A cento anni dalla fine della Grande Guerra, il ricordo di un musicista e del suo patriottismo.
di Antonio Saletta
La Sono passati cento anni dal novembre 1918 che segnò la fine della Prima guerra mondiale, una carneficina che lasciò decine di milioni di vittime, di cui seicentocinquantamila italiane.
Duemilacinquecento il numero dei santangiolini impegnati nel conflitto: centodieci morirono, dodici furono decorati di medaglia d’argento, otto di medaglia di bronzo.
L’eco della vittoria suscitò nel popolo italiano un clima collettivo di entusiasmo patriottico. Si iniziò nel 1921 con la cerimonia della sepoltura del milite ignoto all’Altare della Patria di Roma; di pari passo, in moltissimi centri abitati italiani si inaugurarono monumenti alla memoria dei caduti. L’anno seguente, il sottosegretario alla Pubblica Istruzione Dario Lupi lanciava poi la proposta di creare un parco o un viale delle Rimembranze in ogni città e in ogni borgo del territorio nazionale. L’intento era quello “di simboleggiare l’idea della fertilità del sacrificio dei caduti della Grande Guerra attraverso l’impianto di alberi”. Dopo l’avvento del fascismo il tono nazionalistico del culto dei caduti si accentuò e furono costruiti i grandi sacrari, come quello sorto a Redipuglia nel 1938.
A Sant’Angelo Lodigiano il viale delle Rimembranze (ora via Riccardo Morzenti), posto nel nuovo quartiere delle Vignole, venne inaugurato il 22 aprile 1923, apponendo su ogni albero il nome di un caduto santangiolino della Grande Guerra.
Sempre nello stesso anno, il 18 novembre, una festante Sant’Angelo avvolta dal tricolore inaugurò il monumento ai caduti, opera dello scultore Paolo Sozzi. Momento particolare della cerimonia l’esecuzione da parte della Banda cattolica di un marziale Inno ai Caduti, composto per la circostanza dal maestro Tomaso Paratico, organista della Parrocchia.
Tomaso Paratico
Tomaso Paratico, figlio di Alessio e di Teresa Parietti, nacque il 10 agosto 1871 a Levate (Bergamo). Sull’esempio del padre, anch’egli organista, respirò presto in famiglia l’amore per la musica. A otto anni di età iniziò a frequentare il Conservatorio “Gaetano Donizetti” di Bergamo, percorrendo i tredici chilometri che separavano Levate dal capoluogo bergamasco dapprima a piedi, poi in bicicletta: sacrifici che non gli impedirono di diplomarsi dopo solo sei anni di studi.
Nel 1889 si rese vacante il posto di organista della parrocchiale di Sant’Angelo Lodigiano. Fu indetto un concorso e nominata una commissione esaminatrice, che proclamò vincitore il diciottenne Tomaso Paratico, preferito al diciassettenne musicista tortonese Lorenzo Perosi (il futuro grande compositore). Tomaso Paratico, pur giovanissimo, aveva già superato un altro concorso, come organista presso la basilica di Sant’Ambrogio in Milano. Questo risultato avrebbe potuto permettergli un’avvenire di prestigio, ma egli preferì rifiutare per non allontanarsi dalla sua famiglia.
Accolto dal parroco don Bassano Dedè, che lo incitò a perfezionarsi allo studio, Paratico si mise subito in luce per le sue qualità di esecutore, tanto da meritarsi dal giornale cattolico Il Lemene la definizione di “giovane organista dotato di non comune capacità”.
Artisticamente era un improvvisatore abilissimo: questo suo talento risaltava in modo particolare quando sedeva all’organo Lingiardi della prepositurale santangiolina. Egli ne conosceva a fondo le risorse espressive e le combinazioni foniche che gli permettevano, al servizio della sua sbrigliata fantasia, di esprimere tutto il fascino e la bellezza della musica sacra.
La sua fama di “dominatore della tastiera” (questo il lusinghiero appellativo coniato per lui dal musicologo don Luigi Salamina) si diffuse in tutto il Lodigiano: assai apprezzato nel territorio diocesano come collaudatore di organi, fu in breve nominato membro della Commissione diocesana di Musica Sacra.
