Guerra mondiale, Resistenza e Liberazione nel territorio
Il volume presentato dalla Società della Porta
Nell’ultimo libro di don Giulio Mosca il ritratto di un territorio e della sua gente

di Lorenzo Rinaldi


“Don Nicola De Martino era originario di Sant’Angelo e a Sant’Angelo era rimasto anche dopo l’ordinazione sacerdotale. Un barasino integrale. Aveva poco più di 50 anni. In paese era un’istituzione e come tale era riconosciuto da tutti. “E’ doveroso far risultare che il predetto sacerdote gode la stima e la benevolenza di tutta la popolazione, che si può dire che non muova dito senza che Don Nicola non sappia”. Era il prete dell’Oratorio e non c’era giovane che non avesse rapporto con lui. Conservava il rapporto epistolare (come usavano altri sacerdoti) con tutti i giovani che venivano arruolati. Conservò con cura i pacchetti di lettere che gli inviavano da tutti i fronti. Dopo la sua morte - dopo essere state esposte nel Museo di Madre Cabrini - furono conservate da Don Carlo Cerri e dopo la morte di questi, furono depositate, a cura del sottoscritto, nell’Archivio Parrocchiale. Giuseppina Rognoni Bassi ne ha pubblicato una parte nell’emozionante volumetto “Lettere dal fronte””.

Così scrive don Giulio Mosca nel libro “I cattolici lodigiani nei giorni della Repubblica Sociale Italiana, della Resistenza, della Liberazione, della Democrazia 1943-1948”, edito da Pmp, quarto volume della serie “Cento anni di vita e di battaglie religiose e civili delle parrocchie del Lodigiano”. Il libro è composto da circa novecento pagine e un migliaio di note ed è un’opera monumentale che presenta quanto avvenuto in anni tragici nel Lodigiano, mettendo insieme ricordi personali del sacerdote e - soprattutto - quanto quest’ultimo ha trovato in decine e decine di archivi parrocchiali (nella sua vita ne ha riordinati ben 38!). Ci sono dunque i resoconti dei fatti salienti del periodo scritti dai parroci all’interno dei Chronicon (le cronistorie delle singole parrocchie), che possono diventare di pubblico dominio sessant’anni dopo la loro stesura. E in questi resoconti non si parla solo della vita parrocchiale delle città e dei paesini lodigiani, ma ci sono un’infinità di notizie di carattere civile. Si apprende così - solo per fare alcuni esempi - della presenza e soprattutto della localizzazione delle squadracce fasciste, dell’esercito tedesco, della contraerea, della nascita dei movimenti di resistenza, della formazione delle bande partigiane, dei bombardamenti alleati (con tanto di morti e feriti), del passaggio delle colonne tedesche in ritirata, dirette al Brennero, delle scaramucce di paese tra fascisti e antifascisti e delle stragi che puntellarono il territorio della Diocesi di Lodi.
Il volume ha dunque una duplice caratteristica. Da un lato racconta quanto avvenuto tra il 1943 e il 1948 attingendo da fonti certe e citando documenti verificabili, dall’altro amplia lo sguardo su un territorio, quello della Diocesi di Lodi, che seppur circoscritto ha dimensioni significative. Ad aiutare l’opera di don Mosca - vero storico del nostro territorio, tra i migliori conoscitori degli archivi parrocchiali - sono stati dunque indirettamente quei parroci che durante la Seconda guerra mondiale meglio e più intensamente hanno curato la cronistoria delle parrocchie loro affidate. Tra questi, i parroci di Sant’Angelo, il cui Chronicon, custodito nell’archivio parrocchiale, è una miniera di informazioni e di curiosità.
Altro aspetto interessante, finora la storia della Seconda guerra mondiale nel Lodigiano era stata scritta in maniera laica, attingendo a fonti perlopiù civili e alle memorie di quanti l’hanno vissuta. Il prezioso lavoro di don Mosca permette di ampliare le nostre conoscenze e di ricavare molte più notizie circa la vita quotidiana e i grandi eventi di un periodo che anche nel Lodigiano è stato drammatico.
Chi scrive ha avuto il privilegio di condurre - sabato 21 aprile nella sala convegni della Banca Popolare di Lodi, a Sant’Angelo - la presentazione ufficiale del libro. Una presentazione postuma, avvenuta senza la presenza dell’autore, morto il 23 ottobre 2017 a 92 anni nella casa di riposo santangiolina, quando le copie del libro erano appena uscite dalla tipografia. Al tavolo dei relatori si sono succeduti monsignor Ermanno Livraghi, prevosto della parrocchia di Sant’Antonio abate e Santa Francesca Cabrini, don Angelo Manfredi, prevosto delle parrocchie di Maria Madre della Chiesa e di Santo Stefano a Maiano, e Ferruccio Pallavera, giornalista, direttore del quotidiano “il Cittadino”. A organizzare l’evento, la Società della Porta-“Il Ponte”, le parrocchie santangioline e “il Cittadino”. Il pubblico è arrivato un po’ da tutto il Lodigiano. Non sono mancati i sindaci di alcuni comuni nei quali don Giulio Mosca ha svolto il servizio sacerdotale o di cui si parla nel libro e ha impreziosito la serata la presenza di alcuni storici del territorio, da Angelo Stroppa a Clotilde Fino, che apprezzavano la capacità di don Mosca di lavorare sui documenti.

