Fondata nel 1920, operò in città per circa sedici anni:
alla presidenza anche il sindaco Angelo Manzoni
L’epopea della Cassa rurale ispirata dal parroco don Enrico Rizzi: arrivò a oltre 150 soci e finanziò la costruzione della nuova basilica
di Lorenzo Rinaldi
“Combattere l’usura, snidare con la più santa delle concorrenze questa nemica dei probi ma disagiati lavoratori dove più sordida e tenace s’appiatta, ravvivare le languenti industrie dei piccoli coltivatori, assicurare loro il sostegno del capitale onde difettano: ecco i nobili propositi cui la novella istituzione deve mirare. Dove una Cassa rurale vive e prospera, le imprese cooperative coll’obiettivo della produzione o del consumo le si svolgeranno accanto con facile e quasi spontaneo processo”. Così scriveva nella seconda metà dell’Ottocento Leone Wollemborg (1859-1932), considerato uno dei padri del credito cooperativo, anticipando di fatto la grande stagione delle Casse rurali che ebbe il merito di aiutare la povera economia contadina a svilupparsi tra le due guerre mondiali.
Nel Lodigiano, così come in altre zone del Paese, dopo la Grande Guerra sorsero numerose banche di credito cooperativo, spesso su iniziativa dei parroci, tanto che le sedi sovente erano nella canonica del paese. Molte di queste istituzioni oggi sono scomparse, altre sono confluite nelle moderne Bcc, frutto di fusioni tra più istituti, e altre ancora, come la Banca di credito cooperativo di Borghetto Lodigiano hanno resistito decenni in maniera autonoma (Bcc Borghetto è stata oggetto di fusione per incorporazione con Bcc Centropadana nel corso del 2021).
Anche Sant’Angelo Lodigiano, borgata nella quale all’economia agricola si affiancava il piccolo commercio, ebbe la sua Cassa rurale, nata in parrocchia e che per circa sedici anni rappresentò un punto di riferimento per il territorio, finanziando anche la costruzione della nuova basilica. Il merito di aver riscoperto questa esperienza cooperativa, di cui nella nostra città poco si sapeva, va ascritto a due storici lodigiani, Ferruccio Pallavera e Angelo Stroppa, che nel maggio 2021 hanno dato alle stampe il volume “Casse rurali e credito cooperativo nel Lodigiano. I fatti e i protagonisti” (edizioni PMP Lodi). La ricerca è stata effettuata, non senza difficoltà, nel corso del 2020 e dunque in piena pandemia. “Il Ponte”, pur con qualche mese di ritardo, dà notizia di questa significativa pubblicazione che va a colmare un vuoto.
La piaga dell’usura
Prima di addentrarci nella storia della Cassa di risparmio di Sant’Angelo Lodigiano è opportuno fornire un quadro d’insieme. Il Lodigiano all’inizio del Novecento contava 200 mila abitanti. All’epoca Lodi non era ancora provincia, dunque con “Lodigiano” intendiamo l’ampio territorio sul quale si estende la Diocesi di Lodi: i 60 comuni della provincia di Lodi, nata solo nel 1992; 7 comuni in provincia di Milano (Cerro al Lambro, Colturano, Dresano, Paullo, San Zenone al Lambro, San Colombano al Lambro e Tribiano), 3 comuni della provincia di Cremona (Dovera, Spino d’Adda e le frazioni di Nosadello e Gradella in comune di Pandino) e uno in provincia di Pavia (Miradolo Terme) per complessivi 71 comuni. L’attività economica prevalente era l’agricoltura. L’industria, poco sviluppata, era concentrata in prossimità dei centri maggiori. Esisteva una vasta fetta di popolazione poco istruita e che non aveva facile accesso al credito. L’usura era una piaga dunque presente, alla quale si cercò proprio di porre rimedio attraverso le casse rurali. Accanto a queste ultime occorre poi citare la fondazione a Lodi della prima banca popolare italiana, nel 1864, la Banca Mutua Popolare Agricola di Lodi, fondata per iniziativa di Tiziano Zalli (1830-1909) di idee socialiste. Una delle prime filiali della Banca Popolare di Lodi venne aperta proprio a Sant’Angelo Lodigiano ed è tuttora presente in centro città (era comunemente chiamata dai santangiolini el bancòn).
L’anno della fondazione
La nascita della Cassa rurale cattolica di Sant’Angelo Lodigiano va fatta risalire al 1920, dunque un anno dopo la formazione dei fasci di combattimento e due anni prima della marcia su Roma (i riferimenti al fascismo sono importanti perché proprio il regime avversò le piccole banche cattoliche indipendenti). Nel 1920 Sant’Angelo sfiorava i diecimila abitanti (oggi supera i 13 mila, facendo registrare nel corso del ventesimo secolo una crescita demografica modesta). Nella nostra città il credito cooperativo è legato a doppio filo alla figura di un sacerdote, don Enrico Rizzi (1882-1943), che fondò la banca, ne divenne presidente per alcuni anni e finanziò attraverso questa, importanti iniziative parrocchiali, prima fra tutte la costruzione della nuova basilica (1928-1938), dedicata poi a Santa Francesca Cabrini, proclamata beata nel 1938 e Santa nel 1946.
Enrico Rizzi, figlio di Pietro e Teresa Locatelli, nacque a Massalengo il primo giugno 1882. Fu ordinato sacerdote il 9 giugno 1906 e fu inviato a Gradella, piccolo borgo agricolo frazione di Pandino, dove rimase fino al 1920, prima come coadiutore e poi (1914-1920) come parroco. Nel luglio 1920 l’allora parroco di Sant’Angelo, don Domenico Mezzadri, faceva il suo ingresso a Chioggia come nuovo vescovo. Per sostituirlo nel novembre 1920 il vescovo di Lodi inviò don Rizzi, prima come proparroco e poi, dall’agosto 1921, come parroco.
