La cura in pillole… barasine



Lo scorso mese di dicembre, come annunciato sul precedente numero del Ponte, la nostra associazione, La Società della Porta, ha partecipato al Festival dei Diritti, evento organizzato da CSV Lombardia Sud, che ha coinvolto più di 150 associazioni delle provincie di Mantova, Cremona, Lodi e Pavia.
Il tema del Festival, che causa Covid è stato gestito prevalentemente attraverso le piattaforme informatiche, era la Cura, argomento che la Società della Porta ha affrontato in quattro puntate trasmesse in collaborazione con Radio Sant’Angelo.
Consapevoli che molti dei nostri lettori difficilmente avranno potuto seguirci sulle piattaforme on line, e visto l’apprezzamento raggiunto dalla nostra iniziativa, abbiamo pensato di fare una cosa gradita riproponendo in forma scritta il nostro contributo (ideato per l’occasione nella forma di una conversazione radiofonica).
La prima puntata del percorso, cioè “la prima pillola della cura barasina”, è stata un tuffo nella nostra tradizione e nel nostro dialetto. Abbiamo indagato i modi di dire e i proverbi santangiolini dedicati al tema della Cura.
Nella puntata radiofonica andata in onda lo scorso 7 dicembre (ancora raggiungibile sulla pagina Facebook di Radio Sant’Angelo) a dar voce alla tradizione barasina c’era l’amico Angelo Gallorini che ringraziamo per la felice collaborazione in questa iniziativa.

È LA CURA IN PILLOLE BARASINE
- Parte1 –
Guarin guaran…

Guarin guaran guaris no incö guaris duman…

Il titolo dato a questa puntata è una filastrocca che si canta ai bambini per scacciare il dolore e introduce il nostro primo appuntamento nel quale a parlare saranno proprio le parole della saggezza popolare.

Con noi Angelo Gallorini, cosa ci racconti?
Abbiamo pensato di iniziare questo breve percorso sulla Cura attraverso alcuni modi di dire del nostro dialetto che riescono a sintetizzare in modo mirabile concetti che riguardano la cura del corpo e la cura dell’anima. Si tratta di sentenze popolari, frutto dell’esperienza quotidiana che danno voce a pensieri e riflessioni ancora oggi condivisibili e per questo vengono considerate espressioni della saggezza di una comunità.
Allora, dovendo parlare di un tema come la Cura è evidente che dobbiamo parlare di malattia.
E il primo proverbio che vi proponiamo è che...
i mai i vègnun a caval e i van via a pé
.
Cioè i mali arrivano col cavallo, rapidamente, ma se ne vanno a piedi, cioè lentamente, con la costanza e il tempo che ci vuole appunto quando ci si sposta a piedi.
Il proverbio è un esempio di come la tradizione affronta, anche con immagini prese proprio dal quotidiano, il tema della salute, rappresentando dati di fatto, come in questo caso, ma capace anche di offrire regole e ammonimenti per restare in buona condizione.

Allora approfittiamo per chiedere qualche consiglio... con l’aria che tira credo ne abbiamo tutti bisogno
- Eh... a proposto di aria... con l’inverno alle porte c’è un proverbio che pare parlare proprio ai giovani che sfidano il freddo con jeans squarciati o con una spanna di pelle scoperta…
Fiöi la si che... a fasla fà dal frège l’è da gnùranti!
Tradotto: se fa freddo basta coprirsi e si evitano tanti malanni.
Il proverbio dice che non bisogna farsi gabbare dal freddo. Bisogna coprirsi.
Non solo: coprirsi e nutrirsi bene! Perché come dice un altro proverbio, pan e pagni, bon cùmpagni, cioè avere da mangiare e di che coprirsi è il modo migliore per stare bene!

Beh, grazie… però non so se mi hai convinto a rattoppare i miei jeans…Hai parlato di nutrirsi, ma forse la tradizione popolare enfatizza il cibo perché per tanti era un problema mettere insieme pranzo e cena…
C’è sicuramente un fondamento di questo tipo, ma i proverbi sanno anche parlare a chi si riempie troppo la pancia. Per esempio si dice Cun la dieta el mal el se quéta, (con la dieta il male si acquieta) cioè per calmare la malattia e favorire la guarigione occorre controllare anche l’alimentazione.
E poi ammoniscono sulle conseguenze dei bagordi: Tèmpe e cü fa quel che vor lü, cioè l’intestino fa quel che vuole, un po’ come il tempo atmosferico... c’è poco da fare!
E a proposito di tempo, Sul de finestra e ’aria de fesüra i portun l’ome a la sepultüra un proverbio di facile traduzione: Sole di vetro e aria di fessura portano l’uomo alla sepoltura”: saggezza popolare che contiene (non sempre, ma stavolta sì!) una verità. I vetri fanno passare agevolmente i raggi uv-a ma non gli uv-b. Per questo gli effetti dell’esposizione cronica attraverso i vetri sono diversi da una scottatura ma più subdoli e non meno gravi a lungo andare, con l’aggravante che non c’è la scottatura ad “avvertirci”! L’aria di fessura (cioè l’esposizione alle correnti d’aria) può portare a malanni che un tempo potevano essere letali.
Un invito ad uscire e vivere all’aria aperta, e la memoria non può fare a meno di riandare alla “colonia elioterapica” una istituzione che per la gioventù santangiolina meno abbiente ha rappresentato per lungo tempo un alto valore sociale, accogliendola in un ambiente moralmente sano dove trovavano sole, svago e persino una piscina a loro riservata. Nel corso della sua storia alla guida di questa istituzione si sono avvicendati, Rino Pozzi, Renato Biancardi, Gian Mario Tedeschi e Cesare Rusconi. E di Cesare Rusconi, Ruce, vi consiglio di leggere una poesia che ben la descrive.
Ma tu mi chiedevi del cibo e parlando di cibo e nutrimento corre l’obbligo parlare di intestino... ma no... forse non è il caso di essere volgari.

