Il ricordo di Mascheroni con le sue poesie dialettali
Successo per lo show della Compagnia del dialetto barasino

di Rossella Mungiello


Un gioco di specchi, tra passato e presente, identità collettiva e individuale. Con la voglia di prendersi in giro e di riconoscersi nelle caricature dei personaggi, grazie alla voce di Achille Mascheroni e al mezzo funzionale e contagioso della risata, capace di scuotere la platea dalla prima all’ultima fila.
La serata-ricordo allestita dalla compagnia del Dialetto Barasino per il maestro Mascheroni, lo scorso lunedì 3 settembre, con oltre 500 persone assiepate in piazza Vittorio Emanuele II, ha scritto un punto e a capo nella storia della città stessa.
Perché gli anni possono scorrere inesorabili - e ne sono passati quaranta dalla prima messa in scena del Rococò, era il 1978 -, portando con sé un’evoluzione sociale e antropologica, ma no, i santangiolini non smettono di riconoscersi nella voce di Mascheroni.
In quel suo modo particolarissimo di “leggere” i suoi concittadini e raccontarli, pregi e difetti, con i versi poetici e il dialetto barasino a restituire l’effetto “verace” ai ritratti. Le signore di oggi non si ritrovano in cortile, sedia di paglia e rosario in mano; non siedono in attesa dal “medegon” per avere risposte e rassicurazioni; non inscenano rumorosi duelli a voce altissima tra i palazzi, per affermare la supremazia tra vicine. E spesso la comunicazione oggi passa attraverso strumenti che di verace hanno poco: dalle chat di whatsapp alle bacheche di Facebook.
Ma arguzia e simpatia, difesa a spada tratta della famiglia dalle malelingue, reazioni di “pancia” ad accuse e attacchi vissuti come ingiustizie: quelle no, non si perdono. E allora eccolo il legame tra la Sant’Angelo di Mascheroni e quella di oggi, che si svela tutto in una sera di spettacolo, nel pubblico che è così legato a quel ritratto dipinto in versi - capace di prendere caratteristiche individuali e renderle patrimonio collettivo - da completare le battute degli attori sul palco e anticipare con la risata le situazioni.
Uno show spassosissimo e a tratti commovente, tutto giocato sulla verve e sull’entusiasmo degli attori, ben riassunto dall’imperdibile dialogo-duello tra Angelo Gallorini e Franco Altrocchi, nei panni di due signore agli antipodi, una ligia alla casa e l’altra dedita ai piaceri della vita, che per rancori di condominio arrivano ad urlarsi di tutto, dagli insulti più coloriti alle accuse vecchie di trent’anni.
Ma a raccontare, con la voglia di mettersi in gioco e al servizio di un lavoro che ha il pregio di non disperdere un patrimonio collettivo, c’erano anche Franchino Maffessoni, Nicola Aschieri, Lorenzo Fratti, Gabriella Bracchi, Pietro Rusconi, Giovanni Marchesi, Ivan Arrigoni e Giancarlo Saletta, Lina Daccò e la collaborazione di Nene Devecchi. Che hanno scritto una narrazione vivida e gustosissima di vizi e virtù della Sant’Angelo del passato, quando il ritmo della vita - soprattutto femminile - era tutto casa e parrocchia e fornire elementi in più, per aggiornare il “gazzettino” di pettegolezzi del quartiere, era un passatempo irresistibile, sempre con arguzia e simpatia.
Tra gli sketch e le canzoni del duo Arrigoni-Saletta, anche la proiezione di immagini della storia del Rococò, le videointerviste al maestro, il racconto dell’uomo a tutto tondo e delle sue passioni. «Ad ogni spettacolo, Achille ci aspettava giù dalla scaletta del palco, con la faccia seria, mai contento e diceva “ragazzi, bisogna studiare” - ricordano gli attori della compagnia - , ma sul suo viso si leggeva la soddisfazione. Noi vogliamo salutarlo così e dirgli: maestro continueremo a studiare».








Foto di Giacomo Terno