Don Enrico Rizzi quando arrivò a Sant’Angelo vantava già una robusta esperienza nel credito cooperativo, che mise subito a frutto nella nuova parrocchia. Nei primi anni del Novecento infatti il vescovo di Lodi lo aveva nominato presidente della Federazione diocesana delle Casse rurali. Arrivava come detto da Gradella, dove aveva trovato una piccola Cassa rurale che aveva potenziato. Proprio nella frazione di Pandino don Rizzi aveva palesato simpatie per il Partito Popolare di don Luigi Sturzo (1871-1959) e la cosa gli aveva creato problemi tanto con i socialisti (le cui idee erano radicate nelle campagne) quanto, successivamente, con i fascisti, che non vedevano di buon occhio l’autonomia dei preti - e in generale dei cattolici - e anzi puntavano a sottometterli al partito.
I padri fondatori
e la prima sede
Don Enrico Rizzi era così convinto della bontà e della necessità del credito cooperativo che non attese nemmeno la nomina a parroco per dare vita a Sant’Angelo alla Cassa rurale. Il 12 dicembre 1920, un mese dopo il suo arrivo in città come proparroco, fondava la banca. Davanti al notaio, insieme a don Rizzi, si presentarono Angelo Manzoni, Luigi Cerri, Giovanni Rusconi, Rocco Bracchi, Luigi Cabrini, Berengario Pasetti, Tomaso Savarè, Giuseppe Meazza, Gerolamo Scacchi, Giuseppe Servida, Manlio Oppio, Luigi Fauli, Francesco Pasetti, Antonio Roveri. Molti di loro erano provenienti da famiglie profondamente cattoliche. Tra i fondatori, anche Manlio Oppio, artista e decoratore di numerose chiese (gli eredi, tra i quali Renzo Oppio, per anni hanno gestito un avviato colorificio in via Umberto Primo). Primo presidente della Cassa rurale fu nominato Angelo Manzoni, esponente del partito popolare, che era il sindaco di Sant’Angelo. La prima sede provvisoria della banca venne individuata nei locali della Casa del Popolo in piazza Ospedale e aprì i battenti i primi giorni di febbraio 1921: all’inizio funzionava un solo giorno la settimana, il mercoledì mattina, che a Sant’Angelo, tradizionalmente, è giorno di mercato.
Nel corso del 1921, primo anno di attività, i soci passarono da 62 a 66, attestandosi a 102 nel 1926. Nel 1930 si arrivò a quota 154. In gran parte erano santangiolini, anche se non mancavano soci residenti in località vicine come Castiraga Vidardo, Salerano sul Lambro e Bargano. Il primo bilancio di esercizio, quello del 1921, evidenziò un movimento di denaro per 9.746 lire; nel 1927 si arrivò a 77.746 lire, segno che l’attività della banca prosperava.
Il parroco di Sant’Angelo non si limitò a fondare e far crescere la Cassa rurale della città, ma si impegnò affinché altre Casse rurali venissero aperte nei territori circostanti. E dunque favorì la creazione di una Cassa rurale a Valera Fratta (fondata il 20 settembre 1923) e di una a Marudo (26 ottobre 1924).
Se nei primi anni la presidenza della Cassa rurale di Sant’Angelo venne affidata a un laico, il sindaco Angelo Manzoni, a partire dal 1926 il presidente diventa lo stesso don Rizzi, mentre il direttore (e cassiere) è un altro sacerdote, don Giuseppe Baiocchi. Don Rizzi manterrà inoltre l’incarico di presidente della Federazione diocesana delle Casse rurali.
La presidenza di don Rizzi non durò molto. Nel 1928 Rocco Bracchi venne nominato nuovo presidente. Il consiglio di amministrazione risultava composto da Bernardo Amici, Giuseppe Roveda, Luigi Cerri, Berengario Pasetti, Domenico Savarè e Manlio Oppio. Nel collegio sindacale sedevano Gerolamo Trabucchi, Francesco Boggi e Edoardo Alemanni. Il direttore non era più un sacerdote, ma un laico, Vincenzo Raimondi.
Il 7 luglio 1928 il parroco don Rizzi pose la prima pietra della nuova basilica. La costruzione venne finanziata con ragionevole certezza dalla Cassa rurale. Gli autori del volume precisano tuttavia che nell’archivio parrocchiale (ben curato) mancano i libri contabili e i libri delle deliberazioni dei consigli di amministrazione dai quali si potrebbe ricavare con precisione lo sforzo economico sostenuto dalla piccola banca cattolica per la realizzazione del più importante edificio di culto santangiolino.
Gli ultimi anni
Il numero dei soci nel 1935 arrivò a 164. Ma per molte Casse rurali quelli erano anni difficili. Da un lato, il regime fascista limitava le libertà e - non a caso - prese anche il controllo della Federazione diocesana delle Casse rurali (don Rizzi venne sostituito alla presidenza da don Molti). Dall’altro, grandi e piccole banche si trovavano a fare i conti con la crisi economica che attraversava il Paese e con la svalutazione della lira: a farne le spese furono soprattutto gli istituti meno strutturati.
Le ultime notizie riferite ai bilanci e al libro soci ricavate dall’Archivio parrocchiale risalgono al 1935. Per la Cassa rurale di Sant’Angelo si avvicinava l’epilogo, la messa in liquidazione, che presumibilmente (in assenza di documenti) viene collocata nel 1936. Gli autori indicano che probabilmente venne assorbita dalla Banca provinciale lombarda (comunemente chiamata dai santangiolini el banchén), insediatasi proprio a metà degli anni Trenta a Sant’Angelo e che aveva una estrazione cattolica.
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