La pandemia da coronavirus ha creato enormi problemi: salute, lavoro, isolamento e chi più ne ha più ne metta. La scuola rappresenta uno di questi, ma non sembra essere stata oggetto di attenzioni adeguate da parte dei poteri pubblici, statali, regionali, provinciali o comunali che siano.
Da più parti si evidenzia la necessità di intraprendere una decisa lotta contro la “povertà educativa” definita una “piaga sociale inaccettabile perché nega il futuro ai nostri bambini”. Prima della pandemia i bambini in povertà educativa erano 1.200.000; ora sono praticamente raddoppiati.
Eppure la scuola prende in consegna i futuri cittadini dall’età di tre anni almeno fino ai diciotto anni; nessun altro organismo pubblico ha un compito così importante e altrettanto gravoso, se svolto nel miglior modo possibile. Sorgono allora spontanee alcune domande.
Chi deve farsi carico di raggiungere questo obbiettivo? E come?
Certamente le pubbliche amministrazioni ed i soggetti che li governano e rappresentano ai vari livelli. Con l’inizio dell’anno scolastico a settembre, gli edifici scolastici (dalle materne alle università) dovranno essere in grado di accogliere scolari e studenti nelle migliori condizioni di sicurezza per la salute e per l’efficienza formativa. Viene spontaneo chiedersi se, nei mesi appena trascorsi, sia stata fatta un’adeguata ricognizione per poter dar corso ai necessari interventi di adeguamento prima che inizino le lezioni.
Anche i dirigenti scolastici e gli insegnanti sono gravati da una grande responsabilità: la loro è una missione, devono sentire nell’animo l’importanza del loro ruolo nei confronti dell’intera società. La pandemia ha messo allo scoperto carenze didattiche ed organizzative. Quali saranno, all’inizio del nuovo anno scolastico, le nuove incombenze e le nuove modalità con cui dirigenti e insegnanti dovranno essere in grado di far fronte alle mutate esigenze formative?
I genitori: a volte sembrano interpretare la funzione della scuola come un organismo che deve produrre promozioni. D’ora in avanti dovranno impegnarsi a spiegare ai loro figli che a scuola si va per imparare, che si è promossi quando si dimostra di aver appreso e che imparare è una necessità e un’opportunità per vivere meglio.
E gli scolari? E gli studenti? Il loro comportamento responsabile e consapevole dipenderà molto (come è sempre dipeso) dalla famiglia e dall’insegnamento. Ma, proprio perché il momento educativo scolastico riveste importanza fondamentale, ci si chiede se, l’aver interrotto drasticamente le lezioni in aula, garantendo (sostanzialmente) la promozione all’anno successivo possa essere stato un errore. Qualcuno potrebbe aver pensato che la promozione si può ottenere anche senza frequentare.
Forse, nelle ultime settimane di scuola si sarebbero potuti pianificare, in accordo con le autorità sanitarie, brevi incontri con gli scolari e gli studenti riuniti in piccoli gruppi, in orari diversificati, per spiegare loro i motivi dell’interruzione scolastica, della gravità dell’epidemia, dell’obbligo di comportamenti conseguenti in tutti gli ambiti sociali, per far sì che i cittadini di domani crescano con un miglior grado di consapevolezza e di senso di responsabilità.
Il Ponte
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