Con questo numero concludiamo le pubblicazioni dei podcast che la Società della Porta ha realizzato sul tema della Cura per il Festival dei Diritti 2020, evento organizzato da CSV Lombardia Sud.
In questa puntata, oltre a illustrare il senso del nostro contributo, abbiamo provato a riflettere sui comportamenti individuali e sulle scelte collettive utili a favorire lo sviluppo della nostra comunità sul piano sociale e su quello ambientale.
Per noi, ai microfoni di RadioSant’Angelo che ha collaborato alla iniziativa, in questa occasione c’era Giancarlo Belloni.
LA CURA
IN PILLOLE BARASINE
- Parte 4 –
Educare alla cura: si può fare?
Il progetto nato sull’onda del Festival dei Diritti che quest’anno ha come tema LA CURA, si avvia alla conclusione.
Educare alla cura: si può fare? è il titolo di questo incontro.
Ma prima di capire di cosa parleremo è il caso di ripercorrere brevemente la strada che ci ha portato fin qui.
È con noi Giancarlo Belloni al quale chiediamo di guidarci in quest’ultima tappa.
Sì, Buonasera… sì… facciamo un breve riepilogo.
Chi ci ha seguito avrà notato che nei precedenti appuntamenti abbiamo trattato il tema della cura in un modo un po’ inconsueto, pur seguendo una traccia piuttosto chiara.
Abbiamo iniziato con un po’ di leggerezza parlando della salute attraverso i proverbi e i modi di dire del sapere popolare che nel tempo ha consolidato le conoscenze e fissato le regole di una vita sana.
E lo avete fatto con esempi nel nostro dialetto che è un po’ la carta di identità dei santangiolini.
Proprio così….. un’ operazione che ci ha consentito di raggiungere due obiettivi: da un lato dare un contributo originale al tema della cura proposto dal Festival, e dall’altro quello di valorizzare il dialetto, cioè di “avere cura” noi stessi di una parte così importante della nostra cultura.
Poi, nella seconda puntata, ci avete fatto incontrare la medicina dei guaritori di campagna
Abbiamo parlato dei “medegon” perché, fino a buona parte del secolo scorso, queste figure hanno saputo raccogliere la fiducia – talvolta la credulità - dei nostri antenati.
Loro curavano grazie al segno, “el sègne”, che era la loro forza. Una ritualità tra fede e magia che però aveva il pregio di creare una relazione col malato, un po’ al contrario di quanto avviene oggi quando l’attenzione di chi cura sembra focalizzata unicamente sui sintomi.
E parlando di fede è venuto spontaneo indagare un po’ anche il rapporto tra la salute e la fede, in particolare attraverso la devozione popolare verso i Santi.
Nel terzo appuntamento avete affrontato il tema dell’inquinamento, un esempio di attenzione alla cura dell’ambiente…
Lo scopo era proprio quello di allargare lo sguardo al mondo circostante …abbiamo raccontato, anzi rievocato, Fuoco e Schiuma una performance artistica contro l’inquinamento, che cinquant’anni fa ha attirato su Sant’Angelo l’interesse nazionale.
E’ stato un modo sorprendente per focalizzare l’attenzione su un problema che all’epoca era gravissimo.
E ci è sembrato significativo ricordare questa esperienza proprio in un Festival dedicato al mondo del volontariato, un settore che spesso affronta questioni delicate cercando soluzioni innovative.
Invece il tema di quest’ultima puntata è l’educazione alla cura. Mi incuriosisce però sapere come è nata l’idea di partecipare al Festival dei Diritti. La vostra è in fondo una associazione che attraverso il giornale “Il Ponte” si occupa prevalentemente di informazione e cultura….
In realtà quello della Cura è un argomento che ci coinvolge da tanti punti di vista, così abbiamo pensato di poter dire la nostra in questo Festival facendo quello che sappiamo fare: raccontare storie e proporre qualche riflessione.
Cosa che abbiamo tentato di fare già attraverso il cammino che abbiamo proposto, che come avete visto è partito dalla cura di sé (cioè l’attenzione al benessere personale) per arrivare alla cura del mondo (cioè l’attenzione al sociale e all’ambiente).
Però, bisogna dire una cosa…e veniamo al tema della puntata… passare dalla cura del sé alla cura del mondo non è un viaggio così naturale come potrebbe sembrare… bisogna essere attrezzati per farlo!
Cosa intendi esattamente?
Voglio dire che per ottenere certi risultati, sia per la nostra salute fisica sia per il nostro stare bene in una comunità, talvolta abbiamo bisogno… come dire… di una guida…
Pensiamo a quante campagne di sensibilizzazione sanitaria tentano di farci capire i danni del fumo o dell’obesità solo per fare un esempio. Tutto questo serve non solo a ridurre i costi sociali ma in primo luogo serve a farci stare bene.
Allo stesso modo, anche nei confronti dell’ambiente e del contesto sociale nel quale viviamo, talvolta abbiamo bisogno di essere accompagnati, di essere educati a migliorare il nostro atteggiamento.
A maggior ragione quando, come spesso capita, in una comunità ci sono cittadini che, vuoi per età, vuoi per mancanza di sensibilità, vuoi per abitudini non sono propensi a curarsi del bene comune.
Spiegaci meglio… il passo tra educazione e rieducazione può essere breve…
Tranquilli, non abbiamo certo pensato di dovere rieducare qualcuno.
Piuttosto parlerei della necessità di promuovere un’attitudine, una sensibilità... quella di tenere l’ALTRO nel nostro orizzonte, intendendo con la parola “altro” non solo gli altri uomini ma anche gli altri esseri viventi, l’ambiente e la società.
