LA LETTURA
Gianmaria Donà Dalle Rose

L’antipapa veneziano
Vita del Doge Leonardo Donà (1536-1612)
Giunti Editore - pagine 168 - euro 20


L’autore, è di famiglia veneziana, ma è cresciuto a Milano, dove si è laureato.
Il libro racconta l’operato politico, pochissimo conosciuto, del Doge Leonardo Donà (1536-1612) all’interno della Serenissima quando la città era al culmine del suo splendore testimoniato, anche, dalla numerosa presenza di biblioteche pubbliche, private ed ecclesiastiche. Dobbiamo menzionare che proprio a Venezia tra la fine del Quattrocento e i primi del Cinquecento vennero prodotti i primi libri “stampati” (come li intendiamo noi oggi), ma dobbiamo ricordare che anche una città così prestigiosa, coltivava la sua ombra, mi riferisco al ghetto ebraico, nel quale furono obbligati a vivere gli ebrei - utili all’economia locale -, ma emarginati.
Leonardo nacque nel 1536 terzogenito di otto figli di una ricca famiglia di commercianti. Studiò molto e dimostrò un grande talento per l’arte di amministrare e per questo fu subito notato anche al di fuori dall’ambito familiare, infatti, il maggior organo di governo veneziano cui spettava, tra le altre, la nomina del doge, lo invitò a farne parte. Fu in quel momento che egli dimostrò una tempra assai poco conforme allo stile dell’epoca: rifiutò! Rifiutò perché non era particolarmente attirato né dalla fama e neppure dalla gloria. Decise, con grande stupore - da parte di tutta la città - di seguire nuovamente suo padre a Cipro e fu in quegli anni che maturò l’idea di occuparsi dell’entroterra veneziano… voltando le spalle al mare. Dopo il rifiuto giovanile - che gli procurerà stima e prestigio - a soli 33 anni diventò provveditore del comune, poi diplomatico in Spagna. La sua missione spagnola fu un vero successo perché il re spagnolo fu conquistato dalla risolutezza dell’ambasciatore, dalla sua schiettezza e dal suo realismo … quindi firmò con Roma e Venezia l’alleanza che armò la prima flotta cristiana contro gli ottomani e i turchi furono sconfitti a Lepanto (1571). Furono sconfitti grazie “anche” al ruolo importante che ebbe la “galeazza veneziana”. La “galeazza” era una barca più lunga delle normali galee, ma soprattutto più alta perciò inabbordabile che oltre ai tradizionali cannoni di bordata montava due bombarde a poppa e a prua e questa soluzione la rendeva temibile da qualunque angolazione.
Ma avvenne un colpo di scena: Venezia si accordò con i turchi sconfitti, senza ascoltare il parere contrario di Leonardo.
Ancora una volta egli diede prova della sua fermezza e, dalla Spagna, scrisse di getto una lettera alla Serenissima che dava prova della sua intransigenza. La lettera gli procurò un crescendo di incarichi pubblici di cui fu investito al ritorno dalla Spagna. Per Venezia poi arrivò un periodo difficile e complicato sia a causa della pirateria diffusa nel Mediterraneo, sia della peste (1575) che in soli due anni ridusse la città ad un guscio vuoto anche per una impensata crisi istituzionale aggravata dalle precarie condizioni di salute del vecchio Doge (Nicolò da Ponte).
Nella Repubblica negli anni seguenti si accentuò inoltre il processo di migrazione verso la campagna: molti patrizi trasferirono i propri interessi commerciali verso i territori, nella terraferma, lontani dalla costa e le tensioni tra Venezia e le città suddite risultarono evidenti. Rientrato dalla corte di Spagna, Leonardo venne chiamato a ricoprire, in breve tempo, le maggiori cariche politiche. Egli contrastò il potere del Papa in Veneto e quando il Papa, per toglierlo di mezzo, gli offrì il cardinalato di Brescia, egli rifiutò! Si batté strenuamente contro le nomine ecclesiastiche in Veneto e i tanti fuoriusciti dallo Stato Vaticano trovarono rifugio sotto le ali del Leone.
Leonardo di un solo “non rifiuto” si pentì per tutta la vita: l’estradizione di Giordano Bruno (dichiarato eretico dalla Chiesa) che fu estradato dai territori veneti a Roma e a Roma finì sul rogo. Leonardo inoltre nel 1593 sovrintese alla edificazione della fortezza di Palmanova; la fortezza nacque col nome di Palma per celebrare la vittoria di Lepanto e diventò Palmanova quando Napoleone fece costruire la terza cerchia radiale di bastioni. Ritornando al suo atavico conflitto con Roma bisogna ricordare che le ragioni del contrasto col Vaticano non erano poche. Il Papa pretendeva per gli enti religiosi (in Veneto) l’esenzione sia fiscale che giuridica inoltre non accettava la rivendicazione della Serenissima di poter scegliere i titolari delle sedi episcopali venete, a tutto questo si aggiungeva anche un altro motivo di attrito in quanto Venezia