Tra gli spunti emersi dalle relazioni di monsignor Livraghi, don Manfredi e Pallavera, ne citiamo almeno due. Il primo: il libro ha il pregio di raccontare quanto avvenuto nella fase caldissima dei mesi successivi alla Liberazione, quando anche nel Lodigiano si vivono momenti drammatici, con la resa dei conti tra fascisti e antifascisti. Momenti nei quali alcuni partigiani (fino a qualche giorno prima convinti fascisti) con le loro azioni infangano gli ideali della Resistenza sbracando nella più bieca violenza. Un altro aspetto interessante è il ruolo ricoperto da numerosi sacerdoti lodigiani - al pari di molte famiglie - nel mettere al riparo, proteggere e difendere dalla furia nazifascista soldati americani e inglesi, famiglie ebree, giovani che non volevano arruolarsi nella Repubblica sociale italiana. Ci sono piccole e grandi storie di eroismo, come quella di don Giuseppe Arioli di Bargano, arrestato e portato a San Vittore: se ha avuto salva la vita lo deve all’intervento dell’arcivescovo di Milano, cardinale Schuster. Ma, va detto, la comunità cattolica e in primo luogo alcuni sacerdoti hanno avuto anche il merito di mettere in salvo quanti, dopo il 25 aprile 1945, rischiavano la vita perché ritenuti - a torto o a ragione - vicini al fascismo. Personaggi che rischiavano di essere passati per le armi in maniera certamente un po’ frettolosa in un clima da guerra civile, anche solo per essere ritenuti affini a certi ambienti.
Tornando ai contenuti del libro, si apprende dunque che “a Sant’Angelo il Comitato di Liberazione Nazionale fu costituito il 14 ottobre 1943 da rappresentanti di partiti e ufficiali che rifiutavano di arruolarsi a servizio della RSI. I capi si riunivano nella casa dell’avv. Sandro Tonolli: Piero Speziani, Francesco Lombardi, Antonio Soini, Mario Flaim, il capitano Gatti della Finanza, sfollato alla Gibellina”.
E ancora, a Sant’Angelo come in tutto il Lodigiano il ruolo dei cattolici fu fondamentale nel gestire la delicata fase dei primi mesi del Dopoguerra, quando la necessità impellente era quella di dare pane e lavoro alle famiglie e ricreare un clima democratico, cancellato da vent’anni di regime e dalla guerra. “La comunità civile - scrive ancora don Mosca - si dotò rapidamente delle prime strutture democratiche. L’amministrazione civica provvisoria fu assunta dai rappresentanti dei partiti. Il 30 aprile ’45 si tenne la riunione costitutiva della Sezione DC. Fu nominato Segretario Rino Pozzi, Segretario di Zona Cremonesi; erano presenti Manzoni, Savarè, Beccaria, Bracchi e altri. Sotto l’egida della Sezione il 16 gennaio ’46 fu fondata la Cooperativa Santangiolina. Un paio di mesi dopo, a iniziativa di Don Nicola De Martino, fu fondata l’ACLI con il Segretariato del Popolo. Nelle prime elezioni democratiche dopo la parentesi fascista, il 17 marzo 1946, trionfò la Democrazia Cristiana”.
Ma già nel 1945, dunque lo stesso anno della fine della guerra, emergevano i prodromi dello scontro tra democristiani e comunisti, scontro che in qualche modo replicava la divisione in blocchi (americani contro sovietici) che già si delineava a livello mondiale. Don Mosca ben descrive il clima che si andava creando, anche a Sant’Angelo, un clima - diremmo oggi - da “Peppone e don Camillo”. “Anche a Sant’Angelo - scrive don Mosca - si venne presto allo scontro con i responsabili della sezione del PCI. Il prevosto Mons. Molti lesse in chiesa, dal pulpito, le disposizioni del Vescovo e il Segretario locale, in data 3 agosto 1945, gli inviò una lettera di protesta, non tanto perché parlava dei comunisti (“Fin qui nessuna obiezione da parte nostra”), ma perché perfino nelle chiese si erano diffusi manifestini che accusavano il Comunismo di ateismo (“è stato ateo nel momento più aspro della lotta rivoluzionaria”, ma non dopo) e i comunisti di essere disonesti e libertini e di non venire in chiesa, il che era falso”.

IL PONTE - foglio d'informazione locale di Sant'Angelo Lodigiano