Nel corso degli anni molto si è scritto sulla vita e sulle opere di Santa Francesca Cabrini. E molto si è detto, talvolta senza basi storiche, tanto che alcuni episodi della intensa avventura terrena della patrona dei migranti sono ancora oggi più simili a un affascinante romanzo che a un testo basato sul rigore delle fonti verificate. Un contributo importante per colmare almeno in parte questa lacuna arriva dall’ultimo volume di don Angelo Manfredi, “Francesca Saverio Cabrini e la Chiesa statunitense”, edito nella collana storica da Morcelliana. Un lavoro, quello del parroco di Sant’Angelo(parrocchia Maria Madre della Chiesa), che permette ai lettori di conoscere meglio il profilo di Santa Francesca Cabrini attraverso la pubblicazione inedita delle lettere che la missionaria nata a Sant’Angelo Lodigiano ha inviato all’arcivescovo Michael Augustine Corrigan e al successore John Murphy Farley e custodite negli archivi dell’arcivescovado di New York. Due pastori alla guida della vasta diocesi meta o approdo della migrazione di europei cattolici che nel XIX secolo e all’alba del XX cambiò il volto del cattolicesimo statunitense.
I rapporti tra italiani
e irlandesi
Don Manfredi, ordinato sacerdote nel 1990, da tempo abbina al ministero pastorale l’impegno di insegnante, come docente incaricato presso la Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale. E proprio le caratteristiche di valente storico gli hanno permesso di dare alle stampe un libro che va ben oltre la semplice raccolta di lettere, e aiuta a comprendere invece la complessità della società americana e i rapporti non sempre facili tra le varie nazionalità degli immigrati cattolici, addirittura tra italiani stessi, cattolici e anticlericali. “Le lettere - scrive infatti don Manfredi - permettono di approfondire l’evoluzione dei rapporti tra irlandesi e italiani nella Chiesa statunitense sullo scorcio del XIX secolo. I motivi di tensione fra i due gruppi non mancavano, sia dal punto di vista religioso sia da quello della convivenza civile”. In particolare, gli italiani erano visti dagli irlandesi come “pericolosi concorrenti” nel mercato della manodopera generica delle città dell’Est degli Usa. Quanto all’aspetto religioso, gli italiani di New York, provenienti per lo più dalla Campania e dal meridione continentale, mostravano spesso un cattolicesimo legato a forme di religiosità popolare del tutto estranee alla forma di un cattolicesimo irlandese che aveva vissuto un importante risveglio nei decenni della crisi economica (la carestia delle patate).
L’ospedale di New York
Interessanti le pagine dedicate alla costruzione dell’ospedale di New York e, anche in questo caso, don Manfredi ben tratteggia il quadro sociale nel quale la Cabrini si muove e i rapporti non facili all’interno della comunità italiana. “Le Missionarie del Sacro Cuore - scrive - non hanno avuto al loro sorgere un’impronta di tipo assistenzialistico-medico, e il modello di vita progettato da Madre Cabrini per loro è educativo e con una forte impronta comunitaria e perfino claustrale. Inoltre il progetto di ospedale per gli italiani è la tipica questione di conflitto. Anzitutto tra una certa leadership presente tra gli italiani, ancora legata ai fuoriusciti risorgimentali a forte impronta mazziniana, garibaldina e quindi anticlericale, che facevano del XX Settembre la festa degli italiani, che da anni raccoglieva fondi per un ospedale italiano ma che non era mai riuscita a venirne a capo […]”. Attorno alla fine del 1889 ci aveva provato Scalabrini, chiedendo alle Figlie di Sant’Anna, ordine assistenziale nato a Piacenza, di potersi impegnare per un ospedale e di raccogliere offerte. Don Manfredi spiega però che “le manovre dei gruppi di potere della colonia italiana spesso animati da pregiudizi ideologici avevano fino a quel punto reso impossibile la creazione dell’ospedale e qualsiasi intervento della comunità cristiana. Capiamo dunque ora perché Madre Cabrini per anni si era rifiutata di aver a che fare con questo progetto”. L’epistolario inedito proposto da don Manfredi aiuta a far luce sulla vicenda: Madre Cabrini decide “di assumersi l’ipotesi di un ospedale italiano su richiesta esplicita dell’arcivescovo Corrigan, dopo il fallimento del tentativo scalabriniani-annine, almeno così si desume. Ora - aggiunge don Manfredi - nessuno vuol smentire il racconto della fondatrice, riportato da tutte le biografie, che la Cabrini avrebbe deciso di dedicarsi ai malati italiani avendo sognato una notte un reparto d’ospedale e la Vergine Maria che si occupava dei malati e poi si rivolgeva a lei dicendo: faccio quello che tu rifiuti di fare. Questo può ben essere avvenuto, ma diciamo che la madre ha voluto da una parte un mandato forte dell’arcivescovo locale e dall’altra una serie di garanzie per non stravolgere la regola delle missionarie del Sacro Cuore in ambiente ospedaliero”.
I rapporti con i vescovi
La cabriniana suor Maria Barbagallo, nella prefazione del volume, scrive che “la fatica per gestire le relazioni con Vescovi, Sacerdoti, personalità del mondo ecclesiale impegnò notevoli energie di Madre Cabrini, energie profuse con intelligenza, sofferenza e umiltà”. E nella introduzione, don Manfredi evidenzia come “questa pubblicazione di inediti ci spinge a continuare l’indagine su questa figura decisamente originale nel panorama religioso femminile del XIX secolo, molto raccontata, ma in fondo ancora non sufficientemente indagata, e soprattutto poco compresa, dalle tante biografie spesso aneddotiche e devozionali di origine italiana, nella sua presenza in chiese giovani e in pieno sviluppo quali quella statunitense, quella argentina, quella brasiliana, di cui in Europa si conosce poco e nulla, come se non ci fosse niente di interessante”.