ostacolava, nell’Adriatico, la navigazione dei vascelli battenti bandiera vaticana. C’era poi anche il problema dell’applicazione dell’Indice dei libri proibiti che andava a colpire la fiorente industria dell’editoria veneziana. La situazione precipitò di colpo quando venne eletto il nuovo Papa: Paolo V, il quale fu subito molto chiaro in quanto il suo obiettivo era quello di imporre - alla lettera - la supremazia della Chiesa di Roma secondo la legge canonica, la crepa tra Venezia e Roma non poteva più essere ricomposta! Diversamente dagli altri Stati dell’Europa occidentale, a Venezia i vescovi non avevano voce nelle questioni politiche tanto che il patriarca della Serenissima (fino a metà del XVI sec.) aveva avuto la sede nella piccola città di Grado, inoltre le proprietà ecclesiali erano soggette a tassazione e le condanne a morte erano molto rare e mai date in pasto al pubblico come invece avveniva in Spagna e a Roma. Lo scontro con Roma si intensificò, ma Leonardo non abbassò mai la testa davanti alle minacce che direttamente o indirettamente arrivavano dalle stanze vaticane. Il Papa – con un atto di forza - ruppe gli indugi e lanciò l’interdetto, nel contempo il vecchio doge morì e Leonardo venne eletto doge battendo la concorrenza. Fedele alla propria intransigenza, egli cercò di trasferire il proprio stile asciutto ed essenziale nella condotta politica e persino nel rapporto con la gente. In politica mise fine agli sperperi e non ebbe alcun problema a scontrarsi con le posizioni dominanti degli altri membri del Consiglio ed anche nel conflitto accesissimo contro il vaticano si dimostrò all’altezza della situazione. Leonardo si trovò alle prese con l’interdetto papale e si affiancò al frate Paolo Sarpi che con la sua prosa indignata battè con insistenza sul tasto della corruzione della Chiesa. Ricordiamo che Sarpi (1607) - di notte - fu attaccato da cinque sicari e trafitto in viso e al collo da tre colpi di pugnale e dopo l’aggressione subìta non esitò a denunciare la Curia romana come mandante del tentato omicidio. Purtroppo a causa del dissidio con la Santa Sede, Venezia si attirò l’ostilità di Vienna e Madrid, ma, per contro, entrò in sintonia con l’Inghilterra (protestante) e la Francia. Il realismo di Leonardo lo spinse verso la pace con il Vaticano anche perché pesava la minaccia spagnola di risolvere la questione ricorrendo alle armi.
A quel punto fu decisiva la mediazione della Francia e arrivarono alla revoca dell’interdetto, Venezia resistette e non pagò pegno anche se la vittoria nella guerra dell’interdetto non cancellò i problemi strutturali della repubblica marinara. La repubblica marinara vedeva nascere e crescere al suo interno mille intrighi, paure di ogni sorta a rivalità di vario genere, in pratica: la politica era allo stallo! Fortunatamente nel viavai di persone e culture nella Venezia tra il Cinque e il Seicento Leonardo ebbe l’opportunità di essere testimone del sapere di Galileo (insegnante di matematica presso l’Università di Padova). Nel 1609 Leonardo, ormai anziano ed ammalato, acquistò un terreno (zona prospiciente a Murano) sul quale fece edificare il palazzo di famiglia, palazzo nel quale abitò per poco tempo perché nel 1612 morì a causa di un colpo apoplettico. La sua morte fu accolta con giubilo negli ambienti vicini alla Chiesa di Roma, dal patriarca di Aquileia e dalla nunziatura apostolica. L’antipapa era spirato! Ben diversa fu invece la reazione internazionale, soprattutto quella degli inglesi che lo avevano molto ammirato.
Leonardo lasciò le sue volontà testamentarie e stabilì che: per il suo funerale – comprensivo di monumento funebre - la sua famiglia non dovesse spendere più di cinquecento ducati…cifra assolutamente irrisoria per un nobile dell’epoca e a maggior ragione per un doge di così grande levatura umana e politica.
Fu rispettata la sua volontà.

Credo che il libro possa interessare a chi ama la storia, ai miei lettori sento di dire che il testo non è di difficile lettura, anche se credo sia opportuno ricordare che nei secoli successivi al 1600 la Serenissima si avviò verso un lento ed inesorabile declino. Subì l’occupazione francese. Napoleone Bonaparte cedette il territorio all’Austria. In seguito alla caduta di Napoleone il territorio veneto fu unito alla Lombardia (Regno Lombardo-Veneto) governato dagli austriaci. Gli austriaci, in seguito, consegnarono il Veneto alla Francia che a sua volta lo restituì all’Italia. Infine, con il famoso plebiscito, il territorio dell’ex Serenissima entrò a far parte del Regno d’Italia (Unità d’Italia).
Caterina Avogadri

IL PONTE - foglio d'informazione locale di Sant'Angelo Lodigiano