Vedete, sulla cura del sé siamo già strutturalmente formati, è tutto più facile perché veniamo naturalmente avviati all’idea della cura, visto che quando nasciamo qualcuno si prende cura di noi.
Non è detto però che tale disponibilità mentale si estenda con la stessa facilità fuori dalla famiglia, verso la società e la natura.
In questo senso avvertiamo che si ponga seriamente il tema di una educazione al CURARE, anche perché di esempi al TRAS-CURARE ne abbiamo molti.
È chiaro, il PRENDERSI CURA oppure il TRASCURARE hanno un effetto diretto sulla qualità della nostra vita…
È così, e tutto dipende da noi, da noi come individui e da noi come collettività.
C’è una responsabilità personale nell’adottare uno stile di vita salutare ma ce n’è una collettiva nella creazione e nel mantenimento di un ambiente naturale e sociale sano.
Talvolta manca la necessaria consapevolezza dei propri comportamenti, altre volte manca l’orientamento attivo nei confronti del bene comune.
E qui dovrebbero entrare in campo i soggetti che operano sul territorio (Enti locali, scuole, associazioni) con progetti mirati.all’idea della Cura.
Intendi progetti per stigmatizzare comportamenti come l’abbandono dei rifiuti, il parcheggio selvaggio, i cani che sporcano ad esempio?
Non proprio… o non solo…
Intanto se pensiamo all’inquinamento, al dissesto idrogeologico, ai beni pubblici abbandonati ci rendiamo conto che i comportamenti da censurare sarebbero tanti...
Quindi più che stigmatizzare forse bisognerebbe pensare ad azioni positive, anche semplici, che promuovano lo sviluppo di una coscienza, che rappresentino un vero e proprio avviamento all’idea della CURA come forma mentale.
Un avviamento all’idea della cura mi fa pensare a percorsi dedicati ai giovani…
È una questione che riguarda giovani e meno giovani…
Intanto alcune scuole - o meglio alcuni insegnanti - e le famiglie più avvedute già promuovono questa sensibilità nei ragazzi. Anche il prendersi cura di un animale domestico o del proprio giardino può aiutare i più giovani a sviluppare una sana “preoccupazione responsabile” per il mondo che li circonda.
Bisognerebbe però pensare a qualcosa di più strutturato, a una regia. Ad interventi che allarghino la platea, che mettano in relazione le generazioni, e che siano visibili a tutti per fare in modo che le azioni buone producano buone azioni.
Ad interventi che passino l’idea che ciò che ci circonda deve interessare anche noi...
Perché, lo sappiamo, un contesto dove è tollerata l’incuria non può che peggiorare...
Questa è la teoria dei vetri rotti… giusto?
Sì… l’idea è che se ne nessuno ripara il vetro rotto di una finestra di un edificio, presto anche le altre finestre faranno la stessa fine, e al degrado si aggiungerà degrado…
La mancanza di “preoccupazione responsabile” come l’hai chiamata è un problema che coinvolge un po’ tutti i paesi. Potrebbe essere utile vedere se altrove hanno già provato a fare qualcosa…
Sì, è un esercizio che abbiamo fatto anche noi nel preparare questa iniziativa…
In effetti guardando ad alcuni comuni del circondario ci ha colpito l’esperienza degli orti urbani, richiamata recentemente anche da un lettore del Ponte.
Sarebbe un ottimo esempio che permetterebbe di raggiungere molti obiettivi, dalla cura di aree incolte, al coinvolgimento di più generazioni col trasferimento di saperi dagli anziani ai più giovani…
Quella degli orti urbani è un’idea, un’altra potrebbe essere quella di adottare uno spazio verde, un albero, un arredo urbano…, in modo diretto o indiretto attraverso una donazione…la gente sarebbe più attenta a difendere qualcosa che sente vicino…
Parliamo solo di progetti in campo ambientale o dell’educazione civica?
No, assolutamente. Forse viene alla mente subito l’ambito ambientale e civico perché in questo paese obiettivamente certe criticità sono sotto gli occhi di tutti.
Per contro a Sant’Angelo abbiamo invece una bella tradizione di volontariato sociale, anche grazie al mondo cattolico.
Non dimentichiamo che il primo pensiero della CURA si rivolge all’uomo.
E quello delle categorie fragili - di cui prendersi cura, interessarsi, preoccuparsi - dovrebbe essere un campo di azione privilegiato per un progetto di educazione alla Cura.
Anche per non disperdere quanto già di buono c’è.
Tutte considerazioni condivisibili, ma come si passa dalle riflessioni all’azione?
L’argomento ci riguarda tutti, quindi, è necessario uno sforzo individuale ma è indispensabile anche un confronto comunitario per capire cosa fare.
E diciamo anche che ci sono momenti storici che creano occasioni più fertili di altre, sia per l’elaborazione delle idee sia per creare le premesse per metterle in campo.
A Sant’Angelo, uno di questi momenti ci coinvolgerà un po’ tutti, quando fra pochi mesi inizierà il processo del rinnovo dell’amministrazione comunale.
Quella potrà essere una buona occasione per una riflessione più approfondita.
E se le forze in campo, che certamente raccoglieranno idee e proposte dei cittadini, vorranno confrontarsi anche sul tema della CURA (con i suoi molteplici aspetti) dalle loro riflessioni e decisioni potrebbe nascere un vero investimento educativo che migliori la qualità della vita della nostra comunità.
Grazie. Con questa puntata la Società della Porta conclude il suo percorso nel mondo della Cura, tema proposto dal Festival dei diritti 2020.
È stata un’occasione per riscoprire alcune tradizioni ma anche per riflettere sul nostro futuro con particolare riguardo alla responsabilità di ciascuno di noi.
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