Per i santangiolini, il 24 aprile 1945 è da ricordare per la festosa accoglienza ai partigiani rientrati dalle zone montane della Resistenza.
Installato il Comitato di Liberazione Nazionale nei locali dell’ex casa del fascio, e ripristinata la caserma dei carabinieri, tutto procedette in modo ordinato, con il desiderio della popolazione di riappropriarsi di vie e quartieri, dopo anni di razionamenti, rastrellamenti e coprifuoco.
Purtroppo non era finita, vi furono momenti di tensione e di preoccupazione il 26 aprile, quando si seppe che sarebbe transitata da Sant’Angelo una colonna di tedeschi in ritirata, che minacciava di bombardare i centri abitati nel caso non fosse garantito un passaggio sicuro, senza attacchi da parte dei partigiani.
Il giorno dopo, infatti, venerdì 27 aprile 1945, sotto un cielo piovoso, una grossa colonna motorizzata tedesca in ripiegamento, proveniente dalla Liguria, risaliva da Pavia diretta verso il Brennero. Verso le ore 6 del mattino la colonna giunse a Villanterio, dove il giorno precedente si erano verificati episodi cruenti tra partigiani e tedeschi con un loro militare rimasto vittima nel campo detto “La Vigna”, violenta fu la rappresaglia dei tedeschi che si sparsero per il paese uccidendo, e saccheggiando. Dopo aver liberato i commilitoni tedeschi tenuti prigionieri nel castello villanterese e appiccando il fuoco a un cascinale, la colonna ripartiva dirigendosi verso Sant’Angelo Lodigiano.
Il passaggio e la trattativa con i partigiani
Attraverso la testimonianza del contadino Antonio Sommariva, che assistette al passaggio della colonna sulla circonvallazione di Sant’Angelo, abbiamo notizie precise sulla formazione e consistenza della colonna tedesca. Preceduta da un’auto militare che controllava il percorso da compiere, seguivano autocarri, autotrainati e artiglieria, autoblindo, mezzi militari, e in coda veicoli civili occupati da formazioni fasciste che si erano aggregate, e le biciclette a chiudere il convoglio.
Il gruppo, che si apriva la strada verso nord e che durante il percorso liberava i reparti tedeschi isolati e raccoglieva contingenti nazifascisti, prudentemente sostò nei pressi della cascina Malpensata temendo che nell’attraversamento di Sant’Angelo sarebbero stati attaccati dai partigiani che presumevano molto numerosi in paese.
Il comandante tedesco della colonna chiese allora di incontrare Alessandro Tonolli e Pietro Speziani, capi partigiani, assicurando che nel passaggio non si sarebbe arrecato danni né alle cose, né alla popolazione.
Con grande difficoltà e con la responsabilità sulla sicurezza e tutela dell’ordine pubblico le parti si accordarono, anche perché dal Comitato di Liberazione Nazionale, furono emanate disposizioni di evitare attacchi armati e di trattare sempre con le colonne di automezzi in transito perché generalmente superiori di uomini e armamento alle squadre dei patrioti.
Nella trattativa il capitano tedesco pretese di avere con sé due partigiani come ostaggi, onde evitare sorprese, su una macchina scoperta che avrebbe preceduto la colonna.
Insieme ai due partigiani salì sulla vettura anche don Nicola De Martino, sacerdote noto per la vicinanza al movimento partigiano. Qui la cronaca presenta più versioni fino a contraddirsi in alcuni dettagli: si è discusso, per esempio, sull’itinerario che don Nicola avrebbe percorso e in che modo, chi l’ha visto solo sull’auto scoperta, chi dice di averlo visto che precedeva a piedi con le mani alzate e con un fucile puntato. A detta del testimone oculare, Antonio Sommariva, don Nicola era seduto sul sedile posteriore della macchina e non era mai rimasto solo.
Gli spari contro la colonna e l’uccisione di Cazzulani
e Gallotta
Mentre le truppe tedesche percorrevano la circonvallazione e tutto sembrava risolto, improvvisamente verso le ore 11.00, si verificò un grave episodio e del tutto inatteso; colpi di fucile furono sparati contro la colonna, forse per errore o inconsapevolmente. Alcuni dissero che i colpi provenivano dal castello, altri dall’alto del campanile, circostanze mai appurate.
