed educò intere generazioni, infondendo nei giovani il senso della bellezza attraverso l’applicazione del disegno e delle arti figurative. La sua feconda attività, la sua dirittura morale sia sempre ricordata dalla cittadinanza». È il necrologio della “Scuola Professionale G.G. Morando Bolognini”, che riteniamo possa essere il miglior tributo alla memoria di un uomo che, schivo di ogni onore, ha intuito l’importanza della formazione professionale, aprendo all’inizio del Novecento nuove prospettive di lavoro per i giovani.