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L’omaggio postumo del cabrinologo alla “piccola, grande” Cecchina

di Lucrezia Semenza

Per lui Madre Cabrini era “la Cecchina”.
Una di famiglia. Come quei lontani parenti che hanno fatto fortuna all’estero e di cui sempre si parla in casa, al punto che ci sembra di conoscerli alla perfezione, anche se mai li si è incontrati. A dire la verità, Achille Mascheroni non rivelava volentieri le ragioni di quell’affetto devoto. Solo insistendo lo si sentiva raccontare a mezza bocca di quella volta che, ragazzo, era scampato all’insidia delle acque del Lambro dopo aver mormorato “aiutami”: per pudore non aggiungeva altro ma è facile intuire a chi fosse indirizzata la preghiera.
Probabilmente per questo motivo, ma soprattutto per rendere omaggio all’incredibile impegno sociale di quella piccola, grande suorina, Achille aveva dunque deciso di riservarle buona parte del proprio tempo e della propria attività intellettuale. Tenace e appassionato custode della memoria di una vita straordinaria e dei frutti concreti di un gigantesco ministero, a lei aveva dedicato la maggior parte delle sue pubblicazioni, a cominciare da quella prima biografia edita dalle Paoline negli anni Settanta che gli avrebbe fruttato, per voce dello scrittore Giuseppe Dall’Ongaro, il lusinghiero appellativo di “cabrinologo”.
Quanto l’epiteto sia stato azzeccato lo si è potuto verificare anche l’anno scorso, all’apertura di una decina di misteriosi scatoloni che occupavano gran parte della stanza che Achille aveva adibito a studio, nell’abitazione di via Puccini. “Archivio Madre Cabrini” stava ordinatamente scritto a pennarello su ciascun cartone.
E a fianco di ciascuna scritta, dal coperchio di ogni scatola sorrideva la Cecchina, vuoi ritratta in qualche immaginetta ufficiale con la severa divisa dell’ordine, vuoi ritagliata dalla pagina di qualche rivista sbiadita, perfino immortalata in una vezzosa e americanissima spilla da tailleur che era stata ben conficcata nel frontespizio del cartone numero sette.
Tanti eterogenei segnali iconografici non potevano che annunciare la custodia di qualcosa di straordinario. Infatti: è bastato rimuovere il nastro adesivo dalla prima scatola per rimanere di stucco. Carte, documenti, foto, album. Libri, libretti, opuscoli, riviste. In italiano, certo, e in inglese, ma anche nelle più strampalate lingue del mondo. E poi centinaia di articoli di giornale, in originale o fotocopia, dal 1938 ai giorni nostri. Ma anche cartoline e francobolli. Perfino una figurina Liebig. E la palla con la neve che scivolava su una minuscola Madre Cabrini insieme al gagliardetto di una squadra di football americano orgogliosamente intitolata alla Santa dei migranti.
L’insegna della macelleria “Chechina” (scritta proprio così) accanto al volantino di una scuola di danza col medesimo nome. Una borsa di tela per la spesa e una bandiera. Spille, spillette, gemelli da polsini. Statue piccole e grandi in plastica e gesso. Anche una piccola, preziosa cornice che annunciava (chissà): “Reliquia di Santa Francesca Saverio Cabrini”. Insomma: la vita e le opere di Mother Superstar declinate in ogni maniera possibile. Era esaltante immergere le mani in quel tesoro, scatola dopo scatola, sempre in cerca di nuove sorprese appassionatamente messe insieme da Achille in cinquant’anni e più.
Tutto il materiale, privato dei gadget, è stato poi donato a suor Maria Barbagallo, direttrice dei musei cabriniani di Sant’Angelo e Codogno e da lei successivamente inviato ai volontari dell’Associazione Missione Cabriniana Oggi. Il prezioso lavoro di questi ultimi ha permesso ai vari documenti di essere accuratamente catalogati e suddivisi. Ora, custoditi in venti raccoglitori, costituiscono l’Archivio Mascheroni presso il Centro di documentazione cabriniano allestito nella casa natale della Santa. Naturalmente è a disposizione del pubblico negli orari di apertura della medesima struttura.



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