Tomaso nel 1894 sposò la maestra Chiara Giulini di Lodi, che insegnò per più di quarant’anni nelle scuole elementari “R. Morzenti” di Sant’Angelo. Ebbero undici figli di cui sei viventi.
Accanto all’incarico di organista, il Paratico fu apprezzato direttore della Banda parrocchiale e della Schola Cantorum.
Il talento di compositore
Musicista versatile, Tomaso Paratico mostrò giovanissimo grande attitudine alla composizione. Già nel 1890 alcune sue composizioni liturgiche erano state pubblicate sul periodico Musica Sacra, organo dell’Associazione Italiana di Santa Cecilia; inoltre una brillante Marcia per pianoforte fu pubblicata sul mensile La Palestra Musicale.
Il catalogo musicale dell’Archivio parrocchiale di Sant’Angelo Lodigiano elenca una ventina di composizioni del maestro Paratico: alcune edite, altre manoscritte di suo pugno. Questo elenco non è però esaustivo della sua produzione: molti manoscritti, soprattutto liturgici, sono purtroppo andati perduti.
I titoli rimasti coprono comunque un’ampia gamma di composizioni, che spazia dal repertorio sacro (inni liturgici, mottetti, messa da requiem) alla musica per banda. Tra questi brani spiccano una Marcia del 1910 (premiata con menzione onorevole in un concorso della Casa musicale Belati di Perugia) e una Marcia per gare velocipedistiche datata 1896.
Immerso in un clima di entusiasmo nazionalista Tomaso Paratico non disdegnò composizioni che inneggiavano all’eroismo e alla grandezza del regime: scrisse un Inno ai Balilla, un Canto di vittoria per i combattenti e un Inno per il decennale della rivoluzione.
Gli Inni ai Caduti
Paratico si distinse anche in composizioni dedicate ai caduti della Grande Guerra. Un primo Inno ai Caduti, con testo del santangiolino Mario Beccaria (il padre del futuro musicista don Sandro), fu composto appositamente per essere eseguito nel 1923 in occasione dell’inaugurazione del monumento ai caduti santangiolini. Il brano, successivamente pubblicato dalle Edizioni G. Spada di Bologna nel 1932, venne inviato in omaggio al capo del governo Mussolini, che inviò i suoi ringraziamenti al Paratico attraverso il Prefetto di Milano.
La composizione, che affonda le sue radici stilistiche nella musica operistica, racchiude gli elementi tipici della musica degli inizi del secolo scorso. La prima parte dell’inno, caratterizzata da accenti militareschi (ivi inclusi squilli di tromba e colpi di grancassa) introduce il tema solenne e marziale del ritornello, dove testo e musica raccontano, con l’immediatezza del sentimento popolare, la storia del conflitto mondiale.
Nel 1928, per il decimo anniversario della “Vittoria”, il Paratico compose un nuovo Inno ai Caduti, questa volta con un testo della lodigiana Irma Dabene. Il brano risulta con lo stesso impianto musicale di quello precedente con qualche aggiustamento, per lo più melodico, dovuto al differente testo utilizzato.
“Il giorno 3 maggio 1945, mentre le campane della prepositurale di Sant’Angelo annunciavano la fine della guerra in Italia, il maestro Tomaso Paratico moriva santamente presso l’ospedale Delmati, dopo brevi giorni di malattia. Con lui scompare una delle figure più caratteristiche degli organisti di vecchio stampo per i quali il suono dell’organo era una vera missione. Era a Sant’Angelo da cinquantacinque anni, un’anima di vero artista, padrone dell’organo, del pianoforte. […].”
Così scriveva Il Cittadino il 18 maggio 1945 dando la notizia della scomparsa del maestro Tomaso Paratico che tanto impegno per la musica aveva profuso nella borgata santangiolina; che in fondo non era quella in cui era nato ma che ugualmente aveva fatto amorevolmente sua.
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Sopra, ritratto del maestro Tomaso Paratico,
organista a Sant’Angelo Lodigiano dal 1889 al 1945 e
la lettera del Prefetto di Milano al Paratico
con i ringraziamenti del capo del governo Mussolini
per l’omaggio dell’Inno ai Caduti. Sotto, gli spartiti degli
inni composti nel 1923 per l’inaugurazione del monumento
ai caduti di Sant’Angelo, e nel 1928 per il decennale della “Vittoria”
nella Grande Guerra..
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