Tanto bastò che la colonna si fermasse e disposti gli uomini in assetto di guerra, agli ordini del capitano Hatenfaust, s’iniziò a sparare contro il paese. Era stato infranto l’accordo con i garanti partigiani e la reazione fu un mitragliamento di grande intensità contro le abitazioni, raffiche che furono indirizzate anche verso alcuni contadini che lavoravano nei campi nei pressi del Chiesuolo, provocando la morte di Paolo Cazzulani, quarantanove anni, contadino alla cascina Basellina, condotta dalla famiglia Ramaioli, colpito mentre stava lavorando il terreno con cavallo ed erpice. Trasportato nelle case coloniche della cascina in via Diaz, fu portato d’urgenza all’ospedale Delmati, dove il dottor Vincenzo Rizzi non poté far altro che certificarne la morte per ferite addominali.
Paolo Cazzulani era un reduce della grande guerra 1915-18, nato a Mairago, giunto a Sant’Angelo sul finire del 1936, era diventato uomo di fiducia del fittabile Ramaioli, del quale fungeva anche da autista, lasciò la moglie Maria Barcellesi e quattro figli in tenera età, Pietro, Purissima, Luigi e Giovanni.
Individuare le persone responsabili degli spari era l’obiettivo dei tedeschi che, scesi dai loro mezzi, entrarono di forza in una cascina condotta da Emilio Gallotta e i suoi due figli Bassano e Domenico, posta nei pressi del quartiere della Vignola, prospicente la circonvallazione, di proprietà della famiglia Manzoni.
Il figlio Bassano Gallotta, trentaquattro anni, celibe, che si trovava nella stalla con il padre, indugiando alla finestra, fu colpito al torace e in altre parti del corpo, soccombendo senza scampo. Al medico Battista Cerri, accorso immediatamente, non restò che certificarne la morte.
Il mitragliamento e colonne di tedeschi in fuga
Il mitragliamento verso il paese proseguì per oltre un’ora colpendo molte abitazioni e il campanile della chiesa parrocchiale. Sulle pagine del Memorabilium, il parroco monsignor Giuseppe Molti scrisse: “I tedeschi attaccarono con un bombardamento martellante sul paese dalla circonvallazione. Il fuoco durò quasi un’ora...”.
Diversi i colpi di mortaio, uno dei quali centrò il muro dell’abitazione della cascina Pedrina causando un grande foro che molti ricordano. Terminato il mitragliamento, il comandante della colonna pretese che un’auto avvisasse la popolazione di rimanere in casa, fino al compiuto passaggio della colonna.
Attivati i contatti con il comandante della colonna, alle ore 12.30 i tedeschi ripresero il loro cammino, alla cascina Mottina svoltarono per Lodi, attraversarono il ponte sul fiume Lambro fino alla cascina della frazione Maiano. Qui lasciarono liberi i due partigiani e don Nicola, proseguendo verso Lodi dove durante il loro passaggio gettarono nell’angoscia l’intera cittadinanza.
II tragitto verso il Brennero del convoglio della Wermacht s’interromperà poco dopo presso Soncino, attaccato e semidistrutto dall’aviazione degli alleati.
Altre colonne tedesche sono passate da Sant’Angelo. Domenica 29 aprile 1945 mentre si celebrava la Santa Messa nella chiesa parrocchiale, il sacerdote dal pulpito consigliava ai fedeli di rientrare e rinchiudersi nelle case, perché alcune colonne tedesche puntavano verso il nostro paese, una proveniente da Bargano e un’altra da Vigarolo.
Un’autovettura tedesca proveniente da Bargano chiese di parlamentare con Pietro Speziani e Sandro Tonolli, capi partigiani, allo scopo di accordarsi sul passaggio della colonna senza problemi, con i tedeschi che non avrebbero opposto resistenza se non fossero stati attaccati.
Nel tardo pomeriggio dello stesso giorno, mentre si svolgevano i funerali di Paolo Cazzulani e Bassano Gallotta, una seconda colonna tedesca transitò saccheggiando la cascina Mottina, poi passò per borgo San Rocco derubando in alcuni negozi e razziando cavalli, biciclette e masserizie per poi dirigersi verso Melegnano.
L’ordine del C.N.L. (Comitato di Liberazione Nazionale) era di non sparare per nessun motivo, e così avvenne.