Prego, prego... proprio non si formalizza nessuno... dicevi?
Beh, intendevo dire che ci sono ovviamente proverbi che riguardano anche... diciamo... i bisogni fisiologici.
Ad esempio l’importanza di una regolare minzione è bene espressa con un paragone preso dalla zoologia: El corpe san el pisa me’n can! Vale a dire un corpo sano urina come fanno i cani, cioè spesso.
E poi ce n’è un altro, davvero molto diretto, forse troppo... i più sensibili si tappino le orecchie. È un proverbio che cerca di spiegare a suo modo i fondamentali in questo campo: Pisa ciara, merda scüra fin c’la dura mai pagüra... Ognuno traduca da sé!

Beh... direi proprio che finora abbiamo parlato di bisogni elementari..., proviamo ad elevarci... Ci sono modi di dire meno diretti? Penso alla sfera emotiva ad esempio...
Certamente, e tra l’altro per rappresentare gli stati d’animo si ricorre a immagini particolarmente suggestive.
Pensate ad una espressione che oggi si sente poco, quale Veghe i bùdei ’ndèl val, letteralmente avere le budella nel ventilabro, cioè quella cesta di vimini che usavano i contadini per separare a mano il grano dalla pula. Ora immaginate la situazione: per fare questo lavoro occorre appoggiare la cesta alla pancia per ventilare il grano lanciandolo in alto. E immaginate che sensazione potreste provare allo stomaco, lo sentireste scombussolato, preso in una morsa... come succede con l’ansia. Ecco, “Veghe i bùdei ’ndèl val” vuol dire proprio avere l’ansia, sentirsi angosciati.
Oppure avete mai sentito dire Vés morte in corda? Letteralmente “essere morto in corda” che significa essere una persona indolente, fiacca, anche dal punto di vista psicologico. Sapete da dove viene questa espressione? Si riferisce ai frutti come le zucche che talvolta non arrivano a maturare perché si secca il cordone che le collega alla radice.

Pare che tutte le risposte si trovino nel mondo contadino.
La tradizione pesca a grandi mani in quel mondo ma ci sono proverbi, diciamo più generalisti, che fondano la loro origine nell’esperienza quotidiana.
Per esempio A la sira tüti i mai vegnun a ca (alla sera tutti i mali vengono a casa) che rimanda sia alla sera intesa come fine giornata sia come all’ultima tappa della vita. È il momento in cui mali e dolori si fanno più acuti. Il proverbio potrebbe riflettere anche il fatto che il dolore fisico notturno aumenta a causa del calo delle endorfine.
E quando si dice “l’importante è la salute” la saggezza popolare risponde che La salüte sensa danè l’è una mésa malatia, cioè la salute senza soldi è come una mezza malattia... Vero tanto nel mondo antico quanto ai giorni nostri.
Poi c’è un altro proverbio che a Sant’Angelo si sente molto, Ran, ran el malade el porta el san. Si dice quando chi è più debole e malandato si fa carico, e di fatto ne diviene sostegno, di chi è più in salute di lui ( anche dal punto di vista finanziario). È un proverbio che fa il paio con un altro che dice I mai i vegnün mai in da per lur... quando alle malattie si accompagnano condizioni di difficoltà o disagio di altra natura, ad esempio sociale od economica.

Oggi la cura del corpo va oltre il benessere fisico, anzi sembrerebbe che il primo pensiero riguardi il benessere estetico. È solo un tema dei nostri giorni?
È vero che oggi abbiamo un rapporto esasperato con il corpo. Ma se la tradizione ci dice che Per cumparì bisogna sufrì (per ben apparire si deve soffrire) significa che il tema c’è sempre stato.
Non dimentichiamo poi che i modi di dire, l’avete visto… sono piuttosto secchi, a volte bruschi. Non fa eccezione il campo dei difetti fisici… di chi soffriva di strabismo dicevano El guarda le verze el rimira i gambüsi... (guarda le foglie delle verze e ne vede i gambi), a chi aveva il prognatismo (cioè la mandibola in avanti) dicevano Ghé piove in buca... insomma non erano parole indulgenti...
Quindi per tornare alla domanda... no, quello dell’estetica non è un tema nato ora... però sarebbe simpatico immaginare quali termini avrebbe trovato un paese come Sant’Angelo specializzato nel dare SCUMAGNE (i soprannomi) per rappresentare gli attuali eccessi di questo apparire: che avrebbero detto della esibizione dei corpi, come avrebbero commentato i tatuaggi, che ne sarebbe stato di chi avesse osato mostrare la propria anatomia trasformata dalla chirurgia plastica...
Eh si… le Scumagne... ma sarebbe un’altra storia! Grazie... Abbiamo parlato di cure e di malanni ma ora è tempo di concludere... parlando di malattie... sarà suggestione ma... non mi sento molto bene...
Che dire, sarà l’età... ricordiamoci che dopotutto dopu i trenta tüti i mai i se fan arenta!

IL PONTE - foglio d'informazione locale di Sant'Angelo Lodigiano