Incontri tematici a Sant’Angelo per analizzare e prevenire un fenomeno in crescita
di Matteo Fratti
Sono gli incontri organizzati in maggio dalle scuole di Sant’Angelo ad accendere un campanello d’allarme su quel che non solo a livello mediatico sembra essere un problema sociale, a caratterizzare determinati rapporti nel segno di una reiterata prevaricazione, violenza e sottomissione dell’altro, per il compiacimento di sé stessi o del gruppo dei “pari”, soprattutto tra i giovanissimi.
Qualcosa di cui si è parlato in un ciclo di conferenze aperte a famiglia, scuola e istituzioni nell’auditorium dell’IIS Pandini di Viale Europa e organizzato con la collaborazione degli Istituti Collodi e Morzenti, per una sinergia di intenti verso una “corresponsabilità educativa contro il cyber bullismo e per l’uso consapevole dei social media”, questo il titolo.
Un fenomeno per cui non bastano solo parole, quantunque fondamentale sia anzitutto capire, e individuare il problema, per poterlo risolvere. E se non passano settimane in cui non emergano situazioni di cui sopra, deterioramento di alcune modalità comunicative dei nostri tempi, certo è che esiste il dovere di mettere in gioco strategie operative contro atti ascrivibili a simili contesti, malattia delle parti in causa e della società stessa, allorché assistendovi passiva, ne è pertanto complice.
Ecco perché il discorso in merito agli incontri è partito proprio dalla legge n.71 del 29 maggio 2017, quelle “disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyber bullismo” che la Dr.ssa Elena Ferrara, dell’Usr Piemonte e senatrice del Pd nella scorsa legislatura, ha promosso come prima norma europea in merito. Il primo intervento ospitato è stato così incentrato sulla figura di Carolina Picchio, ragazza di Novara, di cui la stessa Ferrara era insegnante alle medie e che nel 2013, a soli 14 anni, non ha retto alle violenze psicologiche subite, togliendosi la vita. Un episodio non isolato, a volte la punta di un iceberg che mostra quanto fragili siano gli adolescenti senza strumenti per difendersi in un mondo di dinamiche virtuali, ma la cui ricaduta è tragicamente più reale di quanto avessero percepito. E ancor di più ci mostra quanto fragili siano le stesse agenzie educative, dalle famiglie alla scuola, quando quegli strumenti non hanno saputo dargli.
Anche dal punto di vista della consapevolezza di ciò che può diventare reato e che pure non viene inteso come pericoloso dagli stessi ragazzi (col primo intervento, anche quello di Riccardo Colangelo, docente di Elementi di diritto e cultore di Informatica giuridica all’Università di Pavia) più abituati a comunicare on line che direttamente, senza accorgersi che tutto quanto viene scritto in rete, tanto in positivo quanto in negativo, sopravvivrà a loro stessi. Gli incontri successivi sono stati invece più mirati su di una “pedagogia della legalità” con la Dr.ssa Stefania Crema, avvocato, specialista in criminologia per quel che riguarda proprio un’educazione ai nuovi media; quindi, sul ruolo che possono avere famiglia e istituzioni per quegli “strumenti di prevenzione e difesa dal cyber bullismo” appunto, a fronte dei molti accadimenti tra le mani di chi tuttora se ne occupa professionalmente, come il Giudice per le Indagini Preliminari di Lodi Isabella Ciriaco e il vice questore Alessandro Battista, protagonisti in chiusura degli appuntamenti.
Un’operazione tanto necessaria quanto indispensabile, quella messa in campo a maggio dalle dirigenze scolastiche Verdi e Pallotta, rispettivamente per IIS Pandini/Piazza e per gli I.C. Collodi/Morzenti, e che vede il giusto proposito del fare rete con il territorio non solo di Sant’Angelo, per una tutela tanto dei giovani quanto della società stessa, che ha in essi non solo il futuro, ma lo stesso presente altrimenti a loro estraneo. E per farlo è anzitutto l’istituzione scolastica a farsi tramite di relazioni costruttive, funzionali a gestire anche le nuove tecnologie comunicative che alle vere relazioni non devono sostituirsi. Dei processi globali tuttora in corso infatti, quello telematico è più veloce di quanto le giovani menti riescano ad ammortizzare, tale da non far comprendere nemmeno la funzione stessa delle nuove tecnologie. E in mani sbagliate alle volte, arrivano a trasformare quella che un tempo era la comunque deprecabile prepotenza in un meno rintracciabile, quanto più devastante“cyber bullismo”. Preso atto di questo, ci si renda conto che se c’è anche a chi fa comodo dipingere i giovani come quella massa informe e allo sbando, qualcuno lavora ancora sulle innumerevoli potenzialità che guardano avanti e la scuola, con i suoi operatori, ha il pregio oltre che la responsabilità di scoprirle nel suo significato più vero, condurle fuori dagli individui, invitare ad un’interazione sincera per il benessere di sé stessi e degli altri, senza prevaricazioni, nella collettività stessa.
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