Antichi mestieri e devozioni a San Bartolomeo

di Lucrezia Semenza

Eravamo proprio in tanti la sera del 13 settembre nella deliziosa chiesa di San Bartolomeo a goderci il racconto di un pezzo della storia del nostro paese.
Lorenzo Rinaldi e Antonio Saletta hanno risposto con grande solerzia all’invito di don Ermanno e, in margine alle celebrazioni della festa della Madonna Addolorata nel rione San Martino, hanno preparato una curiosa e appassionata conferenza dedicata alle devozioni dei santi della medesima chiesa.
La calorosa adesione del pubblico al dipanarsi del racconto ha toccato il culmine quando i relatori hanno illustrato quell’antico mestiere che a lungo ha caratterizzato il quartiere, il cordaio. Con l’aiuto di Giuseppe Pasetti e Rosario Arisi, esponenti di quel nutrito grappolo di famiglie santangioline che hanno visto, per generazioni, i propri figli succedere ai padri nel faticoso rito della lavorazione della canapa, Rinaldi e Saletta ci hanno spinto a immaginare lo squarciarsi di un mondo che sembra ormai lontanissimo, anche se gran parte del pubblico mostrava di conoscerlo alla perfezione.
Il borgo di San Martino, specie nei pressi del Lazzaretto, ospitava, infatti, moltissimi “santé” (“sentieri”, per dirla con un vocabolo italiano mai usato) lungo i quali fioriva la produzione di corde di ogni dimensione, anche di quelle mastodontiche gomene riservate soprattutto alle navi genovesi.
Donne e bambini davano una mano agli uomini e con loro, sotto il sole o al freddo, in un andirivieni meccanico e faticoso percorrevano il “santé” rigato di corde che si srotolavano da grosse ruote per avvolgersi in gigantesche matasse. “Se te stüdi no te mandi a fa el curdè” era un refrain che i ragazzini, e non solo i più vivaci, si sentivano ripetere a ogni occasione. (Per la cronaca: l’ultimo “santé” coperto è stato abbattuto a colpi di ruspe nell’agosto del 2014; lo ricordava un articolo pubblicato su “Il Cittadino” da Achille Mascheroni).
La serata è stata un bellissimo omaggio alla memoria, con i ricordi di Pasetti e Arisi che rimbalzavano sul racconto di Rinaldi e Saletta, e la gente a commentare con brusii di approvazione e, spesso, tante risate. Una vera, piccola sceneggiata locale costruita attentamente su un canovaccio orgogliosamente legato alla nostra storia. Quasi un brindisi alla salute del passato e dei suoi protagonisti.
La conferenza era stata preceduta dall’inaugurazione e dalla benedizione del quadro ritrovato e restaurato da Domenico Cretti raffigurante Sant’Omobono, patrono di sarti, barbieri ed esercenti di Sant’Angelo che dagli anni Venti agli anni Sessanta del secolo scorso festeggiavano proprio in San Bartolomeo. L’effige del santo andrà ora a unirsi, in chiesa, a quella di San Postumio, patrono dei cordai.

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In alto: La benedizione di mons. Ermanno Livraghi del
quadro di Sant’Omobono.
A lato: Le interviste agli ex cordai Rosario Arisi e Giuseppe Pasetti.